Business and soups - affari e minestre
Capitolo quattordicesimo - La resa
Vito jr. aveva già sei anni, ed era un bambino molto grazioso e vispo.
“Ha preso tutto dal nonno” diceva orgoglioso Don Vito.
A scuola, la mattina, aveva preso ad accompagnarlo Al Ventura dopo i recenti avvenimenti che avevano indebolito sensibilmente le finanze, e le forze della famiglia.
Ormai nessuno si sentiva più al sicuro in Mulberry Street
Il buon Al faceva volentieri da scorta al ragazzino per il quale aveva un debole.
Se la faceva sotto nei pantaloni quando si sentiva chiamare : “ Zio Muscolone!“
La scuola era distante dal ristorante ottocento metri circa in linea d‘area, e il nostro Muscolone dopo aver atteso con santa pazienza la vestizione del pargolo - che ogni mattina frignava perché non voleva andare a scuola - se lo caricava sulle spalle con tanto di borsa a tracolla, e poi via trotterellando e nitrendo come un vecchio purosangue, lo conduceva sano e salvo a destinazione.
Naturalmente - e questi erano i patti segreti fra lui e il marmocchio - durante il tragitto era consuetudine fare una visitina nella Groucery (che era di strada) per fare il pieno di caramelle.
Ma una mattina del mese di ottobre, ad attendere il vecchio purosangue, c’erano due uomini fermi in una macchina scura, con la targa truccata in modo tale che non si potesse identificare.
In un altro frangente, sicuramente, Al Ventura si sarebbe accorto di quell’auto ferma sul lato opposto della strada, mai vista, prima di quella mattina.
Lui queste cose le annusava a un chilometro di distanza.
Ma quella mattina non ci fece caso, intento a fare il cavallo, mentre tra un nitrito e l’altro, teneva ben salde nelle sue manone quelle del piccolo Vito jr. le cui gambette le sentiva stringersi attorno al collo.
Ad un tratto, due uomini, dopo aver aperto la portiera molto silenziosamente scesero della macchina (mentre quello alla guida rimase fermo immobile al suo posto, le mani strette sul volante), poi, una volta affiancati, camminarono con fare circospetto e a passi lunghi, guardandosi attorno,verso la montagna e il piccolino.
Solo quando furono alle loro spalle, e alla distanza di una decina di metri, senza estrarre la pistola che tenevano entrambi dentro alla tasca dell’impermeabile grigio lungo fino ai piedi, fecero fuoco a colpo sicuro.
Uno, due, tre, quattro, cinque colpi esplosero in rapida successione sul corpo di Al Ventura che, colpito alle spalle, e alle gambe, saltò su se stesso, poi barcollò, indi cadde prima sulle ginocchia, poi sui gomiti.
Restò così immobile, carponi, senza fiatare, i grandi occhi fissi in avanti, la bocca spalancata una decina di secondi prima di stramazzare in terra.
Ma non mollò la presa. Durante tutte e tre le fasi (ginocchia, gomiti,carponi) - non si sa come - non mollò neanche per un istante le mani del bambino che aveva sul collo, fino a quando non gli fu sfilato delicatamente.
Fu una donna alta, elegante, gli occhiali scuri che sollevò il bimbo dalle spalle di Al.
Fino a pochi istanti prima che i suoi complici avessero esploso i colpi di pistola sul loro bersaglio, era stata nascosta dietro l’angolo della strada.
Solo quando vide Al ormai immobile , lasciò la sua postazione facendosi largo tra un crocchio di persone immediatamente accorse per godersi la scena.
“Vieni con me piccolino!” disse stringendoselo al petto prima che si dimenasse e piangesse.
“Muscolone, voglio Muscolone” gridava il ragazzino
”Cosa gli hanno fatto quei cattivi?!“urlava battendo la punta dei piedi contro il ventre della donna.
“Stai zitto brutto marmocchio!” gli diceva sotto voce lei cercando di tenerlo a distanza, stendendo le braccia per evitare i colpi.
Poi, vedendo che non c’era verso di calmarlo, e che le grida stavano attirando troppo l’attenzione della gente che, una volta riconosciuto il bambino, avrebbe avvertito il nonno, affrettò il passo per infilarsi in un taxi di colore giallo che la stava aspettando sull’angolo opposto.
Appena entrata sfilò dalla borsa un fazzoletto imbevuto di cloro e lo portò al viso del bambino.
In un istante il bimbo smise di dimenarsi, e si addormentò come un sasso.
Intanto, prima che il buon Peppino Puglisi, il macellaio, avvertisse per telefono Don Vito che avevano rapito il nipote e colpito alle spalle Al Ventura, la macchina gialla era già scomparsa mischiandosi nel traffico con altri taxi.
Immediatamente partirono i soccorsi al povero Al che giaceva supino in una pozza di sangue, circondato da una decina di persone, uomini e donne che si erano accalcati vocianti.
Un medico, casualmente di passaggio, stava già prestando le prime cura a quella montagna umana a cui i proiettili avevano procurato profonde ferite senza, fortunatamente, ledere parti vitali.
Ricoverato in ospedale, al povero Al estrassero due proiettili dalla spalla destra, uno dalla natica sinistra, e gli ultimi due dalla gamba destra.
Aveva perso però molto sangue, sicché furono necessarie delle trasfusioni.
Don Vito rimase al capezzale del suo amico finché non ebbe la certezza che non era in pericolo di vita.
Poi, dopo aver ordinato a due suoi uomini di piantonare la camera dell’ospedale giorno e notte, rincasò, perché sapeva che presto avrebbe ricevuto una telefonata dagli autori di quell’agguato.
E la telefonata tanto attesa Don Vito la ricevette appena scoccata la mezza.
Una voce roca gli annunciò che avevano in mano il bambino, che stava bene, e non gli sarebbe accaduto nulla di grave.
“Don Vito, questa è la ciliegina sulla torta…….mi capisce?
“E’ la dimostrazione che possiamo colpirla come e quando vogliamo.
“Siamo i più forti…….mi capisce?
“Non vogliamo molto da lei,…….. Don Vito carissimo……
“Abbiamo già preso a sufficienza…….. Ma, come si dice in questi casi, è meglio che le cose siano chiare fino in fondo…...
“Don Vito carissimo, cinquecentomila dollari basteranno…..di quei novecento che tempo addietro lei ci pretese……..Le facciamo uno sconto…...mi capisce?
“In piccolo taglio li vogliamo…… in una valigetta di coccodrillo,…. mi raccomando che sia molto elegante.
“Le diremo noi come e quando consegnarcela, e appena avuta, dopo aver contato i piccioli, le verrà restituito sano e salvo ’o picciotto.
“Sano e salvo,……. Don Vito,….. ma vi costerà cinquecentomila dollari……..mi capisce?“
Don Vito ascoltò la conversazione restando muto come un pesce, mentre dentro sentiva ribollire il sangue di rabbia.
Attorno a lui c’erano tutti quelli della famiglia: la moglie in lacrime, le figlie in lacrime, e i mariti delle figlie, Mark e Alfredo.
Schierati davanti a Don Vito attendevano silenziosi i suoi uomini, quelli rimasti, i più fidati.
Aspettavano che il capo impartisse loro l’ordine di scendere in guerra, per rendere pan per focaccia agli autori del misfatto.
Ma contrariamente alle attese, Don Vito, dopo che ebbe posato la cornetta del telefono, ed essere rimasto per alcuni interminabili secondi senza parlare a seguire i propri pensieri, mentre cercava di spegnere il fuoco della vendetta che gli bruciava dentro, disse, aspirando a pieni polmoni il suo sigaro:
“Il bambino sta bene.
“Dice che lo avremo indietro sano e salvo dopo il pagamento di cinquecentomila dollari.
“Ci telefoneranno ancora per dire dove e quando mandarglieli.
“Noi faremo come vogliono……e senza spargimenti di sangue.
“Senza vendette. La vita di mio nipote vale di più, anche più del mio onore che hanno calpestato.
“Riprendiamoci ’o picciotto intero…….per adesso…… poi si vedrà.”
Così fu, e dopo aver sciolto la compagnia, una volta rimasto solo con i componenti della sua famiglia, disse loro che volevano i soldi dentro una valigia di coccodrillo.
“Ma che minchia vogliono, questi… Anche il coccodrillo!” aggiunse battendo i pugni sulla scrivania.
Poi rivolto a Carola dispose che fosse lei ad andare a comprare “Sta valigia di coccodrillo! E che sia bella ed elegante….. mi raccomando!”
Ad Alfredo disse di aprire la cassaforte dietro al quadro alle sue spalle, e di prendere tutti i dollari che c’erano
“Di piccolo taglio, li vogliono, ‘sti cornuti!” sussurrò ancora masticando amaro e il tabacco del proprio sigaro.
Poi, raccomandando alla moglie e alle figlie di stare calme e tranquille “Perché é me che vogliono colpire, non voi, né il bambino!” disse di tornare a fare quello che stavano facendo, senza isterismi e senza piangere.
Solo ai genitori del piccolino, Addolorata e Mark, disse: “Solo voi restate qui con me!”
La voce roca del giorno prima richiamò l’indomani allo scoccare esatto della mezza.
A Don Vito disse che lo scambio si sarebbe fatto esattamente fra le dodici e trenta e le tredici, in Central Park vicino al chiosco delle bibite e degli hot dogs.
Si raccomandarono che fosse la figlia Carola a portare all’appuntamento la valigetta di coccodrillo contenente i cinquecentomila dollari e nessun altro.
In caso contrario, se solamente avessero visto lui, od altri uomini della sua banda, sarebbe saltato l’incontro, e il bel nipotino non lo avrebbe più rivisto….. Vivo!
“ Don Vito, mi capisce?…………. Non vivo vuol dire morto!“ e riattaccò.
Fu così che a Carola fu dato l’incarico di andare all’appuntamento.
Solo Alfredo l’avrebbe seguita tenendosi, però, a debita distanza.
Non doveva farsi scorgere, e aveva avuto l’ordine tassativo di non fare una mossa in più del necessario.
“Ti raccomando Alfredo non farti vedere. Intervieni soltanto se c’è pericolo per Carola e per il bambino.
“Questi non scherzano!“ aggiunse in ultimo girandosi su sé stesso sulla poltrona per non far vedere ai presenti che stava piangendo.
La figlia di Don Vito si presentò in Central Park cinque minuti prima dell’orario fissato.
Aveva con sé la valigetta.
Indossava un impermeabile rosso, e un fazzoletto di seta giallo che le raccoglieva i capelli dietro la nuca.
Si posizionò proprio davanti al chiosco degli hot dogs in maniera tale che fosse ben visibile.
A quell’ora c’era ancora gente che, approfittando della giornata di sole, bighellonava per i giardini.
C’erano bambini che giocavano a rincorrersi, bambine col cerchio, coppiette che passeggiavano mano nella mano.
A un quarto all’una, da uno dei vialetti sterrati, apparve una donna avvolta in un elegante cappotto color cammello ( la stessa che aveva portato via dalle mani di Al Ventura il bambino - ma Carola non poteva saperlo) che a passo lento si diresse verso di lei.
Al suo fianco c’era Vito jr. che in una mano teneva un palloncino giallo, e nell’altra un cono di gelato al cioccolato.
Dietro ai due seguiva un uomo alto, dalla corporatura massiccia, con un grosso cappello di panama che gli copriva la fronte. Teneva entrambe le mani sprofondate nelle tasche dell’impermeabile scuro e, sicuramente, in una delle due impugnava la pistola.
Fu la donna a muoversi verso Carola mentre il bambino, che non si era ancora accorto della presenza della zia, restò a debita distanza, in compagnia dell’uomo che faceva di tutto perché il piccolino guardasse verso il laghetto, quindi esattamente dalla parte opposta del chiosco.
“Vedo che sei puntuale” disse la donna a Carola guardandola diritta in faccia”e che hai portato la valigetta di coccodrillo!”
“Come avete chiesto”disse Carola sfidando la sua dirimpettaia con lo sguardo
“Ecco la valigia!…. Voglio il bambino…… adesso!”aggiunse con tono deciso porgendo la valigia alla donna.
“Calma”rispose lei
“Prima vediamo cosa c’è dentro, poi avrai il bambino, come nei patti”e strappando la borsa di coccodrillo dalle mani di Carola, fece un dietro front rapido per raggiungere l’uomo che la aveva accompagnata.
Solo quando questi ne ebbe controllato il contenuto, e appurato che c’erano i dollari richiesti, passò la mano di Vito jr. in quella della compagna che tornò verso Carola.
Quando il piccolino scorse la zia, lasciò andare palloncino e cono gelato, per correrle fra le braccia.
Lo scambio era stato effettuato.
Il bambino era ritornato sano e salvo in famiglia.
La donna e l’uomo scomparvero mischiandosi tra la folla lungo il vialetto costeggiato dalle siepi.
Solo allora Alfredo, che aveva seguito la scena tenendosi a debita distanza, raggiunse la moglie e il piccolino, e li abbracciò.
Lo scambio era stato effettuato, ma Don Vito oltre ai cinquecentomila dollari aveva perduto anche una buona fetta della sua onorabilità.
Era stato sconfitto.
Aveva perso
la sua ultima battaglia e, con questa, era stata decretata per sempre la
sua fine di Capo famiglia.
Fine della quattordicesima puntata (continua)
Piazza Scala - Novembre 2011