Business and soups - affari e minestre
Capitolo nono - La richiesta d’aiuto
La mattina dopo Santuzza, che non riuscì a
chiudere occhio tutta la notte, aspettò che il marito uscisse di casa per
andare al lavoro, per chiamare al telefono la gemella.
E tra un pianto e un singhiozzo alla sorella raccontò ciò che le era
capitato.
“Stai calma….non piangere….. Raccontami piano quello che ti è successo” le
raccomandò Carola molto preoccupata nel sentire
Santuzza in quello stato.
E Santuzza, facendosi forza, iniziò a raccontare dall’inizio il fatto.
Parlò della visita che aveva ricevuto dall’avvocato James Word e da quel
Bobby Santucci, i quali si erano presentati come amici degli amici (molto
vicini ad Al Capone).
Disse che i due (persone molto distinte) le avevano fatto firmare un
documento (preliminare di vendita) e le avevano consegnato subito centomila
dollari freschi e sonanti.
A Carola, su precisa richiesta, lesse ben due volte le clausole del
contratto, soprattutto quelle che parlavano dei permessi a costruire,
scandendo bene i termini entro i quali la parte acquirente avrebbe dovuto
avere le licenze (i famosi cento giorni dalla data del contratto stesso), e
la clausola che prevedeva il pagamento dei restanti cinquecentomila dollari
solo alla conclusione dell’affare.
Poi Santuzza continuò il suo sfogo aggiungendo anche di come era stata
trattata dal marito in presenza degli ospiti, di come la aveva umiliata
dandole della mantenuta, ignorante e cafona (come tutti i Gambini), e che
aveva definito il loro papà “un oste che era arrivato da un paese di
mafiosi“.
Carola ascoltò tutto con calma, cercando di tranquillizzare la sorella,
dicendole che le cose si sarebbero sistemate, che avrebbe raccontato tutto a
papà, il quale, sicuramente, avrebbe trovato la strada giusta per accomodare
la faccenda.
Così, appena riagganciò il telefono, Carola non aspettò molto tempo per
riferire ogni cosa, parola per parola a Don Vito.
Lui ascoltò la figlia fumando il suo bel sigaro e guardando di volta in
volta il montagnoso e corpulento Al Ventura che gli stava seduto di fronte
in religioso silenzio.
Quando la figlia terminò di parlare, disse:
“Per prima cosa dobbiamo avere il documento e sapere chi sono questi due……..
“Come si chiamano….. questo avvocato della minchia e questo Bobby Santucci.
“Dobbiamo essere sicuri,…..capire se sono due cani sciolti che vogliono
guai, o se dietro di loro c’è qualche famiglia che vuole la guerra.
“Telefonerò oggi stesso direttamente ad Al Capone per chiedergli
chiarimenti…..queste cose devono essere fatte subito e bene prima di
prendere una decisione…… poi decideremo sul da farsi.
“Ci muoveremo solo quando sapremo con chi abbiamo a che fare. Intesi?”
Già da tempo i giornali avevano dato ampie e particolari notizie su Al
Capone che a Chicago aveva assunto una posizione di supremazia economica e
di potere indiscussa.
Ultimamente, però, i media avevano scritto che lo stesso stava passando
momenti di grosse difficoltà, e che aveva il fiato dei federali sul collo
per tutta una serie di omicidi che gli avevano attribuito, assieme ad
imprecisate irregolarità nella gestione delle sue numerose società.
Ma mentre per i primi non erano mai riusciti a trovare un briciolo di prova
che potesse farli risalire direttamente a lui, sulle seconde - le
irregolarità - c’erano parecchie piste che conducevano alla sua
organizzazione.
Così quando Don Vito telefonò per chiedere dell’amico, apprese da fonte
sicura che Al Capone, dopo la famosa strage di San Valentino, - su consiglio
dei suoi avvocati - si era trasferito in Florida, lasciando a Chicago solo
un pugno di uomini di fiducia a curarne gli interessi.
Gli amici degli amici aggiunsero anche che lo stesso Al Capone doveva stare
molto accorto nei suoi movimenti, perché dopo quel fatto di San Valentino,
che aveva suscitato grande scalpore, era entrato nella lista dei maggiori
ricercati dell’ FBI e dichiarato nemico pubblico numero uno della città di
Chicago.
Sta di fatto che, come dice giustamente il detto “quando il gatto è lontano
i topi ballano” la lontananza di Scarface aprì immediatamente la strada alle
famiglie rivali.
E prima di tutte fu quella dei Battaglia, dietro la quale c’erano proprio
gli emergenti giovani Macaluso, a spianarsi il terreno, grazie al traffico
dei narcotici e alla corruzione politica, a subentrare di prepotenza nel
dominio della città.
Don Vito dunque venne a sapere che i Battaglia con gli enormi proventi
rivenienti dal mercato degli stupefacenti, stavano investendo molte risorse
nella speculazione edilizia, proprio nella Chicago, appropriandosi di vaste
aree periferiche - attualmente non edificabili - sulle quali avrebbero
costruito palazzi e centri commerciali con la compiacenza di assessori molto
disponibili, in precedenza a libro paga di Al Capone.
Seppe, inoltre, che proprio la acquisizione della proprietà
dell’appezzamento di terreno della figlia Santuzza, avrebbe permesso al
binomio Battaglia-Macaluso di realizzare un grosso complesso, spendendo la
metà del valore reale delle aree, grazie anche all’imbroglio di cui era
stata vittima Santuzza.
Gli dissero inoltre che l’avvocato James Word faceva parte di uno studio di
consulenti proprio dei Macaluso, e che quel Bobby Santucci altri non era che
il cugino di Angelo Battaglia.
Avuti così tutti chiari i contorni della faccenda, per il nostro Don Vito fu
facile comporre e sviluppare il teorema:
“Se hanno fatto fuori Al Capone a Chicago, e hanno imbrogliato mia figlia,
presto vorranno arrivare ad allungare le mani anche a New York.
“Qui dobbiamo subito fare vedere di che pasta sono fatti i Gambini, e che
non sarà facile per loro toglierci il pane di bocca”.
Così Don Vito convocò la famiglia, e dopo aver esposto tutti i fatti, disse
ad Alfredo di fare la valigia per andare - sotto falso nome - a Chicago a
parlare con certe persone.
Dovevano dare una lezione a quei due che avevano osato toccare una Gambini.
E così il nostro Alfredo, spacciandosi per un commesso viaggiatore, con la
sua bella valigia piena di articoli per parrucchieri, prese alloggio all’
Hotel London, dove da lì avrebbe avviato i contatti con certa gente, piccoli
gangester locali che lavoravano nell’ombra, ed erano a libro paga ancora di
Al Capone.
A loro il messaggio di Don Vito, tramite Alfredo, fu subito chiaro:
“Sistemate quella minchia di avvocato e quel quaqquaraquà di Bobby Santucci!”.
Solo a lavoro ultimato Alfredo avrebbe pagato la bella somma di
cinquantamila dollari per avere di entrambi le teste ai suoi piedi.
E così, una volta pattuito il compenso per il lavoretto, iniziarono gli
appostamenti.
Per questi killer di professione che conoscevano tutti gli angoli della
città come le loro tasche, non fu difficile pedinare l’avvocato e il
Santucci, scoprire dove alloggiavano, quali erano i loro spostamenti, i
luoghi dove andavano a mangiare, o soltanto bere un caffè.
Li dovevano però colpire separatamente, e in luoghi e tempi distanti l’uno
dall’altro in modo che non si associassero i due incidenti.
James Word non era sposato e viveva in un appartamento arredato in un
lussuoso palazzo della Chicago bene.
A pranzo andava sempre in un pub irlandese a mangiare e a bersi un bel
boccale di birra, mentre la sera, dopo che aveva lasciato l‘ufficio, era
solito rintanarsi nel Casinò Blue Palace, a pochi passi da casa, dove se la
spassava allegramente con alcune affascinanti puttane di alto bordo.
E proprio qui fu colpito mentre si esercitava tra le cosce di una di quelle
brave signorine.
Furono in due a seguirlo fin dentro al Casinò.
E siccome certe cose devono essere fatte per bene, né si deve mai mancare di
rispetto agli amici degli amici, per prima cosa si presero i giusti contatti
con Cosimo Auriemma proprietario del Casinò che occupava tutto l’ultimo
piano del palazzo dove, almeno così diceva la targhetta sulla porta, ci
sarebbe dovuto essere uno studio di avvocati .
Al proprietario dissero che erano mandati dagli amici di Don Vito di Little
Italy a sistemare certe pendenze.
Chiesero quindi il permesso di poter fare quello che dovevano fare con la
sua benedizione e che Don Vito a tempo debito sarebbe stato riconoscente.
Ottenuta la benedizione, la sera stabilita di comune accordo, attesero
pazientemente che quella minchia di avvocato si fosse appartato in camera
con una delle ragazze - una rossa dalle forme prosperose che indossava per
l’occasione solo una vestaglia nera di pizzo trasparente - per coglierlo sul
più bello.
Così quando il nostro avvocato, tutto nudo dalla cintola in giù, con indosso
soltanto una canottiera e i calzini dello stesso colore blu scuro, si stava
dando da fare menandosi avanti e indietro tra le cosce della donna, i due
entrarono con passo felpato nella stanza, e mentre uno dei due rimase sulla
porta attento che non entrassero scomodi testimoni, l’altro appoggiò la
canna della pistola tra le chiappe del predestinato.
Appena la ragazza, che gli stava sotto, al conteggio del tre (conteggio che
chi teneva la pistola fece tenendo alta la mano sinistra), si spostò con un
movimento rapido di reni, il killer fece fuoco, una, due volte per maggior
sicurezza.
Avere due proiettili nel sedere non fa piacere a nessuno, soprattutto quando
si è in altre faccende affaccendato cercando di godere.
E devo dire che il nostro avvocato rimase molto, ma molto colpito dalla
sorpresa che era stata studiata e portata a termine brillantemente nei tempi
stabiliti.
Al primo proiettile alzò la testa dalle prosperose tette della puttana.
Al secondo si guardò indietro con l’aria di chi non ha capito quello che sta
accadendo, ma urla:
“Ma che cazzo state facendo!?“
Poi si accartocciò su se stesso tenendosi con entrambe le mani lì davanti
dove il proiettile era uscito bucando il materasso.
Si dimenò, gridando di dolore per qualche istante, finché non gli fu esploso
dietro la nuca un terzo e mortale colpo.
Solo allora stramazzò immobile giù dal letto.
Nella caduta si trascinò le lenzuola coperte di sangue, restando con la
gamba sinistra alta ai bordi del letto, e a faccia in giù.
Quando i due killer furono sicuri che l’avvocato era spacciato, uscirono
dalla stanza soddisfatti di aver svolto bene il compito assegnato, non
dimenticando - come si addice a professionisti di alta classe - di passare
alla ragazza, rimasta attonita e tremante senza fiato per tutto quel tempo,
un bel bigliettone da cento verdoni.
Far fuori Bobby Santucci fu ancora più facile.
Fu, come si dice, come bere un bicchiere d’acqua, perché il nostro uomo,
come tutte le persone ignoranti e presuntuose, solo per il fatto di
possedere un pistolone degno di un duro cow boy, credeva di essere
intoccabile, se non, addirittura, invincibile!
Ma ahimè, purtroppo per lui, così non fu.
Così quando, come ogni giorno, andò a sedersi sulla panchina dei giardini a
sbirciare le ragazzine che uscivano vocianti dalla Santa Rita School,
facendo finta di dare da mangiare alle paperelle che sguazzavano impettite
nel laghetto artificiale, non badò minimamente al barbone che andò a sedersi
accanto a lui, né pensò che potesse ad un certo punto estrarre un pistolone
più grande del suo munito di silenziatore e ficcargli un paio di proiettili
mortali in corpo.
Il lavoretto fu così veloce che il nostro Santucci non fece neanche in tempo
a dire al barbone di allontanarsi perchè puzzava.
Quello che avrebbe voluto dire gli si bloccò in gola, e così rimase, a bocca
aperta, quando fu colpito.
Dopo aver compiuto i compiti assegnati, agli uomini di Don Vito rimase di
sistemare i mandanti.
E quella era senza dubbio la parte più difficile, perché si doveva colpire
in alto.
Ma perché il lavoro fosse completo, era necessario rendere inefficace il
contratto che la figlia aveva avuto la dabbenaggine di firmare.
Non era certo una passeggiata di salute avvicinare le famiglie dei Macaluso
e dei Battaglia, le quali non si sarebbero mai rimangiate la validità di
quel pezzo di carta che per loro valeva milioni di dollari.
Ma il nostro Don Vito con Alfredo avevano studiato bene la successiva mossa
e, così, sempre avvalendosi dell’aiuto degli amici degli amici,uscirono allo
scoperto solo quando si impossessarono di una grossa partita di stupefacenti
di proprietà dei Battaglia.
Fine della nona puntata (continua)
Piazza Scala - aprile 2011