Business and soups - affari e minestre
Capitolo dodicesimo - Tutte di nuovo insieme

 


Dopo la disgrazia accaduta al buon Robert - che Iddio gli spalanchi le porte del Paradiso! - la nostra Santuzza chiuse la casa di Chicago per fare ritorno a quella paterna.
Assieme alle già vedove (da tempo) Maria Concetta e Giuseppina Rosaria, formarono il trio delle inconsolabili.
E tra ricordi, sospiri, pianti e rimpianti, la vita dei Gambini parve ritornare alla tranquillità dei tempi passati.
La famiglia si era di nuovo compattata, con una bocca in più da sfamare, e una anima candida - da aggiungere a quelle delle due primogenite - da confortare.
All’ora del te, Alfonsa, le solite cugine e le cinque figlie si riunivano ogni giorno, e a quella precisa ora di ogni santo giorno, chi desiderasse orecchiare alla porta di casa Gambini in Mulberry Street poteva facilmente sentire i singhiozzi delle tre figlie vedove inconsolabili.
Che fossero singhiozzi veri o di circostanza nessuno lo può dire e, comunque, a chi poteva interessare approfondire?.
Si può senz’altro affermare che la scena era patetica e, col passare del tempo, anche ridicola visto e considerato che durante tutto il giorno - tolte proprio quelle due ore del tè - le vedovelle non parevano poi così disperate mentre si dedicavano ai lavori domestici, o alla cura della propria persona, o alle letture.
Don Vito, per evitare di dire qualche parola sconveniente, all’ora del tè non si faceva mai trovare in casa.
A quell’ora, quando sentiva squillare il campanello della porta che annunciava l’arrivo di tutto quel gruppo di femmine, prendeva cappello, e se ne usciva sempre seguito dalla sua ombra, Al Ventura.
Preferiva rinchiudersi nel suo studio a fumare e a giocare a carte.
L’amico Al Capone era ormai giunto al capolinea.
In virtù di un piccolo errore contabile era stato rinviato a giudizio per evasione fiscale.
La giuria lo giudicò colpevole per una buona parte dei reati ascrittigli e fu condannato a undici anni di carcere.
L’epoca del proibizionismo stava per avere termine, e con quella finivano anche i grossi guadagni per la vendita sottobanco degli alcolici.
Ormai il traffico che rendeva enormi guadagni era quello dei narcotici, delle droghe, di quella polverina bianca di cui non si riusciva più a farne a meno anche, e soprattutto, nell’alta società.
Anzi erano proprio quelli a richiederla più degli altri; più dei tanti balordi e sbandati che si vendevano anche l‘anima per una sniffata.
Nell’ alta società tirarla su per il naso faceva tanto chic e, a quanto dicevano, apriva orizzonti sconfinati, e dava una carica inimmaginabile.
Ma una volta provata, anche solo per gioco, con la certezza poi di essere in grado di smettere quando si voleva, diventava un vizio e ne rimanevi schiavo.
La cercavi in ogni dove, e si era disposti a tutto pur di averne un’ altra dose, e poi un’altra ancora sempre più grande della precedente, fino a perdere la testa.
Le bande di narcotrafficanti si facevano sempre più numerose, e per conquistarsi l’esclusivo mercato di questa e di quella città, erano disposti ad ammazzare ed ammazzarsi.
Ed allora ad un Capo Famiglia di vecchio stampo come Don Vito cosa restava da fare?
Lui non ne volle mai sapere di entrare in affari con quelli che trafficavano quella polverina bianca che veniva venduta anche ai bambini, e che riteneva - giustamente - essere causa di morte e sventura.
Aveva così ristretto il suo giro d’affari alla sola Mulberry Street, abbandonando le bische clandestine, e la prostituzione.
Gli rimaneva il suo ristorante Vito’s dove la moglie e le figlie continuavano a servire, da qualche tempo e dopo tutti i cambiamenti , sia a pranzo, che a cena, piatti esclusivamente italiani.
Tra i più richiesti, oltre ai soliti maccheroni con polpette al ragù, c’era la pasta con i broccoli in tegame, gli arancini di riso, le minestre di favette, la pasta ai carciofi.
Grazie alla cucina italiana si conservarono i vecchi clienti, e gli affari continuarono a prosperare.
Ora il piatto più richiesto, e a tutte le ore, era la semplice pasta e fagioli, che le donne rendevano piccante con l‘aggiunta di un peperoncino calabrese.
Da loro c’era il rispetto della tradizione, così il tredici di dicembre ai clienti veniva offerta la famosissima e richiestissima Zuppa di Santa Lucia, a Pasqua si cucinava l’agnello al forno con patate e cipolline rosolate, e a Natale il cappone con le castagne.
Jean Pierre da almeno un paio di anni aveva lasciato il ristorante assieme ai suoi chef e camerieri francesi per aprire un locale tutto suo, molto elegante, in Manhattan.
Quando lo comunicò a Don Vito non nascose un velo di tristezza.
Cercò le parole più adatte, quelle che uscivano dal cuore, in quel suo esprimersi un po’ francese e po’ americano, eccentricamente unico.
Lo invitò a fargli visita nel nuovo ristorante, con la moglie e le figlie. Gli avrebbe fatto un mondo di piacere.
Don Vito, commosso, rispose che sì, sarebbe andato, per vedere, per salutare gli amici, e che gli augurava la buona fortuna.
Ma nel nuovo ed elegante ristorante di Jean Pierre in Manhattan non ci sarebbe mai andato.
A Don Vito riusciva meglio fare regali, che riceverne. Si sentiva più libero. Senza obblighi.
Si abbracciarono e si baciarono, i due, come vecchi amici le cui strade, la vita le aveva divise, e non le avrebbe mai più fatte incontrare.
I tavoli verdi del primo piano erano stati smontati, e le ragazze del terzo avevano fatto tutte le valigie.
Virginia la rossa si era sposata con un riccone di Boston, Annie la francese si era trasferita con Jean Pierre e faceva la cassiera nel suo ristorante, Silvie la dolce aveva aperto con la sorella un negozio di pasticceria a San Francisco, Maria la formosa si era ritirata con un vecchio petroliere a Miami a godersi il sole e l’ozio, e Florance la cubana aveva aperto una sala da ballo sempre a New York.
Degli uomini di Don Vito ne erano rimasti pochi: con Al Ventura, solo i fratelli Amoruso che aiutavano ai tavoli, e il vecchio Calogero che faceva da custode di notte al ristorante, i cui piani alti, completamente svuotati, erano lì ad accumulare polvere.
Collie era morta già da molti anni, così le ingombranti sorelle se ne erano ritornate da dove erano venute.
A Capo della Polizia non c’era più l’ ingordo scozzese Mac Donnel, ma un altro, che si considerava un duro, un intransigente, uno con le palle, insomma, che però quando osò mettere il bastone fra le ruote alla gang legata ai Battaglia finì morto ammazzato.
Solo Frankie Cicero - il poliziotto del quartiere - era riuscito a raggiungere l’età pensionabile ed ora lo si poteva trovare dalle quattro del pomeriggio fino alle sei di sera nello studio di Don Vito a giocare a scopone insieme ad Al Ventura e al vecchio Calogero.
Dopo che aveva salvato la vita a Don Vito era considerato un amico degli amici.



Fine della dodicesima puntata (continua)

 

 

 

 

 

 

Piazza Scala - agosto 2011