Suicidio imperfetto
Breve prologo
Dalla prima parte
Prima parte
Per caso
Il luogo del delitto
Il culo del maresciallo
 

 
 
Nel momento in cui mi accingevo a scrivere questo racconto, avevo, al solito, una certezza: la verità, da un punto di vista giudiziario, è tale solo se è provata. Tuttavia, durante la stesura, una convinzione altrettanto forte quanto quella certezza, sebbene fondata unicamente su sensazioni e con essa contrastante, non mi ha mai abbandonato: la verità è quella che senti come tale e, pertanto, poco conta se essa non è provata.
Il maresciallo Pavan, durante la lunga chiacchierata da cui ha avuto ispirazione questo racconto, benché si sforzasse di dimostrare che anche lui, come me, è garantista convinto, non si è mai preoccupato di dissimulare il proprio desiderio circa l'esito delle indagini che, con grande perizia e con sconfinata umanità, conduce da diversi anni.
Tuttavia, nonostante il grande impegno del maresciallo, come andrà a finire la storia, non si può dire. Si possono solo formulare delle ipotesi. Gli atti delle indagini sono secretati e non vi è uno straccio di avviso di garanzia. Qualcuno è stato sentito, è vero, ma in maniera informale; ad altri sono state richieste, molto amichevolmente, delle informazioni, fornite con grande sforzo di memoria e, per questo, inconsistenti; tanti, invece, si sono peritati di fornirne autonomamente. In conclusione: non una prova, solo indizi.
Da questo contesto aleatorio per le indagini, quel gran segugio del maresciallo Pavan - che è persona tutta d'un pezzo — non poteva che instillarmi, col suo tono affabulatorio, l'acritica convinzione della colpevolezza di qualcuno.
Che sia pure acritico il maresciallo nelle sue valutazioni? A quest'interrogativo non potrei, mai, rispondere io. Se anche confermassi il grado di parzialità del maresciallo nella pesatura dei fatti, lo farei con la assoluta convinzione che, comunque, egli ha ragione. Questo, ovviamente, sarebbe un bel problema. Pertanto, lasciamo stare quest'aspetto.
Dicevo, poco fa, che non il fatto, ma la lunga chiacchierata col maresciallo Pavan mi ha dato ispirazione. Il fatto, i cui dettagli, e per lo stato delle indagini e per mio misconoscimento, sono poco chiari, è, nella sua drammaticità, simile a tanti altri di cronaca nera che la televisione ci propina tutte le sere. La chiacchierata, no! Essa è umanità; essa è stata per me la prova, ancora una volta, che, fino a quando qualcuno sentirà pietà per un morto che è "figlio di nessuno", non tutti i delitti resteranno impuniti; e pure fino a quando, anche dopo molti anni, convinto di averla fatta franca, ti giunge una telefonatina dal tono molto cordiale, o un gentile invito, magari da un incontro casuale: "Ah, buonasera! Le dispiace, così, per alcune informazioni, presentarsi da noi. Pochi minuti... N000!!! Macché! Solo questo: ci servono delle notizie che soltanto lei può darci. Grazie". Al più presto!