|
| | |
|
Nel momento in cui mi accingevo a scrivere questo racconto, avevo,
al solito, una certezza: la verità, da un punto di vista giudiziario, è
tale solo se è provata. Tuttavia, durante la stesura, una convinzione
altrettanto forte quanto quella certezza, sebbene fondata unicamente su
sensazioni e con essa contrastante, non mi ha mai abbandonato: la verità
è quella che senti come tale e, pertanto, poco conta se essa non è
provata.
Il maresciallo Pavan, durante la lunga chiacchierata da cui ha avuto
ispirazione questo racconto, benché si sforzasse di dimostrare che anche
lui, come me, è garantista convinto, non si è mai preoccupato di
dissimulare il proprio desiderio circa l'esito delle indagini che, con
grande perizia e con sconfinata umanità, conduce da diversi anni.
Tuttavia, nonostante il grande impegno del maresciallo, come andrà a
finire la storia, non si può dire. Si possono solo formulare delle
ipotesi. Gli atti delle indagini sono secretati e non vi è uno straccio
di avviso di garanzia. Qualcuno è stato sentito, è vero, ma in maniera
informale; ad altri sono state richieste, molto amichevolmente, delle
informazioni, fornite con grande sforzo di memoria e, per questo,
inconsistenti; tanti, invece, si sono peritati di fornirne
autonomamente. In conclusione: non una prova, solo indizi.
Da questo contesto aleatorio per le indagini, quel gran segugio del
maresciallo Pavan - che è persona tutta d'un pezzo — non poteva che
instillarmi, col suo tono affabulatorio, l'acritica convinzione della
colpevolezza di qualcuno.
Che sia pure acritico il maresciallo nelle sue valutazioni? A
quest'interrogativo non potrei, mai, rispondere io. Se anche confermassi
il grado di parzialità del maresciallo nella pesatura dei fatti, lo
farei con la assoluta convinzione che, comunque, egli ha ragione.
Questo, ovviamente, sarebbe un bel problema. Pertanto, lasciamo stare
quest'aspetto.
Dicevo, poco fa, che non il fatto, ma la lunga chiacchierata col
maresciallo Pavan mi ha dato ispirazione. Il fatto, i cui dettagli, e
per lo stato delle indagini e per mio misconoscimento, sono poco chiari,
è, nella sua drammaticità, simile a tanti altri di cronaca nera che la
televisione ci propina tutte le sere. La chiacchierata, no! Essa è
umanità; essa è stata per me la prova, ancora una volta, che, fino a
quando qualcuno sentirà pietà per un morto che è "figlio di nessuno",
non tutti i delitti resteranno impuniti; e pure fino a quando, anche
dopo molti anni, convinto di averla fatta franca, ti giunge una
telefonatina dal tono molto cordiale, o un gentile invito, magari da un
incontro casuale: "Ah, buonasera! Le dispiace, così, per alcune
informazioni, presentarsi da noi. Pochi minuti... N000!!! Macché! Solo
questo: ci servono delle notizie che soltanto lei può darci. Grazie". Al
più presto! |
| |
|
| |
|
|
|