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Non so se avete presente com'è il mare visto da dove abito io. E un
lungo righello, di colore dal celeste chiaro all'azzurro forte. Almeno
così appare dalla mia abituale postazione. So che è difficile rendere
l'idea, ma mica tanto, poi, se riesco a dirvi da dove mi metto a
guardarlo. Sulla nostra costa, i vecchi centri storici per la maggior
parte non sono a ridosso del mare, essendo quella costa accompagnata per
diversi chilometri da una pianura oggi assai fertile ma un tempo
paludosa e portatrice di malaria. Dietro la pianura i primi rilievi, e
su di essi i primi paesini, costruiti a distanza dal mare per
proteggerne gli abitanti, un tempo, dagli attacchi dei saraceni e dalle
molestie delle zanzare. Tutti questi paesini, Fallica inclusa, sono
dotati, per così dire, di un lascito di gusto, e di necessità, delle
prime popolazioni: un piccolo belvedere, quasi sempre a semicerchio,
arioso, che permette di guardare il mare e con un colpo d'occhio di
abbracciare l'intera pianura. Da Fallica, costruita, poco più poco meno,
a cento metri di altezza dalla costa, il mare non lo vedi nell'intera
sua ampiezza ma, invece, come una lunga striscia, con linea retta nella
parte superiore e irregolare e piuttosto convessa nella parte inferiore.
Ero seduto su una panchina di legno e di ferro lavorato. Mi ero goduto
il mare e la pianura per alcuni minuti. Opportune folate di tramontana
mattutina avevano reso l'aria molto tersa, e godibile il paesaggio. Poi,
mi ero seduto, a leggere un giornale.
Alle tre di pomeriggio, se vivi da solo, può sembrarti buono anche
questo: mentre gli altri, della tua età e della tua condizione, se ne
stanno a casa a fare questo o quello, tu te ne esci, tranquillo
tranquillo e, nonostante quegli scalmanati ragazzini con i motorini, o
quelli che a voce alta discutono dentro e davanti al bar di scommesse e
di calcio, ti godi il paesaggio di una fredda giornata di dicembre. Ti
lasci aperto il finestrino della macchina e, seduto sulla banchina, ti
leggi il giornale e ascolti con gusto le canzoni che ti piacciono e che
hanno accompagnato la tua gioventù
Quella volta, appunto, Battiato, e la sua canzone nella quale cercava un
centro di gravità permanente che non gli facesse mai cambiare idea sulla
gente. E nelle pagine del giornale, ancora una volta, il delitto di
Cogne, e il richiamo a quello di Erika e Omar. La gente, la gente!
Quella cronaca mi ha ravvivato l'interesse che l'incontro due giorni
prima col maresciallo Pavan, e l'approfondimento con Brigida, avevano in
me suscitato e che riguardava un brutto fatto di cronaca nera, accaduto
in un lembo di quella meravigliosa pianura una decina di anni prima. Non
avevo avuto modo di raccogliere ulteriori notizie dopo aver parlato con
Brigida, non per disinteresse ma perché avevo avuto altre cose da fare.
Quel pomeriggio, nel giro di mezzora, ho avuto modo di recuperare il
tempo perduto. |
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