Per caso. Sì, per caso.
Poche settimane fa ho incontrato il maresciallo Pavan. Egli è figlio di
carabiniere, e anche suo nonno è stato carabiniere. Aspettava il suo
turno. Non avrei creduto, però, che si trattasse di un leale servitore
dell'Arma. Un genitore in attesa, come tanti altri. Ossequioso e
deferente, però, come solo un carabiniere senza divisa sa essere.
Vestito a nuovo, dignitoso nel portamento e rigoroso verso se stesso.
«Buonasera, professore».
La voce era robusta, un sano registro baritonale; la stretta ferma ma
rispettosa. La figura imponente e il passo marziale, attutito da
salvatacchi discreti, suggerivano agli altri genitori che, se lui era
rimasto a distanza dall'ultimo colloquio, meglio sarebbe stato che essi
rimanessero fuori ascolto dal nostro.
Capii che si trattava del maresciallo Pavan, il papà di Natalino.
«Buonasera, maresciallo».
Non sono certo che abbia apprezzato il mio saluto. Vestito in borghese,
avrebbe meglio accolto un "Buonasera, signor Pavan". Ma il maresciallo^
ormai ci stava tutto: per me era già il maresciallo Pavan, benché io non
distinguessi, e tuttora non distingua, il grado di un sergente
dell'esercito da quello di un ufficiale di marina.
L'incontro prima di Natale è l'occasione per conoscere i genitori dei
nostri alunni. Io insegno in questo Istituto comprensivo solo da
quest'anno, ma avevo insegnato nella Scuola Media, in questi stessi
locali, circa vent'anni prima. Sapete, anche noi insegnanti di scuole
superiori abbiamo il nostro anno sabbatico. Io ho fatto in modo di
trascorrerlo qui. Da quando i miei genitori non ci sono più, e da quando
mio fratello ha scoperto il fuoco di certe strane arti, come quella di
Bruno Munari o la body-art, di cui parla sempre, era necessario che
qualcuno si occupasse della successione, una buona volta, e di quei beni
— tanti e complessivamente di discreto valore — avuti in eredità ma
condivisi per buona parte con alcuni cugini che io non vedo da quando
eravamo bambini. Mio fratello, se proprio devo dirla tutta, è una vera
testa di cazzo. Lui ci avrebbe messo non più di tre mesi a sistemare
ogni cosa. Stiamo vicini, io e lui, in Veneto, e a lui è sempre piaciuto
ritornare in Calabria. Quest'anno no! Le vacanze in Spagna, a
Barcellona. E a Milano! Un architetto, sapete, trova soddisfazione nel
pensare che un barattolo pieno di merda è un'opera d'arte, ma occuparsi
un po' dei cavoli suoi, nemmeno a parlarne. Non gli do tutti i torti,
però. Lui si schermisce così: "Ma perché non se ne occupa Adele. Il
marito è ingegnere!". Adele è la nostra unica sorella. Il marito, oltre
che ingegnere, è docente incaricato presso l'Università di Napoli. Anche
lei non ha tutti i torti, a non volerne sapere. Lei è felice, così come
sta. In realtà, vive tra le nuvole. Lavora per una casa editrice, e
quando la sento mi assicura che la sua vita è ricca di soddisfazioni. Io
ho l'impressione che viva nel mondo dei sogni, povera sorel¬la. Si
occupa di libri per bambini. Il marito è contento di lei. Lei non gli
rompe mai le scatole, e quel fetente la fa vivere di aria putrida. Hanno
un figlio che sta tutti i giorni sui libri, e lui si scopa metodicamente
una giovane collega e, talvolta, qualche frizzante studentella. Ma
comunque, diciamola tutta, come potrebbero occuparsi dell'alienazione
dei beni? Oggettivamente, dove lo troverebbero il tempo? Ecco: il tempo
l'ho trovato io! Un anno mi sono preso. Sì, un anno! La mia corvée. Non
credo di farcela. Ma, in tutta onestà, non me ne do gran pensiero. Sono
passati circa sei mesi, estate inclusa, e mi sembra di non avere risolto
una mazza!
Mentre il maresciallo andava via, soddisfatto e commosso, mi è giunto,
per caso, un bisbiglio: "Ma chi gliela fa fare!". Si direbbe che è
impossibile, nel brusio generale dei corridoi e delle improvvisate sale
di attesa gremite di genitori, percepire con nitidezza una voce. Eppure
ero certo di non essermi sbagliato.