Piazza Scala


 

    la quarta impresa del collega Claudio Santoro (Lecco) con l'inseparabile Angelo  

 

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Terza puntata


 

La colazione è abbondante e gestita sapientemente da Barbara, con pane biologico, marmellate, torte e biscotti fatti in casa. Allieta la mattinata la presenza di Ernesto, due anni da compiere, che ha già voglia di giocare. Non deve essere male crescere in un posto come questo, con aria buona e tanto verde intorno. Barbara ci porge due sacchetti e ci invita a prendere dal tavolo tutto quello che vogliamo e che ci potrebbe servire sul cammino. Una cortesia molto gradita ed usata a tutti i viandanti che dormono lì.
Ma è ora di partire e “Il rifugio del viandante” è proprio sulla Via degli Dei ed è facile proseguire prendendo un bel castagneto e continuando a salire in direzione del Monte Galletto. I due incrociano Luca, un ventenne di Ferrara che sta facendo la via da solo. Coraggioso il ragazzo che è partito da Casalecchio e sta proseguendo in direzione di Firenze. Lui la sera ha dormito a Monzuno perché aveva prenotato in precedenza al “Monte Venere” che invece Angelo e Claudio avevano trovato sbarrato per il giorno di riposo settimanale.
Si sale senza strappi e, dopo aver superato un gigantesco ripetitore telefonico, vengono raggiunti i 955 metri del Monte Galletto dove spira un forte vento; non per nulla dal 1999 sono state installate quattro mastodontiche pale eoliche per la produzione di energia elettrica. Si apre una bella visuale e anche oggi la giornata è bella, la temperatura ideale e il vento non dà affatto fastidio.
Madonna dei Fornelli viene raggiunta e la sosta al bar del paese è gradevole. Passa anche una giovane coppia, caricata all’inverosimile, dato che viaggiano con la tenda. La ragazza è così piccolina che da lontano sembra che lo zaino cammini da solo, dato che non si scorge la sua testa
Si riparte e li attende lo strappo di 350 metri che li condurrà ai Piani di Balestra.
Lì la zona sembra un agglomerato di seconde case, probabilmente per i bolognesi. Sono ben tenute e graziose e la strada asfaltata che le raggiunge conferma questa tesi. Non vi è nessuno e Claudio nota che le targhette davanti alle ville recano dei nomi curiosi; una dice “la Bricconcella”, l’altra “Le Tre Monelle”. La mente corre subito a degli scenari che anche voi potete immaginare: quiete silente della zona, privacy che regna sovrana e il resto lo lascio a voi.
Non c’è traccia di Luca il cui passo da ventenne è ben diverso e una piccola umiliazione i due la ricevono da un austriaco, sui quarant’anni che in salita li supera di slancio e con un’andatura sostenuta.
“Qual è il passo giusto? Un passo che si riesce a mantenere per tutto il giorno senza andare in affanno. I principianti tendono ad avere un ritmo accelerato, con troppe soste. Rallentiamo il passo, impariamo un’andatura costante, un poco più lenta di quella che abbiamo nella vita quotidiana e troviamo il nostro ritmo, quello che non ci fa andare in affanno e ci fa camminare per lunghi tratti senza soste, anche con uno zaino sulla schiena, anche in salita”.
Così scrive Luca Gianotti nel suo libro “L’arte del camminare” e queste parole sembrano rimbombare nelle orecchie di Claudio, insieme alla raccomandazione sentita più volte al CAI, quella di mantenere sin dall’inizio della giornata il passo della vacca stracca quell’andatura che si può mantenere per le otto/nove ore di cammino, quando lo zaino pesa intorno ai dodici chili e gli strappi sarebbero letali.
E’ solo così che si riesce a raggiungere il punto più alto della via. Sono i 1202 metri delle Banditacce, in un sentiero immerso nel bosco dove la visuale è limitata. Ci restano un po’ male quando, raggiunta la quota (come viene confermato dall’altimetro di Claudio), lo sperato punto di osservazione in pratica non esiste, dato che il bosco continua a mantenersi piuttosto fitto.
E’ tempo di discesa e di percorrere i 450 metri verso il basso che puntano al Passo della Futa, allo scollinamento che condurrà dall’Emilia alla Toscana. La discesa, nonostante i bastoncini telescopici, si fa sentire sulle ginocchia e le articolazioni, con il peso dello zaino che spinge verso il basso.
Nel bosco sono all’opera i taglialegna con le rumorose seghe a motore e con il sentiero sventrato dagli pneumatici dei trattori cingolati che fanno riemerge l’acqua sedimentata sotto l’argilla.
Ma, come sempre, dal bosco si esce e si trovano sulla SS65 del Passo della Futa, proprio di fronte al cimitero germanico, anche se l’ingresso è 400 metri più sotto. Questo punto del percorso è sicuramente una delle cose più importanti del tracciato per il suo profondo significato. Claudio si libera dello zaino, nascondendolo in un cespuglio insieme ai bastoncini, mentre Angelo non se ne separa.
Il cimitero è stato realizzato nella seconda metà degli anni “50, allo scopo di raccogliere le salme dei soldati tedeschi caduti nel corso del secondo conflitto mondiale. Ne ospita trentunomila circa. Il silenzio è spettrale e la struttura è austera ed essenziale, con al centro un edifico a forma di vela. La sequela di lapidi è impressionante ed ognuna ricorda quattro soldati morti. Si susseguono le date di nascita del 1924 e 1925 (come quella del padre di Claudio) e sono tutte persone che non ce l’hanno fatta a raggiungere i vent’anni. Molto spesso viene indicata in tedesco la dicitura “milite ignoto”. Aggirarsi fra l’erba ben tenuta, con le lapidi spoglie e prive di fiori o di decori, costituisce un vero e proprio viaggio nella somma stupidità della guerra. Ogni nome indicato riguarda un giovane, con le sue speranze, i suoi progetti, la sua famiglia. Tutto tranciato, divelto e distrutto dalla follia della guerra.
Questo non vuol dire dimenticare che queste persone, in questi luoghi magari si sono macchiate di orrori nei confronti della popolazione civile che viveva nell’appennino tosco-emiliano in quegli anni, ma in questo momento è la pietà a prevalere.
Terminata la visita al cimitero è ora di definire dove cenare e dormire. Le prime due telefonate hanno esito negativo perché le strutture ricettive sono chiuse. Solamente alla terza, a Monte di Fò, si ottiene una risposta positiva. Pazienza: occorrono altri tre chilometri, con lo zaino in spalla, ma sapere che all’arrivo si è attesi da doccia e cena ridà vigore ed energia.
E’ il camping “Il Sergente” ad accoglierli, con una parlata marcatamente toscana che, quasi a sorpresa, ascoltano in queste zone.
La signora Maddalena assegna loro l’appartamentino”Villa Giotto” che potrebbe ospitare cinque persone e che consente di riposare in pieno comfort. Adiacente al camping vi è l’omonimo hotel, gestito da parenti, ma da qualche battuta si intuisce che non deve scorrere buon sangue.
La cena è buona (fa da mattatore il pollo al mattone) e condivisa con Luca che ha finito prima di Claudio ed Angelo la tappa; i vent’anni lo spiegano bene, compreso il tuffo nell’acqua fresca della piscina.
Le telefonata di rito, l’aspirina per Claudio e la sigaretta per Angelo costituiscono un degno finale di quest’altra giornata di cammino.

 


Fine terza puntata - continua

 

 

 

La via degli Dei (o anche Sentiero degli Dei) è un percorso escursionistico che collega le città di Bologna e Firenze, passando attraverso gli Appennini.
Il nome deriva probabilmente dai toponimi di alcuni monti attraversati, fra cui Monte Venere a Monzuno e Monte Luario a Firenzuola (con riferimento alla dea Lua, invocata dai Romani in guerra), nei pressi del passo della Futa. La via, attualmente segnata dal CAI, utilizza un percorso principalmente di crinale molto simile ai percorsi utilizzati nel Medioevo per le comunicazioni fra Bologna ed il capoluogo toscano, e ancora prima dai Romani attraverso l'antica strada militare romana Flaminia minore.
Resti del tracciato della Flaminia minore, lungo la "via degli Dei" nei pressi di Pian di Balestra, Appennino Bolognese
Il percorso, ricostruito a partire dagli anni '90, attraversa numerosi luoghi di interesse naturalistico e paesaggistico a quote intorno ai 1000 m s.l.m.. In alcuni punti i sentieri passano proprio sulle antiche pavimentazioni stradali ancora superstiti dopo 2000 anni di storia.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Piazza Scala - aprile 2014