la quarta impresa del collega Claudio Santoro (Lecco) con l'inseparabile Angelo
n.b.: clicca sulle immagini inserite nel testo per ingrandirle
Seconda puntata
L’indomani
mattina l’inizio è alla grande, con la ricca colazione che si trovano
davanti e che è il miglior avvio di giornata che possa esistere, considerato
che il pranzo, in pratica, non esiste.
Al tavolo a fianco dei viandanti ci sono quattro persone giovani che
partecipano a qualche convention a Bologna; sono vestite bene e tra di loro
parlano di budget, di congiure d’ufficio et similia. Claudio, da buon
esodato, ricorda con un sorriso interno questi argomenti che gli sembrano
sbiaditi, quasi come fotografie in bianco e nero ingiallite dal tempo.
Angelo, tutt’ora in servizio, ridacchia sardonico, come se, già da ora, la
materia non fosse di suo interesse.
Ma è tempo di andare, li aspetta il Monte Adone che con i suoi 655 metri non
è poi così altissimo, ma rappresenta il campione del contrafforte pliocenico
di queste terre che milioni di anni fa erano coperte dal mare e che adesso,
erose dal vento e dalla pioggia, assumono le sembianze di strane sculture.
Si sale piuttosto facilmente e, arrivati in cima, si apre una splendida
visuale, poco appenninica. Sotto, incessante e sordo, si sente il rumore del
fiume di auto e di camion che affrontano in salita il famigerato tratto
appenninico dell’Autostrada del Sole. La particolarità di dominare l’intera
valle sottostante ebbe una sua utilità durante la seconda guerra mondiale,
in quanto il Monte Adone diventò un caposaldo tedesco, in queste zone che
facevano parte della Linea Gotica che univa il Tirreno all’Adriatico e che
costituiva il baluardo nazifascista all’avanzata degli Alleati sbarcati in
Sicilia nel luglio del 1943.
La sera prima, al “Nova Arbora” Giorgio aveva avuto modo di raccontare che
il b&b era stato sede di un comando germanico e che per ben otto mesi gli
alleati non erano avanzati. Era stato l’impegno assunto con i sovietici che,
nel frattempo, marciavano verso Berlino. Un tributo che le popolazioni
locali avrebbero pagato a caro prezzo.
In cima, contenuto in una cassetta a tenuta stagna di metallo e avvolto in
un sacchetto di plastica dove ci sono anche delle penne biro, ci trovano un
quaderno dove il viandante, se vuole, può lasciare un segno del suo
passaggio. Claudio e Angelo vi provvedono sobriamente, proprio mentre
sopraggiunge una coppia, vestita di nero da capo a piedi, con indumenti
tecnici, muniti di carta, GPS e chissà cos’altro. Sono due inglesi di
Manchester e stanno percorrendo la penisola; viaggiano leggeri perché parte
del bagaglio è trasportato. Alla discesa del Monte Adone intendono
raggiungere Monzuno con il bus.
La discesa finisce davanti a un bar e a quell’ora un caffè è molto gradito,
soprattutto se bevuto seduto a un tavolino, senza scarponi e con lo zaino
per terra. Da lì inizia un lungo tratto su asfalto con dei saliscendi che
mettono a dura prova le ginocchia. Sono nove chilometri piuttosto duri e
resi più pesanti dal caldo. A Claudio non piace l’asfalto e pensa agli
inglesi che si erano organizzati con il bus.
Ma, passo dopo passo e dopo una breve sosta su di una panchina e qualche
albicocca essiccata di Angelo, la piazzetta di Monzuno appare e,
soprattutto, la fontana pubblica. Seduti al “Bar Franco”, davanti a una
piadina e a un affogato al caffè è il momento di studiare la tattica. Viene
scartato di raggiungere Madonna dei Fornelli, dato che ci sono altri 11
chilometri, in salita, fa caldo e sono le tre del pomeriggio. L’unico
albergo di Monzuno è chiuso per turno settimanale (sic) e così pure
l’annesso ristorante. Il b&b “Sasso Rosso” che dista altri sei chilometri
circa, accetta solo previa prenotazione.
Mica male. Sentendo la ragazza del bar salta fuori il b&b “Il rifugio del
viandante”, sul tracciato e tre chilometri più in là, ma…non offre la cena.
Che fare? Provano a chiamarlo e, finalmente, la sorte li aiuta. I titolari,
sentiti al telefono, dicono loro che non avrebbero problemi, una volta
raggiunta la struttura, a riportarli in auto a Monzuno per la cena e a
venirli a riprendere più tardi. Claudio, che è il più provato, grazie alla
notizia, alla piadina e al riposo ritrova energie e si decide per questa
soluzione. Con meno di un paio d’ore, in salita e sbagliando strada, il b&b
è raggiunto. E’ inserito in un bel agriturismo, gestito da due giovani
coppie bolognesi che hanno deciso di abbandonare la città e vivere e far
crescere i figli in questo bel casolare che tre anni fa è stato
completamente
recuperato. Di particolare bellezza il soppalco, ricavato dal vecchio
fienile, tutto in legno e dove hanno sistemato una bella biblioteca, un
angolo di scrittura, una sedia a dondolo.
Claudio e Angelo sono gli unici ospiti e viene loro assegnata la graziosa
camera con due letti a castello e bagno privato denominata “Ortica”.
Dopo la doccia e quattro chiacchiere con Luca, questi li accompagna a
Monzuno nell’unica pizzeria aperta. Due camerieri sciroccati e mal disposti
portano un’onesta pizza e Claudio pensa che, almeno per questa sera,
l’itinerario gastronomico segnerà una battuta d’arresto. Dopo, nell’attesa
di Luca, si visita il secondo bar del paese che ospita un’impressionante
serie di bacheche dove vengono raccolte tazzine di caffè di tutte le marche
e di tutto il mondo.
Ciondolano nella piazzetta, fa fresco (i 623 metri di altitudine si fanno
sentire) e alle nove in punto il ragazzo viene a riprenderli e li riporta al
b& b dove il letto li attende.
Fine seconda puntata - continua
La via degli Dei (o anche Sentiero degli Dei) è un
percorso escursionistico che collega le città di Bologna e Firenze, passando
attraverso gli Appennini.
Il nome deriva probabilmente dai toponimi di alcuni monti attraversati, fra
cui Monte Venere a Monzuno e Monte Luario a Firenzuola (con riferimento alla
dea Lua, invocata dai Romani in guerra), nei pressi del passo della Futa. La
via, attualmente segnata dal CAI, utilizza un percorso principalmente di
crinale molto simile ai percorsi utilizzati nel Medioevo per le
comunicazioni fra Bologna ed il capoluogo toscano, e ancora prima dai Romani
attraverso l'antica strada militare romana Flaminia minore.
Resti del tracciato della Flaminia minore, lungo la "via degli Dei" nei
pressi di Pian di Balestra, Appennino Bolognese
Il percorso, ricostruito a partire dagli anni '90, attraversa numerosi
luoghi di interesse naturalistico e paesaggistico a quote intorno ai 1000 m
s.l.m.. In alcuni punti i sentieri passano proprio sulle antiche
pavimentazioni stradali ancora superstiti dopo 2000 anni di storia.
Indice | |
20 ottobre 2013 | prima puntata |
06 gennaio 2014 | seconda puntata |
17 aprile 2014 | terza puntata |
11 maggio 2014 | quarta puntata |
27 luglio 2014 | quinta puntata |
24 agosto 2014 | sesta puntata |
|
Piazza Scala - gennaio 2014