Business and soups - affari e minestre
Capitolo terzo - La famiglia di Don Vito
La prima figlia di Don Vito e Alfonsa fu
dunque Maria Concetta.
Da ragazza era molto timida e introversa.
Per questo motivo, che non fu però l’unico, decise di non andare più a
scuola, preferendo stare in cucina ad aiutare mammà.
Solo grazie all’interessamento diretto del padre, riuscì ad ottenere almeno
il diploma delle scuole superiori, anche se nella vita non le sarebbe
servito a nulla.
Ma mamma e papà ci tenevano che la prima figlia avesse un pezzo di carta,
perché non si sa mai quello che il futuro può riservare.
Comunque, la vita di Maria Concetta si concentrò esclusivamente tra casa e
ristorante, ristorante e casa.
Sempre in compagnia dei genitori, sia la mattina per andare al lavoro, sia
al pomeriggio terminato il turno.
Solo al compimento dei diciotto anni, durante la festa di compleanno, si
sganciò dalle gonne di mammà, e tanto bastò per conoscere Santino Gambino,
il quale non impiegò molto tempo per infilarsi sotto le gonne della ragazza.
Per Maria Concetta fu subito amore. Nella sua ingenuità, ritenne che il
famoso colpo di fulmine fosse quello che Santino le introdusse dentro le
mutandine, e non capì più nulla.
Si sposarono da lì a pochi mesi, e meno male che Santino non potesse avere
figli, perché se da quell’incontro fosse nato il frutto del peccato ( guai
se Don Vito avesse scoperto che la primogenita aveva fatto sesso prima del
matrimonio!) il ragazzo avrebbe avuto un colloquio indimenticabile con Al
Ventura.
Comunque i due si sposarono con la pace e la benedizione dei rispettivi
genitori.
Quelli di Santino erano di origine calabrese, e tenevano il controllo del
mercato ortofrutticolo.
I Gambino erano noti per essere una famiglia molto numerosa composta da
padre, madre e dieci figli, tutti maschi, più un’unica femmina, la quale
essendo nata per prima, ebbe il disgraziatissimo compito di fare da
cameriera a quella banda di barbari dei fratelli.
Santino aveva un gemello di nome Rosario, il quale mise gli occhi sulla
secondogenita di Don Vito, Giuseppina Rosaria.
Al contrario del primo, il secondo, cioè Rosario, impiegò ben due settimane
prima per introdursi sotto le coperte della predetta ragazza.
I due convolarono a giuste nozze il giorno di San Valentino, e andarono ad
abitare nell’appartamento a fianco di quello di Santino e Maria Concetta.
Durante i primi due mesi di matrimonio furono, per le due coppie, solo rose
e fiori.
Poi i due gemelli Gambino tirarono fuori il meglio di loro, facendo vedere
quello che veramente erano, e cioè due farabutti sempre in cerca di
avventure, ubriaconi e prepotenti.
Sin dall’inizio della storia con Maria Concetta e Giuseppina Rosaria, i due
Gambino avevano covato un sentimento irrefrenabile di invidia e odio nei
confronti della famiglia di Don Vito che, al contrario della loro
perennemente alle prese con lotte intestine, era sempre serena ed unita.
La causa di questi - chiamiamoli malumori interni - era da imputare al
padre, il vecchio Calogero Gambino, che incarnava l’esatta figura di un
padre - padrone.
“Finuacchè ci sono io in vita, io comando e io dispongo di tutto e di tutti,
di vuialtri….soprottutto che siete cosa mia!” diceva vantandosi.
E convinto di essere nel giusto, non dava spazio a nessuno dei figli,
trattandoli peggio di bestie, disponendo di essi come cose da usare.
Siccome i due gemelli si sentivano soffocati e senza sbocchi fino a che
erano sotto il dominio del padre, pensarono di trovare fortuna, e potere,
giocando le loro carte alle spalle della famiglia di Don Vito.
Facendo leva sulla loro indiscutibile bella presenza fu un gioco da ragazzi
abbindolare le povere due ragazze.
Il corteggiamento, gli appostamenti, gli incontri segreti, i primi baci, gli
abbracci ardenti, le carezze provocanti, facevano parte di un gioco
perfidamente diabolico.
Approfittando della ingenuità delle due, calcolarono che, per introdursi
nella famiglia, e quindi godere di tutti quei privilegi di cui pensavano
potessero poi approfittare, il modo migliore fosse quello di sposare le
prime due figlie di Don Vito, anche se non di una bellezza sfolgorante,
anzi.
Ma a loro poco importava accasarsi con due “cozze”, a loro interessava
principalmente la posizione che avrebbero avuto all’interno della famiglia
di Don Vito.
Quindi con le due povere e sciagurate ragazze recitarono fin dall’inizio la
parte degli innamorati pazzi.
Successivamente, quando dai baci timidi passarono agli assalti più impetuosi
ed arditi, la natura fece il suo corso, e le innocenti Maria Concetta e
Giuseppina Rosaria, una volta persa la verginità, pretesero immediatamente
le nozze riparatrici.
Naturalmente i due farabutti si dissero immediatamente disposti a “riparare”
con il matrimonio, perché quello sarebbe stato il primo passo per
impossessarsi (nel tempo) di tutto quello che la famiglia aveva costruito e,
soprattutto, controllava.
Sapevano che il gioco sarebbe stato pericoloso.
Se fossero stati scoperti non avrebbero avuto via di scampo.
Ma non avevano paura di scontrarsi con la gang di Don Vito, tanto erano
spavaldamente sicuri di sé, e neppure temevano quella montagna di Al
Ventura, perché a tempo debito, e una volta scoperti i giochi, e fatto fuori
il suocero, sapevano che potevano contare sull’aiuto degli altri otto
fratelli.
E visto e considerato che, secondo loro, un solo Gambino valeva quattro di
quelle mezze seghe della gang, i due ritennero che, una volta entrati dalla
porta principale, fosse facile come bere un bicchiere d’acqua mettersi a
capo di quell‘ impero.
Naturalmente sia Santino che Rosario, una volta diventati i capi indiscussi
dei beni di Don Vito, non avevano la minima intenzione di dividere il
malloppo con gli altri fratelli, ai quali, a tempo debito, avrebbero dato un
contentino, e un bel calcio in culo.
Spesso però, quando si è accecati dalla presunzione, si fanno i conti senza
l’oste, e, come si dice in questi casi, ci si rende presto conto che,
invece, sono cazzi amari!
E così in effetti accadde.
Un bel giorno Giuseppina Rosaria venne a sapere da una cugina - mentre era
dal parrucchiere Mimì che teneva il salone proprio duecento metri dal
ristorante - che il marito Santino la cornificava con la cameriera di un pub
irlandese.
Di ciò si confidò con la sorella Maria Concetta, la quale - disperata e in
lacrime come se le corna le avesse messe a lei - lo disse ad Al Ventura.
Quando quest’ultimo, dopo una decina di appostamenti, ebbe la certezza che
le cornificazioni erano reali, riferì quello che aveva visto alle dirette
interessate, con una aggiunta: non era il solo Rosario a cornificare la
moglie, bensì anche il fratello gemello Santino, e sempre con la stessa
cameriera del pub.
Potete quindi immaginare quale fu la reazione delle due sposine: lacrime,
urla, contorcimenti vari, con successivo e doloroso strappo di ciocche di
capelli!
Le due sorelle, comunque, una volta calmatesi, decisero di tenere ancora
segreto quello che Al Ventura aveva scoperto, pregando lo stesso di non dire
nulla a loro padre.
Le due ingenue pensarono che quello che avevano fatto i rispettivi mariti,
fosse solo e semplicemente una scappatella di poco conto, e quindi per
mantenere la pace in famiglia, era meglio fare finta di nulla.
Ma i buoni propositi ebbero vita brevissima perché, neanche due giorni dopo
la conferma del tradimento, una sera, durante la cena, le due donne non
riuscirono più a tenersi dentro la cosa e quindi chiesero spiegazioni ai
rispettivi mariti dei tradimenti patiti.
La risposta di Santino e Rosario non si fece attendere…... Ma non furono le
loro scuse, con la richiesta di perdono….. né baci e lanquide carezze,
quelle che ricevettero, bensì un sacco di parolacce e di botte.
“Troie maledette!…..Cozze avvelenate, siete!…..Ma che volete…..non vi
guardate allo specchio la mattina?” e giù botte a tutte e due “Sì ci
scopiamo le ragazze…..tutte le ragazze del quartiere perché ci fate
schifo!…..”e giù ancora botte, e schiaffi, e calci.
L’indomani mattina quando si presentarono al ristorante tutte peste e
gonfie, non poterono, tra le lacrime e i singhiozzi, non confessare a mamma
e a papà quello che era loro realmente successo.
Don Vito, per prima cosa, cercò di consolare le figlie cercando di rimettere
pace in famiglia, poi convocò a sé i cari generi, e alla presenza di Al
Venura fece loro un discorsetto, che brevemente si riassumeva in queste
parole:
“Carissimi, se mettete le mani addosso alle mie figlie ancora una volta
avrete a che fare con noi. Avete capito?” e pronunciò quel “noi” con fare
che non prometteva nulla di buono.
Ma siccome quando si nasce ignoranti e presuntuosi, prepotenti ed
incoscienti, non ci sono minacce che tengano, i due Gambino sbattendosene
allegramente dei consigli del suocero, continuarono a fare i loro porci
comodi, fino al giorno in cui non ci fu la fatidica goccia d’acqua che fece
traboccare il vaso.
Così quando alle mogli, mentre facevano la spesa entrando e uscendo dai
negozi sotto casa, fu riferito, da una comare pettegola e impicciona, che i
rispettivi mariti non avevano mai smesso di menare il ciufolo sotto le gonne
di tutte le smorfiose del quartiere, non rimase che programmare una nuova
cena a quattro per rimettere le carte sul tavolo.
Così quando, terminato il dolce, le due sciagurate chiesero per la seconda
volta spiegazioni dei continui tradimenti, la razione di botte fu
raddoppiata (altro che scuse e pentimenti!).
I segni evidenti delle percosse sulla faccia, intorno agli occhi, sulle
braccia, e sul collo delle figlie non passarono inosservate a Don Vito, il
giorno seguente.
Cosicché al medesimo non rimase che prendere da parte il suo giustiziere (Al
Ventura) e dirgli di fare quello che doveva fare, senza guardare in faccia
nessuno!
Fu così che la settimana dopo i due gemelli Gambino, Santino e Rosario, si
trovarono coinvolti in un serio incidente stradale che buttò fuori strada il
loro camion di frutta e verdura.
Il furgone improvvisamente prese a sbandare lungo la carreggiata andando a
sbattere sui due lati della strada, da destra a sinistra, da sinistra a
destra.
A un certo punto, i due furono sbalzati fuori dallo sportello della vettura,
e catapultati giù a picco dal ponte di Brooklin per morire affogati nell’
East River.
Le cause di quell’incidente non furono mai accertate, però si sa che quando
i corpi dei malcapitati furono recuperati, ai Vigili del Fuoco parve subito
strano che avessero in culo, rispettivamente, due enormi carote.
La stranezza non fu riportata nel rapporto della polizia grazie alle
pressioni - costate cinquemila dollari - di Don Vito, il quale chiese la
cortesia che si evitasse di farla sapere alle due vedove già così sconvolte.
I funerali furono svolti in pompa magna.
Tutti vestiti a lutto i componenti della gang precedettero i due carri
funebri tirati da quattro cavalli addobbati come circostanza vuole, e con
tanto di pennacchio e fanfare al seguito.
Le bare furono completamente sommerse da garofani, di ogni colore e specie.
In prima fila, subito dietro i feretri, le vedove inconsolabili si
stringevano alle braccia possenti di Al Ventura che le sorreggeva, cercando
di consolarle con una specie di miagolio (tipo quello che si usa solitamente
quando si vuole attirare a sé un micino per dargli la pappa).
Subito appresso le seguiva, in lacrime, Alfonsa con il marito e la piccola
Consolata.
In terza fila i genitori e i fratelli degli scomparsi e, immediatamente
dopo, amici e conoscenti.
In fondo alla fila c’erano Addolorata , Carola e Santuzza con i rispettivi
mariti.
Al passaggio del triste corteo, i negozi di Mulberry Street abbassarono le
serrande per partecipare al grande dolore di Don Vito, mentre le bancarelle
avevano, un’ora prima, sgomberato la strada per rendere più agevole il
passaggio della processione.
Fine della terza puntata (continua)
Piazza Scala - novembre 2010