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Giovanni Lorè,
già dirigente bancario, che per decenni ha modulato e tradotto la sua esistenza
in una visione pragmatica risolutiva di problemi fortemente connessi a momenti
occasionali, a situazioni cariche di Interessi contingenti e quotidiani, arriva
alla poesia tardivamente, in quiescenza. In fretta comprende che cosa significa
essere poeti. I 'intensità della ripresa spirituale è proporzionale al ritardo.
Ha il genio di cogliere, grazie alla sensibilità intuitiva e vibratile, i sensi
criptici miracolosi dei testi poetici, nel momento in cui si manifestano allo
spirito. Se ne compenetra, ne vive. Alle origini di questo risveglio non pare
irragionevole pensare che ci sia una sorta di scossa traumatica e una volontà di
ritrovarsi, di riscoprirsi, quasi un rivolgimento interiore capace di aprire
nuove potenzialità e nuove prospettive.
Porse si tratta di un'assenza, di una deserta volontà d'amare, dell'ansia di
ricominciare tutto da capo, della scoperta di affinità elettive insospettabili,
di natura fantastico-emotivo-metafisico, della sensazione di essere portatore di
un messaggio cosmico che preluda a una gnosi confusa, alla rivelazione di una
dinamica progettuale che fermenta dentro a creare le condizioni costitutive di
un nuovo essere.
Per l'ormai "antico" Lorè la poesia poteva essere modulo gradevole di gioco, di
momenti conviviali, occasione di piacevoli e argute composizioni rimate. Poi
all'improvviso il tono si fa serio, la lirica sfaccettatura conviviale dei carmi
si carica di un fervore innovativo, evocatore nostalgico. Si insinua nei versi
il sentimento del vuoto, dell'assenza. L'immagine di un Lorè nuovo e diverso
occupa il proscenio della nuova maniera poetica assieme all'ansia di tentare
nuove strade, di analizzarsi nelle fibre sottili del profondo, di esplorare il
mondo dei sentimenti, dei sogni, di aprirsi ad altre potenzialità costruttive.
In questa nuova dimensione di contemplazione trasognata e di riverberi di
memorie, Lorè è teso a ricreare e rivivere situazioni di affetti familiari, di
scenari di esperienze di vita e di
viaggio,
di paesaggi sui quali proiettare se stesso, i gesti, i miti che hanno
accompagnato e illuminato infanzia, adolescenza e maturità. Ritornano gli
stupori della sua scoperta del mondo e della vita. Così riesplodono i sentimenti
del tempo e dei regni perduti, dei porti sepolti che si tramutano in temperie
d'amore e di inquietudine, di insufficienza ontologica, come se il poeta fosse
condannato a essere preda di solitudine e di assenza, dalla quale, fatale fosse,
lasciarsi sommergere e sopraffare. Questa prima esperienza di canto è il punto
di arrivo di una intensa e densa ostinata volontà di crescita spirituale che si
dilata nel tempo, s'increspa alle ventate del vivere, evoca e consona con i
chiaroscuri, le penombre, il gusto del partecipare e del dire, col recupero
forse appena avvertito, di risonanze cosmiche, coi turbamenti, i trasalimenti, i
silenzi, i fermenti metaforici gemmanti che fanno dell'atto lirico-creativo il
vestibolo di un assoluto prensile e soggettivante.
Si instaura così in Giovanni Lorè un nuovo rapporto con le cose, vivido di
contenuti esistenziali, di ricerca della parola specchio, di corrispondenze
analogiche, di cifre quasi segrete, che rendono suggestivo, trasparente e
specifico il linguaggio del poeta, teso ad adeguare, progressivamente, il modulo
espressivo al respiro dell'attimo esclusivo ed essenziale, generatore dell'atto
trasfigurativo del vissuto.
Giovanni Lorè recupera nel suo iter di fede anche gli strumenti meta-fonici e
teofonici del dire poetico che gli giungono dalla perenne primavera della
memoria, dalla storia, dalla tradizione, dal consenso di millenni di esperienze
d'arte, da fragranze remote classiche, romantiche, surreali, senza smarrirsi,
col tremore intimo di non riuscire a decifrare i segni dell'equilibrio
universale immanente nelle percezioni e nelle apercezioni della mente e del
sentimento, lo spirito d'amore come dono e respiro dell'essere, come lucreziane
"voluntas" e "voluptas" degli uomini e degli dei, dei geni della vita.
I ritmi del suo tessuto lirico oscillano tra una ansiosa volontà di dire, di
chiarire il senso dei suoi paesaggi d'anima, di comunicare l'humus segreto
doloroso delle derive, dei disinganni, della solitudine e dell'angoscia che gli
derivano dalle contraddizioni, dalle antinomie del suo n ansito umano nel tempo,
dagli aculei della consapevolezza che è necessario guardare con distacco le cose
di ogni giorno e costruirsi una immagine critica e vera della contemporaneità e
trascinarsi in perpetua transumanza tra ricordanze, rimpianti e tentazioni di
abbandoni e di ritorni. |
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