Quarta parte - 1900: liberty, bella epoque e fascismo

 

 

1900 - Agli inizi siamo nell’ l'età del Liberty e della bella epoque,  del café concert, del café chantant, dove non mancavano le canzoni e furoreggiarono le chanteuses per lo più straniere come Cleo De Merode, la Bella Otero, Jpsephine Baker, Anna Fougez, e dove però si respirava aria da postribolo. In Italia furoreggiarono Lina Cavalieri e Maria Ciampi che inventò “ 'a mossa”. Gilda Mignonette diva del café chantant ebbe le sue prime esperienze a teatro con Raffaele Viviani. In questo tipo di spettacolo le nostre  canzoni erano per lo più in vernacolo, generalmente in dialetto napoletano. La canzone napoletana continuava cioè il suo  cammino di trionfo. Ernesto De Curtis compone “Torna a Surriento” (1904) e “Voce 'e notte”(1907). Del 1911 è “Core 'ngrato” canzone romanza scritta da R. Cordiferro e S. Cardillo. Del 1914 è “Guappariatamurriata (di R. Falvo  e L. Bovio). Del 1915 “'O surdato 'nnamurato” (di Cannio e Califano), Per la canzonettista di varietà Elvira Donnarumma scrivono grandi autori come E.A.Mario ( Io ‘na chitarra e ‘a luna). Più tardi, fra il 1915 e il 1930 subentreranno altre forme di spettacolo: il Tabarin (sorta di antenato del night), il Varietà, l'Operetta. Fra i grandi nomi dell'operetta italiana ricordiamo Mario Costa (autore tra l'altro di “Era de maggio” e di “Catarì”) che ha realizzato un capolavoro con la pantomima “Histoire di un Pierrot”; Giuseppe Berti che musicòAddio giovinezza” e “Acqua cheta; Carlo Lombardo che compose “Cin Ci Là” e Ranzato  “Il paese dei campanelli”. A Roma i tabarin alla moda, aperti fra Via Veneto e Piazza Barberini, tra Piazza Venezia e Piazza del Popolo, spesso utilizzando le sale dei vecchi cafè chantant (Sala Umberto, Salone Margherita, Apollo (oggi Eliseo), venivano frequentati,  a differenza dei cafè chantant, anche dall'alta borghesia. Allora cambiano anche le canzoni. Non più in vernacolo ma in buona lingua italiana. Del 1910 è “La spagnola” di Anita Di Landa. Nel 1912  G. Capurro e F. Buongiovanni  compongono “Fili d'oro” in cui molti vedono un primo vero esempio di canzone italiana moderna. Sono gli anni di “Primavera di baci “ (1914) e  “Chi siete” (1917), gli anni del divismo di Petrolini conGastone”, di Anna Fougez, vera vamp del varietà, con Vipera” 1919, di Gino Franzi con “Scettico blues” 1920. Come prototipi di canzone  in lingua italiana nel 1918  nascono “Cara piccina” (Lama Bovio), “Come le rose”(Lama-Genise), “Come pioveva” 1918 (composta e cantata dal primo cantautore italiano Armando Gill, al secolo Michele Testa) ,“Come una coppa di champagne” (Rampoldi-Borellu) 1926 e ancora: “Lucciole vagabonde” (Bixio-Cherubini) 1928, Tango delle capinere (Bixio-Cherubini) 1928, “Amapola” (Lacalle- Bruno) 1929, “Balocchi e profumi” (E.A. Mario) 1929.  In queste canzoni è importante l'elemento linguistico perché vediamo finalmente un italiano non arcaico, un italiano quasi parlato, colloquiale. Non mancarono comunque in questi anni  nuove bellissime canzoni napoletane come  “Reginella” (Lama- Bovio) del 1917, “Dicitincello vuie” (Fusco-Falvo) del 1926.

  In epoca fascista la canzone  assume nettamente quella forma (che poi fu detta “all'italiana”), una canzone cioè fra romanza e ballata di tradizione folklorica, colorata da quel sentimentalismo tipico della canzone napoletana di fine Ottocento e che  conserverà per parecchio tempo le sue caratteristiche con cantanti come Carlo Buti prima, e Oscar Carboni e Claudio Villa dopo, seguiti da G. Consolini, Luciano Tajoli, Al Bano,  e oggi da Andrea Bocelli. É un'Italia puritana, maschilista e verginale, un'Italia che dopo tre anni di regime vuole andare in Abissinia per liberare la Faccetta nera (Micheli-Ruccione). La Ragione di Stato, che coincideva con la ragione del Duce, imponeva un'azione che desse alla patria il suo giusto “ruolo fra le potenze mondiali”. Contemporaneamente alla propaganda cantata della campagna d'Africa imperversò  una fioritura di canzoni che inneggiavano ad un ritorno alla sana vita di campagna per valorizzare le possibilità agricole del nostro paese. Nascono dunque in quegli anni canzoni come Rosabella del Molise, Reginella campagnola, Amor di pastorello, Fiorin fiorello.  “L'incontro con  la  radio avvia la nascita di quella canzone nazional-popolare che dominerà la scena italiana almeno fino all'arrivo della canzone d'autore e della musica pop e avrà i suoi templi di culto nel Festival di San Remo e nella TV”. In America la radio appare nel 1920, in Italia nel 1924 gestita da un unico ente, l'URI (Unione Radiofonica Italiana). Nel 1927 l'URI diventa EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche)” (F. Liperi). Molte canzoni furono dedicate alla radio come: “Silenzioso slow” di G. D'Anzi o “L'uccellino della radio”.  Gli studi di “Radio sociale” sono occupati, a turno, da Aldo Fabrizi e Renato Rascel che sfornano interminabili divertentissimi monologhi. “Il Varietà si afferma come satira di argomenti s’attualità” (F.Liperi)  ed era composto da diversi numeri. Nello spettacolo musicale, la Rivista, che sostituirà il Varietà,  al nord si esibiscono La Osiris e Dapporto, a Roma Fabrizi, Totò, la Magnani, le sorelle  Nava e Nino Taranto col suo Ciccio formaggio. La Rivista, sempre ricca di cantanti e canzoni, si differenzia dal varietà per l’origine culturale – ci dice Felice Liperi – un’origine più satirica,  cioè nella rivista è evidente “il legame con l’attualità e la politica attraverso la satira” e inoltre è presente un filo conduttore, mentre il Varietà era composto da diversi numeri: scenette comiche, monologo del comico che racconta anche varie barzellette,  cantanti e canzoni  e balletti. Anche il cinema portò al successo diverse canzoni come “La canzone dell'amore” (omonimo titolo del film) di Bixio-Cherubini, 1929,  dal famoso inizio Solo per te Lucia…,  e così anche altri motivi: dal film “Gli uomini che mascalzoni”  la canzone  “Parlami d'amore Mariù” 1932 (cantata da V. De Sica). Non dimentichiamo successi di quegli anni come “Sono tre parole”, “Dicevo al cuore” e ancora “Bambina innamorata” (Bracchi-D'Anzi)1934, “Non ti scordar di me” (1935) cantata da Beniamino Gigli, “Vivere” da Tito Schipa, 1937. Nel 1940 B. Gigli lancia “Se vuoi goder la vita” e “Mamma” dall'omonimo film del 1940. Alberto Rabagliati, divo famoso del cinema e della canzone,  lancia “Ma l'amore no”, “Ba ba baciami piccina”, “Tango del mare” 1940, “La strada nel bosco” (dal film “Fuga a due voci” 1942). Negli anni della grande guerra  erano nate canzoni come “A Tripoli” (1911) che Gea della Garisenda cantava con toni struggenti avvolta nel tricolore e la “La leggenda del Piave” di A.E.Mario grande autore di canzoni come Santa Lucia luntana, Tamurriata nera. Negli anni della seconda guerra mondiale nasce  Faccetta nera (Marcetta di M. Ruccione) su testo di G. Micheli (1935) per celebrare la campagna d'Africa e l'inno dei Balilla “Fischia il sasso”. Ma sull'aria di “Levete 'a cammesella D'Annunzio intanto entrava in scena e, rivolto all'attrice Basiliola, le intima: “Commettimi tosto un incesto”, Basiliola: “Un incesto gnor no gnor no”, D'Annunzio: “Un incesto voglio da te, senza incesto tragedia non c'é”. E si, D’Annunzio amava divertirsi! Florilegi d'epoca ricordiamo: il bracciale “atroce simbolo di malvagità” e il cinico “cosa m'importa se il mondo mi rese glacial?”.  La rivista  salutò benevolmente il ventennio fascista e, senza cambiare l'impianto dello spettacolo, cioè grande sfarzo di scene e costumi, passò da toni decadenti ad un ottimismo patriottico e cialtrone. Negli anni della seconda guerra mondiale si diffondono canzoni come “Il tamburo della banda d'Affori” (Ravasini-Rastelli-Panzeri), “Illusione” (Fragna-Cherubini), “Un'ora sola ti vorrei” 1940, “Tu musica divina”, “Tulipan” e “Tornerai” (in quest'ultima famoso il richiamo al coro a bocca chiusa della Madama Butterfly) cantate dal Trio Lescano, “Tu non mi lascerai”, “Non dimenticar le mie parole”,  “Rosamunda” 1939, “Ma l'amore no”, “Se vuoi goder la vita” 1940, “Macariolita” 1940. Ferruccio Tagliavini nel film “Voglio vivere così” lancia la canzone omonima e “Tu non mi lascerai”. Odoardo Spadaro  canta Il valzer della povera gente e La carrozzella.

Nei locali da ballo si diffondono le note scalmanate del charleston arrivato dagli Stati Uniti, mentre Gino Franzi, in frac solenne, canta  “Come una coppa di champagne”.

Si ride con canzoni come “Bombolo”, “Pippo non lo sa”, “Maramao perché sei morto”, “É arrivata la bufera”. Ma la canzone che stranamente venne cantata da tutti, dai soldati di tutti gli eserciti, fu Lili Marlen (Schultze-Leip) mandata in onda per la prima volta  da Radio Belgrado (subito dopo l'occupazione della Jugoslavia) nell'agosto del 1941, cantata da Lale Andersen. Non c'è speranza in Lili Marlen, solo rassegnazione tanto lucida quanto disperata. Fu messa al bando in Germania come in Italia, ritenuta disfattista. In verità era la disfatta coscientemente cantata e suonata.