Terza parte: 1800, il trionfo della canzone napoletana
 

 

Nel 1800 con “Te voglio bene assaie” (Campanella-Sacco 1839) siamo in un'Italia ancora da nascere come Stato. Con “Funiculì funicolà” (Denza-Turco 1888) e “ 'O sole mio” (Capurro-Di Capua1898) siamo in un'Italia ormai unita, libera da stranieri. Abbiamo il trionfo della canzone napoletana il cui più antico canto risale addirittura al 1200: “Canto delle lavandaie del Vomero” del genere “villanella”, cioè canzone diciamo di campagna. Più tardi poi nacquero composizioni meno polifoniche, canzoni monodiche, ad una sola voce con accompagnamento. Secondo la tradizione  le canzoni Michelemmà e Fenesta ca lucive  sono antiche canzoni (1300-1500) di origine popolare ma rielaborate da maestri colti S.Di Giacomo, Salvator Rosa). Verso la fine dell' Ottocento si cominciano a diffondere melodie per voce e pianoforte su testi in lingua italiana lirici o d'amore: le cosiddette “romanze da salotto” che spesso venivano ascoltate in concerti in casa di piccola e media borghesia. Gli autori erano operisti come Donizetti (a cui si attibuisce “Te voglio bene assaie”), Rossini (“Già la luna in mezzo al mare), Ponchielli, Mercadante e le romanze  avevano un tono diciamo tra l'opera e la canzone. Enrico Caruso  e F.Tamagno ne hanno inciso parecchie. Fra i più noti compositori ricordiamo Francesco Paolo Tosti che ha composto: “Ideale”, “L'ultima canzone”, “Luna d'estate”. Essendo in bilico fra romanza e canzone, queste composizioni non solo evidenziavano una accentuata letterarietà nella lingua naturalmente poco spontanea, ma anche una musica piuttosto complessa per una semplice canzone, (vedi “Mattinata” (1899) di Leoncavallo). Gli autori, lavorando in questa zona di confine fra melodramma e canzone, hanno  quindi introdotto nella romanza quegli elementi provenienti dal mondo della lirica  che poi saranno tipici della “canzone all'italiana” dei vari cantanti come Buti, Villa, Carboni.  Per il passaggio dalla romanza  alla canzone moderna merita attenzione il lavoro di  G. e T. Cottrau e di F. P. Tosti, nelle cui composizioni si sente riecheggiare la romanza dell'opera lirica ma anche elementi di repertorio popolare (“Ideale”, “Mattinata”) lavoro cui contribuirono Salvatore Di Giacomo (che ha composto la famosa “Marechiaro”1885) e D'Annunzio (che ha composto “ 'A vucchella” 1904).  La canzone napoletana quindi continuava il suo cammino con successo (già nel 1848 era nata“Santa Lucia” (E. Cossovich e T. Cottrau) rivelatasi in pieno nella festa di Piedigrotta che fu sospesa nel 1861 ma si riprese nel 1876. Al 1875 forse risale “ 'A cammesella” (di L. Stellato e F. Melber). Del 1880 è “Funiculì Funiculà” (di Turco e Denza) concentrato di musicalità, di ritmo e di gioco. La “canzone” ormai si diffonde negli spazi pubblici, piazze, locali, nei caffè concerto, nei cafè chantant. Nel 1893 Salvatore Gambardella compone “ 'O marenariello” e poi “Ninì Tirabusciò” e “Come facette mammeta”. Enrico De Leva compone con Di Giacomo 'E spingole francese” (1888).  Del 1898 è “Ciribiribin” che è già un primo esempio di canzone italiana moderna e in lingua. Nel 1898 nasce “ 'O sole mio” (di Giovanni Capurro e Eduardo Di Capua), simbolo della città di Napoli. Tempi in cui i testi delle canzoni venivano diffusi attraverso le  “copielle”, fogli volanti su cui venivano stampati le parole delle canzoni.