La copertina del libro di G. Pisoni con questa prefazione.
Un romanzo intriso dei colori e degli umori della laguna veneta, in un passato non troppo lontano. Schivo e di poche parole, Marzial ha ereditato dal padre il mestiere ed una barca con cui affrontare il mare per potersi garantire da vivere. Pescatore di Burano che affronta sempre ogni cosa a viso aperto – Marzial non nutre timori verso alcuno –  evitando parole non necessarie. Sussurri e storie si rincorrono, tra i campielli e nelle calli dell’isola di Burano, dove protagonisti assoluti sono uomini e donne che conducono con sagacia il duro mestiere di vivere. Senza retorica, abbracciando la vita per intero. Una storia indimenticabile insieme allo scenario incantevole di brume e silenzi della laguna

 

SECONDA PUNTATA

 

A seguito precedente


In un pezzo immediatamente precedente a questo ho parlato di un libro scritto, a mio avviso molto bene, da un collega Comit, Gastone Pisoni, coetaneo, il cui lavoro letterario, per la sua naturalezza espressiva, è stato capace (e tuttora lo è) di farmi sentire per via olfattiva gli odori della laguna di Venezia, nonché i rumori provocati dalle onde, dal passaggio delle barche, degli zoccoli degli abitanti di questa linguetta di laguna, come se mi trovassi fisicamente in ogni posto che viene nominato dall’autore.
Detto libro, per chi non avesse letto il mio pezzo precedente, parla di un certo Marzial, pescatore di Burano, che vive la sua vita improntandola al diritto istintivo che emerge da quei luoghi, ove tutto è scandito in maniera particolare, lasciando all’uomo di autogestirsi senza particolari riferimenti alle istituzioni, allo stato, ai conflitti presenti, passati o potenzialmente futuri...
Fatto questo necessario preambolo, ho deciso di scegliere e commentare alcune pagine di questo libro, da titolo : “La laguna di Marzial”. In particolare, vorrei riferirmi ad uno spaccato di vita privata di Marzial, uomo solo che, in qualche modo, sapeva “giostrare” per dare un senso diverso a questa sua condizione di solitudine.
Pur non essendo sposato, Marzial, come ogni altro mortale, aveva le sue esigenze tanto da avere dei rapporti, non prevalentemente di sesso, quanto di necessità esistenziale in senso lato, che lo inducevano a frequentazione da tanti anni con una certa vedova, che si chiamava Mantica.
Ecco come Marzial articolava queste sue frequentazioni di cui ormai tutti sapevano.
Di notte, mai lo stesso dì della settimana, Marzial attraversava il paese, silenzioso come un gatto sui coppi. L’ora era quasi sempre dopo la mezzanotte. Egli entrava nel sottoportico dei Beati, illuminato dal Capitello del Sacro Cuore di Gesù, terza porta a sinistra. Saltava il chiavistello e la porta apriva la linda stanza di soggiorno della Mantica, dalle pareti bianche di calce, col sentore di soda e sapone delle tendine e del pavimento ripassato tutti i giorni. Una foto di Aurelio, marinaio di cui la Mantica era rimasta vedova.
Appena arrivato, Marzial si sedeva su di una sedia impagliata e cominciava a sbottonarsi il giaccone, schiarendosi la voce per annunciare il suo arrivo alla compagna. Subito il tramestio proveniente dalla cameretta soprastante faceva intendere che la Mantica si era svegliata.
Questa si vestiva rapidamente, scendeva la scaletta di legno e si faceva vedere “vergognosa, nervosa e contenta”. Fingeva sorpresa ogni volta.
“Mi sembrava tanto che non venivi “…poi ., quando sentivano freddo, andavano su per le scale e lei lo aiutava a svestirsi, lo copriva con tante coperte che non poteva più muoversi. E quando serviva, lei sopra con tanta confusione per trovare la pelle, ansando su di lui fino alla conclusione dell’atto sudato, ma ancora di una certa soddisfazione…
Poi la Mantica prendeva sonno mentre lui riposava ad occhi aperti attendendo il clangore dei bidoni del latte che avvertivano l’arrivo dell’alba. Allora si alzava, raccoglieva con un solo gesto il fagotto dei suoi vestiti sulla sedia ai piedi del letto e scendeva la scala senza svegliare la Mantica. Ma forse questa era sveglia e faceva finta di niente perché sapeva che lui era imbarazzato dopo l’atto e non voleva farsi vedere a rivestirsi.
Poi l’uscita da questa casa…pensando, in cuor suo, di avere affetto sì per Mantica, ma anche un certo rabbrividimento al solo pensiero di vivere assiduamente in compagnia di una donna in maniera diversa da quella ormai consolidatasi fra i due. Da più di trent’anni infatti duravano i loro incontri, due, tre volte al mese…a questo modo.
Per rientrare a casa sua dopo gli incontri con Mantica, Marzial doveva riattraversare il paese che gli pesava di più che non l’andata e per quanto si controllasse non riusciva a placare una certa ansietà che poi si placava quando, attraversati i prati di Mazzorbo, dove c’era poche case fra cui la sua, nella quale, una volta entrato in quest’ultima, si sentiva subito fuori da ogni pettegola considerazione. E quindi più al sicuro.

Arnaldo De Porti - marzo 2010

 

(continua)

    

 


 

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Piazza Scala - marzo 2010