Prima puntata

Nel precedente lavoro, Indizi di una Civiltà Preistorica, pubblicato in questo sito e preso in considerazione anche da Google e Wikipedia,
era posto in rilievo il fatto che lo sviluppo dell’agricoltura (o almeno la sua ripresa, dopo l’evento catastrofico che con tutta probabilità aveva interessato il nostro pianeta intorno al 7.500 a.c.) poteva essere avvenuto in tre precise zone del globo, ovverosia gli altipiani etiopici, quelli tailandesi e quelli andini centrali: tutte terre alte, lontane dai mari (e, conseguentemente, più sicure rispetto alle zone costiere, travolte nell’epoca sopra indicata da quello che fu chiamato
“Diluvio Universale”) e climaticamente stabili, anche se negli ultimi diecimila anni hanno sicuramente subito variazioni di rilievo del clima, così come quasi tutte le altre terre emerse del pianeta.
La spiegazione di quest'ultimo asserto risulta dal fatto che, in circa 10.000 anni, è percorso poco più di un terzo dei 25.765 anni del ciclo di precessione degli equinozi; a motivo di ciò l’inclinazione dell’asse terrestre sconta all’incirca un grado e, in conseguenza, l’irradiazione solare sulle varie aree del pianeta si modifica gradualmente, ma inesorabilmente:

La dimostrazione geologica di queste variazioni si ha, ad esempio, nell’andamento climatico della fascia che va dal Marocco all’Egitto che, nell’arco di questi diecimila anni, è passata da una situazione di normale piovosità, con terreni fertili, laghi e paludi ( per questo motivo la Lybia, almeno nella parte a nord, era nota come “granaio” di Roma), ad una situazione in cui le piogge si sono fatte sempre meno copiose, determinando la desertificazione d'enormi estensioni di territorio.
Questa premessa serve ad entrare più agevolmente nel vivo del presente lavoro, poiché è proprio su queste tre aree del pianeta Terra che si è concentrata l’attenzione di molti studiosi, onde meglio comprendere, in uno con la ripresa dell’agricoltura, quando avesse avuto inizio quella che definiamo “civiltà”.
Secondo quanto affermarono storici e archeologi tradizionalisti, la prima forma di civilizzazione dell’umanità fu quella sumera nel quarto millennio a.c., alla quale fece seguito nel corso del terzo millennio quella egizia.
Orbene, questa datazione della storia umana convince sempre meno, sia per i sempre più numerosi rinvenimenti di vestigia di un più lontano passato, sia per una sempre più approfondita comprensione dei diversi ritrovamenti, sia infine per un più attento “ascolto delle voci” che ci provengono dalle precedenti epoche nelle varie forme, mediante le quali la memoria del passato c'è stata trasmessa.
Per questo motivo è ormai tempo di mettere in discussione molte conclusioni, considerate certe, in base ai documenti ed agli indizi oggi disponibili, quali ad esempio:
- alcuni testi egizi giunti sino a noi (dal Papiro di Torino alle Tavole di Abido, Saqqara e Karnak per citare i più noti), che elencano Dinastie che ci consentono di risalire sino allo “Zep Tepi” (il “primo tempo” della storia di quel grande Paese, in altre parole tra il quinto ed il quarto millennio a.c., iscrizioni liquidate dagli egittologi più conservatori come leggende fantasiose);
- Solone, Erodoto ed altri celebri personaggi dell’antichità che hanno raccolto dai sacerdoti egizi notizie di questo primo tempo in cui gli “dei” scesero sulla terra a portare la civiltà (ad esempio, Solone di Atene scrisse agli inizi del VI secolo a.c. che il sacerdote Soli di Eliopoli gli diceva queste parole “voi greci siete come dei bambini rispetto a noi, che abbiamo alle spalle molti millenni di storia”);
- tanti indizi e vestigia del passato che ci consentono ormai di retrodatare la storia umana e l’inizio della civiltà ad epoche ben anteriori a quelle ufficiali (si tenga poi conto che le informazioni su cui queste si basano risalgono agli inizi del secolo scorso e su questa direttrice sono state convogliate le scoperte successive).
Atteso, poi, che tanti documenti e prove antichi sono stati distrutti dall'idiozia degli uomini (monumenti distrutti o disgregati; libri, depositati nei templi e nelle antiche biblioteche, bruciati perché “opera del demonio” e così via), sarebbe opportuno tener conto di quelle poche vestigia del nostro passato di cui possiamo disporre, avvalorate da crescenti riscontri oggettivi.
Considerato quanto sopra esposto, prendiamo come base di partenza le anzidette tre zone climatiche stabili nelle quali i nostri superstiti progenitori trovarono probabilmente i mezzi di sostentamento che permisero loro di sopravvivere all’evento catastrofico verificatosi intorno al 7.500 a.c. e riprendere poi il cammino della civiltà, pressoché azzerata dal predetto evento.
Occorre peraltro considerare che negli altopiani tailandesi ed in quelli etiopici non esistono vestigia d'insediamenti umani importanti; semmai da queste zone potrebbero essersi irradiati i gruppi d’individui che, in possesso delle necessarie nozioni loro derivanti dalla supposta civiltà preistorica, scesero – una volta ritornata una sufficiente normalità geoclimatica sull’intero pianeta – nelle terre più basse, vale a dire in particolare la Nubia e l’Egitto in Africa e la Cina, l’India ed il Medioriente nell’Asia, aggregando in questo lungo cammino altri gruppi di superstiti, ai quali trasferire le nozioni conservate dal passato e con i quali dare inizio al ripopolamento del pianeta, che gli studiosi del ramo ritengono potesse contare su poche centinaia di milioni d’individui intorno al 4.000 a.c. Questa considerazione è valida per quanto concerne, appunto, gli altopiani tailandesi e quelli etiopici, poichè ben diverso è invece il discorso per quelli andini centrali. In questi ultimi, infatti, le vestigia del passato sono a dir poco imponenti e, per molti aspetti, stupefacenti,
come vedremo nel prosieguo.

Fine prima puntata - continua


 
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Piazza Scala - novembre 2010