Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Ottava puntata
 

14 aprile – mercoledì – Burgos/Hontanas (tredicesima tappa)

 

Mi alzo con torcicollo e raffreddore.

E’ giornata di saluti:  il nostro amico Roque Santi, il dentista brasiliano, deve accorciare i tempi e raggiungere Léon in bus: non ha i giorni necessari per completare integralmente il cammino, ma vuole arrivare a Santiago. Angelo, il farmacista milanese, martellato dagli sms della moglie che non riesce a tenere a bada nipotini e nuora, deve accorciare i tempi anche lui. Sono i primi saluti e i primi abbracci di compagni di strada che percorrono traiettorie di vita diverse.

I paesaggi urbani da attraversare per lasciare Burgos alle spalle sono brutti e, per fortuna, alla fine inizia la campagna.

Oggi faccio fatica, non mi sento in forma.

Pranzo seduto ad una panca di Hornillo del Camino, dove il gestore del negozio di halimentacion è dotato di sello che dice che mancano 469 chilometri alla meta: incoraggiante, non c’è che dire!

Gli ultimi undici chilometri da Hornillo a Hontanas sembrano interminabili. Li percorro in totale solitudine e scopro un furetto che mi scruta con curiosità fra i sassi di un muro a secco.

Hontanas è davvero…lontanas, sperduta e minuscola. Non la vedi fino a quando non ci sei arrivato e, neanche il cartello che preavvisa a 500 metri la sua presenza, sembra darti certezze. Poi la scopri tutto ad un tratto in fondo a una discesa.

Marinella, in avanscoperta, ha preso tre posti all’albergue El Puntido. E’ abbastanza buono e comodo.

Il bar è frequentato e fumoso.

La cena è servita in modo rapido ed efficiente: Olla di San Anton (zuppa di ceci con cotica di maiale) oppure Sopa di cabacin (zucchine) come primo; filetto di ternera come secondo. Il tutto per 9 euro. Al nostro tavolo Giovanni porta Colette, una canadese di mezza età di Montréal che viaggia anche lei da sola. Quando si parla sembra meravigliata sempre e di tutto. Il francese serve in questo caso.

Hontanas ha una sua cartolina, dotata di un pastore tedesco che, in effetti, ritrovo sdraiato sulla via. Anche qui diventa laboriosa la ricerca del correos, della casella postale gialla, ma ce la faccio.

Mi duole un po’ la schiena; un po’ di pomata, di musica e i tappi per le orecchie mi conciliano un buon sonno. Colette non è abituata ai roncadores e la sento agitarsi nel letto sopra di me.


15 aprile – giovedì – Hontanas/Boadilla –  14esima tappa

 

Buona colazione (2 euro) e si parte con una pioggia fine e insistente. Mi tocca tirar fuori la mia cappellina rossa.

Sono tentato di percorrere la tappa utilizzando la carretera, ma vengo richiamato all’ordine da Fernando, uno dei tre bandidos galleghi, che mi chiede se sono un turista o un pellegrino.

Non so come mai, ma oggi vado come un treno e senza sforzo apparente. Stavolta è Marinella che mi tiene dietro.

Arrivo a Boadilla e troviamo ospitalità all’albergue En el Camino, dove l’hospitalero Edoardo ci accoglie con cortesia e premura prendendoci gli zaini. Ripetiamo la solita storia del peregrino con la pierna dolorante per Giovanni e ci chiede anche che età abbia per riservargli un letto nella parte bassa. Dopo quello che è successo a Puente de la Reina, abbiamo capito che è meglio dormire abbajo e non arriba. Ci invita a fare la doccia e passare poi per il rito del sello. Che classe, non c’è che dire.

Una birra e una doccia: si scoprono quanti piccoli, ma importanti possano essere i piaceri della vita. 

Si cena tutti insieme con zuppa di lenticchie, aglio e verdure; seguono carne o pesce. Il tutto a 10 euro.

Edoardo, il grande hospitalero, mi aiuta a fare un buco nella cintura dei pantaloni. 

Nel dormitorio il riscaldamento, una grande stufa e un caminetto danno calore all’ambiente. Peccato che la coreana, conosciuta a Logroňo, pensi bene di impestarlo mettendo sulla stufa le sue ciabatte di plastica!

 

16 aprile – venerdì – Boadilla/Carrion los Condes – 15esima tappa

 

Il primo tratto segue un canale ed è piacevole. Poi il paesaggio diventa monotono, con lunghi rettilinei che, solo a guardarli, fanno venire lo sconforto nel sapere di doverli percorrere a piedi.

Arrivano anche buone notizie dal fronte della stitichezza, grazie a due microclisteri notturni praticati nel bagno dell’ostello! 

Carrion los Condes è una città di medie dimensioni. Marinella ha preso il letto dalle suore di Plaza Santa Maria. L’accoglienza è un po’ gelida, nonostante il tè caldo offerto in vasetti di vetro. Lascia un po’ perplessi la cena comunitaria dove le suore preparano solo una sopa e per il resto dobbiamo pensarci noi.

L’ostello è freddo. Marinella se ne va si muove alla ricerca di un ambiente più caldo.

Io decido di restare, anche se tiro fuori il berretto di lana e mi preparo mentalmente a trascorrere una notte come se fossi in un rifugio alpino..

Scoppia un temporale e scopriamo che dalle finestre del lucernario piove dentro! Ero pronto a lottare contro il freddo, ma non contro l’umidità!

Lascio le vivande comprate in un mini market cittadino e vado alla ricerca dell’albergue dove è riparata Marinella. Si chiama Albergue de Spiritu Santo ed è gestito anch’esso da delle suore. Costa 7 euro più i 5 già dati per l’altra sistemazione. Non ci sono letti a castello ed è asciutto (i letti scricchiolano e cigolano e la notte sarà un unico concerto). 

Con Giovanni e Marinella andiamo alla Messa delle otto di sera e ci facciamo benedire dal sacerdote alla fine della funzione. La cena comunitaria non mi va proprio più e Giovanni, dopo avermi invitato a prender un caffè con una coreana nel bel mezzo di un temporale, decide di rimanere a Plaza de Santa Maria (se non altro prende il mio letto, dove non ci piove).

Buona cena a La Corte con cameriere stile anni “80,  rapido ed efficiente (zuppa di fagioli, filetto di maiale con contorno e ananas…in scatola con San Miguel compresa).

Maria mi chiama intorno alle 21,30, ma io sono cotto! 

La cicogna appostata sulla torre vicina ci saluta dal suo nido.

La stanchezza ha la meglio.

 

17 aprile – sabato – Carrion los Condes/Terradillos los Templarios – 16esima tappa

 

La nottata di riposo si fa beneficamente sentire e quel giorno marcio bene, raggiungendo Terradillos los Templarios. Da queste parti i Templari hanno costruito chiese e case. La loro croce compare spesso e c’è anche nel camino dell’albergue che raggiungiamo nel centro del…paese se così vogliamo chiamarlo, dato che, in pratica non esiste.

Si iniziano a vedere delle case costruite con delle pareti di fango e penso a quanto debba essere impegnativa la loro manutenzione.

L’ostello si chiama Jacques de Molay e, finalmente, si dorme in stanze normali e senza letti a castello. Siamo in cinque: Giovanni, Marinella, il tedesco Andy, la francese normanna Marie che sta per diventare nonna e lavora di uncinetto e io.

Si cena ad un tavolo rotondo con Marie, Marc e Alain (un francese che sta facendo il cammino per la 14esima volta!). Su di un tovagliolo di carta traccia una tabella di marcia e ci dice che per il primo di maggio potremmo essere a Santiago.

Ermanno manda un sms e mi dice che si trova a Sanguesa; ha percorso 85 km e per l’indomani vorrebbe essere a Puente de la Reina, dove il camino aragonese si attacca a quello francese.
Alain dice, tenendo questa media, potrebbe raggiungermi fra 7/8 giorni[1]

La cena avviene necessariamente in albergue, dato che non vi è scelta e per 8 euro abbiamo zuppa di verdura, pollo asado e frutta.

 

18 aprile – domenica – Terradillos los Templarios/Bercianos del Real Camino – 17esima tappa

 

Risveglio amaro per Marinella e, scopriremo poi per Kina che alloggia nell’albergue all’ingresso del paese e per la moglie del canadese: sono vittime della dissenteria che procura diarrea e malessere. Potrebbe essere l’acqua bevuta alle fonti? E’ una cosa non rara durante il cammino.

L’imodium, consigliato anche da Alain, fa parte della piccola farmacia del pellegrino.

Giovanni, invece, ha una grossa vescica ad un piede.

Viene modificato il piano della giornata ad iniziare dalla transportacion dei loro zaini che verranno condotti sino a Bercianos, a 23 km di distanza.

Dopo aver fatto colazione (caffè con latte, tostados e marmellata), alle 7,50 sono per strada da solo con il mio zaino, che per l’occasione decido di battezzare Ferruccio, dato che è di marca Ferrino.

Mi sento bene e marciare da solo non mi crea problemi, anzi mi procura un sottile senso di benessere. Mi spiace per i miei compagni di viaggio, ma il cammino è anche questo.

Raggiungo Sahagun, definito il centro del cammino, dato che dovremmo essere a metà strada, non senza aver notato che in questo paese, come mi aveva segnalato Alain, ci sono ben quattro locali notturni (non credo per i pellegrini).

Prendo un cafè solo in un bar scalcinato (ad una bambina offrono del prosciutto cotto poggiandolo direttamente sul tavolino!) e mi riposo su di una panchina quando mi raggiunge affaticata e sofferente, senza zaino la determinatissima Marinella. Non difetta certamente di carattere la tosa ligure/friulana! 

Si arriva a Bercianos intorno alle 13,30, l’orario di apertura dell’ostello, la cui gestione è molto simile a quella di Graňon: volontari e momenti conviviali nella cena e di preghiera (qui, però, ti danno il loro sello).

Ci aprono Carmen e Rosa, le due volontarie di turno che ci spiegano come sarà la vita a Bercianos.

Arrivando per primi ci scegliamo una stanza a quattro e, oltre a Giovanni, Marinella ed io, si aggrega il tedesco Andy, che Giovanni – chissà perché – ha ribattezzato Brian.

Le hospitalere si prodigano per Marinella con thé e infusi e, ovviamente, molto riposo. In effetti Marinella si spara delle ore di sonno pomeridiano, favorite dal fatto che non siamo nella camerata, ma in una più tranquilla stanza a quattro letti.

Io esco e visito uno dei due bar del paese dove prendo una cerveza accompagnata da duroni di pollo.

In TV c’è la finale del torneo di tennis di Montecarlo, che vede in campo due spagnoli: Nadal e Verdasco. 

I preparativi per la cena comunitaria sono compiuti in serenità e l’ambiente, gestito da Carmen e Rosa, è ottimo. In cucina dà una mano Federico, che da allora sarà definito el gran cocinero, e il pranzo nel refettorio è allegro e abbondante, totalmente fornito dall’albergue; i pellegrini mettono il loro donativo in una cassetta che c’è all’accoglienza (io metto 10 euro).I macarones con verdura sono buoni, ma leggermente scotti, ma quando chiedono il parere a noi italiani diciamo che sono…ottimi.

Alcune tedesche si mettono all’opera a lavare piatti e a rimettere in sesto la cucina e anch’io do una mano.

A sera vi è, per chi vuole, un momento di preghiera e di riflessione in tutte le lingue dei pellegrini presenti. E’ toccante. Mi sembra di notare che il modo di parlare di Rosa sia molto simile a quello di Marina, l’hospitalera di Graňon.

Alla fine ci vediamo fuori dall’ostello perché vorremmo vedere tramontare il sole, il  compimento di un’altra giornata. Ci sono delle nuvole, ma il momento è lo stesso toccante e la foto che ne vien fuori non è male.

Da alcuni conti fatti in 17 tappe abbiamo fatto 438 chilometri.


[1] Ermanno sarà ad Astorga  il 23 aprile

 


(Fine ottava puntata - continua)

 

 

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Piazza Scala - marzo 2011