Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Sesta puntata
 

 

6 aprile – martedì – Puente de la Reina/Estella (quinta tappa)

 

Capirete quanto e come ci si sia riposati nella notte trascorsa! Ma, in compenso, ci siamo trovati nel cuore della notte a ridere come dei matti e a stringere amicizia con i tre simpaticissimi spagnoli chiamati ora “i tre tenores”, ora “i tre bandidos”.

Si chiamano Lito (diminutivo di Manuel), Manolo e Fernando, tre incredibili pellegrini che marciano sempre insieme. Manolo spesso deve fermarsi per stendere la schiena e le gambe appoggiandosi ai bastoncini e, a causa della sua andatura da cow-boy, gli altri dicono che cammina come Fraga Iribarne, un noto uomo politico spagnolo.

Ci faranno compagnia per parecchi giorni e chilometri!

Sveglia alle 5,45 e un’ora dopo siamo già per la via e puntiamo ad Estella che dista 22 chilometri.

La giornata è bella e si riscalda progressivamente.

In un’area di descanso (riposo) immergiamo i piedi nell’acqua fredda di una fontana. Grande refrigerio!

Nel tragitto conosciamo Maurizio, un italiano di Nepi. Un tipo veramente strano, vestito di nero e con barba e una treccia di capelli brizzolati . Sembra un prete ortodosso o una specie di santone. Quando attraversiamo dei tunnel sotto l’autostrada, li utilizza come cassa armonica e intona canti con voce angelica.

Cava fuori dal suo zainetto un libriccino e mi fornisce consigli su come combattere l’extriccion, la stitichezza che continua ad affliggermi. Mi chiedo come io possa seguire i suoi consigli e prepararmi delle tisane o decotti e decido che sarà meglio ricorrere alle tradizionali farmacie che in Spagna, inizio a scoprire, hanno orari davvero strani: dalle 10,30 alle 14,00 e dalle 16,30 alle 20,00.

Raggiungiamo l’albergue di Estella che appare ben tenuto e piuttosto centrale. Quando scopriamo che ci hanno messo accanto ai “tre tenores” convinco Marinella ad andare dall’hospitalero all’ingresso (la cui bocca è fornita di quattro denti)  a cambiarci di stanza. In cambio di tre baci Marinella ci riesce e saliamo al terzo piano, non senza che i tre spagnoli – compresa la nostra manovra – ci augurino scherzosamente di trovare qualcuno peggio di loro!

Si fa appena in tempo a fare una doccia tranquilla che la stanza viene invasa da un gruppo di pellegrini in bici.

Si fa il bucato, approfittando della bella giornata e del giardinetto interno.

La città di Estella è grande e fa una certa impressione ritrovare macchine, negozi e confusione.

Durante un primo giro in città, oltre a consumare un improbabile gelato, scopriamo diverse farmacie in centro. Io ne approfitto per acquistare alcune compresse per la mia stitichezza e Marinella dei solari e un prodotto contro l’herpes, a cui aggiungiamo una confezione di integratori minerali, le nostre “bombe”.

Nello slancio compriamo anche uno sciroppo anti-russo per Giovanni.

Più tardi ci raggiunge  ed usciamo nuovamente: visita della chiesa di San Miguel e, dietro consiglio della gentile signora dell’Azienda di turismo, si va a cercare il negozio BELAGUA che è il più fornito per materiale e attrezzatura da escursione. L’obiettivo è comprare un paio di scarpe come Dio comanda a Giovanni!

Al negozio facciamo conoscenza con Tonio, il gentilissimo titolare che con una mimica da attore consumato, spiega a Giovanni i requisiti che devono avere un paio di scarpe da trekking, il tutto concluso con un “Personal! Personal!” che ci farà sbellicare anche nei giorni a seguire! Alla fine Giovanni esce dal negozio con ai piedi della SALOMON fiammanti e dotate di suola in Vibram.

Marinella compra un paio di ghette e io una nuova cappellina (mantellina) da pioggia (la vecchia gialla è stata distrutta e sepolta da Giovanni presso una fontana nelle vicinanze di un vigneto). La mia mantellina rosso fiamma sarà in seguito oggetto di commenti entusiastici da parte di alcune attempate pellegrine americane.

La serata si conclude con la spesa ad un minimarket e l’organizzazione di una pasta alla carbonara da parte di Marinella, vivamente sponsorizzata da Giovanni. Il momento conviviale nel refettorio dell’albergue è intenso e ci si scambia cibo e chiacchiere con tutti, compresi Paki e suo marito che mi offrono chorrizo (salame). Sono convinto che Marinella abbia preparato carbonare migliori e alla fine tutti a lavare i piatti e a sistemare la cocina dell’ostello.  

Nella notte scopriremo che lo sciroppo anti-russo per Giovanni non è che funzioni poi così tanto! 

 

 

7 aprile – mercoledì – Estella/Los Arcos (sesta tappa)

 

Partiti da Estella raggiungiamo in breve la famosa “fonte del vino” gestita dalle Bodegas Irache. Dopo un sorso di buon vino della Navarra si riparte, salvo poi  scoprire che ho lasciato alla fonte i bastoncini!

Lascio lo zaino dietro un muretto e a piedi faccio la strada al contrario per recuperarli.

Maurizio, l’italiano di Nepi, mi sorride e mi dice che, evidentemente, i bastoncini non sono per me ancora dei veri amici.

Li ritrovo e  riprendo il cammino dopo aver recuperato lo zaino.

Durante il cammino, ad eccezione del giacchino antivento che Ermanno non ritroverà più, non mi è mai capitato di sentire notizie in ordine alla sparizione o furti di qualcosa.

Raggiungiamo Los Arcos dove troviamo un refugio gestito da una coppia di belgi, molto precisi che ci assegnano i letti. Per Giovanni vale ormai la vecchia solfa del “compaňero peregrino qui tiene dolor alla pierna e marcha muy lentamente”, anche se con gli hospitaleri belgi  si può parlare benissimo in francese, chiacchierando di Kim Clijsters e Justine Henin o del magnifico collettivo che era la nazionale belga di Vincenzino Scifo o di Cuelemanns.

La chiesa di Los Arcos, al suo interno, è stupenda, con i retablo dorati e assistiamo alla Santa Messa. Decido di lasciare lì i 5 euro di offerta di Moreno e Antonella e ritiro un’immaginetta della Madonna di Los Arcos con il sello della chiesa che terrò nel marsupio per tanti giorni. Quando, da Sarria, mi deciderò di spedirla…non arriverà mai a Lecco!

Ritroviamo la coppia sudafricana, quella dei giovani giapponesi e scatto una foto a Maurizio su una panchina mentre medita e si prepara al pediluvio serale.

 

 

8 aprile – giovedì – Los Arcos/Logroňo (settima tappa)

 

La guida dice che oggi abbandoniamo la Navarra ed entriamo nella Rioja. Sarà anche un semplice segnale stradale, ma l’ingresso nella nuova communidad mi dà carica e forza. Vuol dire che si cammina e si procede davvero!

Il tragitto è in mezzo ai vigneti che ad aprile sono solo dei rami bassi e con le vigne tenute a formare tante T. Marinella mi fornisce elementi di enologia e agricoltura che derivano dalla sua friulanità.

La tappa è pesante e la stanchezza si sente nel tratto finale, costituito da percorso urbano. Prima dell’ingresso in città troviamo il banchetto che fu della Seňora Felicia e che adesso è gestito dalla figlia Maria. Ti mette il suo sello in cambio di un’offerta. Ci fornisce anche indicazioni sulla via per Logroňo.

A fatica si sale sul ponte sul fiume Ebro e poi si raggiunge l’ostello che è….chiuso!

Infatti apre alle quattro del pomeriggio e, per un’oretta, liberati di scarponi e piazzato lo zaino all’ingresso a segnare il nostro posto, si attende la sua apertura. Mi guardo riflesso in una vetrina e così conciato sembro davvero un pellegrino stanco in ciabatte!

Albergue nuovo, ma con docce affollate. Continuo a non andare in bagno e le compresse di Estella saranno di origine vegetale, ma non funzionano. Dovrò cambiare tattica e trovare qualche altro accorgimento. Provo l’attacco concentrico, costituito dalla prugne secche acquistate al mercato e i microclismi!

La città è grande e mi sembra fin troppo grande.! Un giro per il mercato cittadino, un thè ad un bar dove scriviamo alcune cartoline e si va alla ricerca di un posto dove cenare, ma è troppo presto per gli orari spagnoli.

Finiamo in un locale dove servono le tapas e dove un cameriere, con l’indolenza e l’aplomb di uno capitato lì per sbaglio, ci serve. Giovanni e Marinella si scatenano con le tapas più strampalate; io cerco cose classiche, ma tutti rifuggiamo dalle orecchie di agnello fritte.

Va a finire che quella è la cena e si prende la via dell’albergue, ma i due, intrigati da un signore che vedono passare, munito di un’attrezzatura di cartone che sostiene un bicchiere di cioccolata calda e dei churros da inzuppare, fanno sosta ad una bancarella dove consumano quelle che si chiamano in Sicilia le “crispedde”. Io mi rifiuto di mangiare quelle cose fritte in un olio di cui non so l’origine!

 

Le prime luci dell’alba ci trovano nel refettorio con Giovanni e una coreana a chiacchierare in inglese.

 

 


(Fine sesta puntata - continua)

 

 

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Piazza Scala - novembre 2010