Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Dodicesima puntata
 

1 maggio – sabato – Melide/Pedrouzo Arca – 29esima tappa

Anche in Spagna è la festa del lavoro e i sentieri del cammino, vuoi perché siamo negli ultimi cento chilometri, vuoi perché è giorno di festa sono più intensamente frequentati, anche per delle vere e proprie gite fuori porta! D’altro canto per gli spagnoli il percorso del cammino può essere sotto casa ed essere familiare. Per il pellegrino partito da Saint Jean Pied de Port e in cammino da un mese la cosa può risultare un po’ fastidiosa: questi gruppi marciano con zainetti leggeri, a ritmi discontinui, parlano, cantano e ridono troppo. Io invece vado a passo costante e lento, senza strappi e in solitario silenzio.

Un ragazzo nel vedermi seduto su di un muro (in Galizia le aree di descanso pubbliche spariscono quasi del tutto), senza scarpe mi chiede se va tutto bene. Sono ridotto così male?

Alla fine della giornata c’è l’albergue consigliatomi da Giovanni, il più bello del tragitto, il Puerta de Santiago. Per 10 euro letti a castello puliti, servizi impeccabili, musica in filodiffusione. Io prendo il letto vicino al giardino zen. Che goduria, grazie Giovanni.

Il paese si sviluppa lungo la strada principale e sorgono dubbi sulla strada da intraprendere l’indomani. La guida ti consiglia di tornare indietro, ma ci sono stati degli aggiornamenti e, dopo un sopralluogo, capisco che non è necessario.

Durante il sopralluogo vengo avvicinato da un gruppo di italiani; sono tre donne un uomo che mi chiedono in spagnolo notizie sul percorso. Sono di Roma e strabuzzano gli occhi quando dico che sono partito da Saint Jean. Si sentono quasi in colpa perché hanno iniziato da Sarria, con gli zaini trasportati e dormono in albergo. Devo dire che ci godo un po’ nel vedere che mi osservano come un marziano, soprattutto quando racconto qualcosa.

Ceniamo insieme e alle 21,30 si va a dormire. Antonio, il canadese che dorme sotto l’austriaco che fa il cammino prendendosela comoda, si rivela un gran roncador, ma ci ho fatto l’abitudine e ho i miei tappi.

Stento a prendere sonno: capisco che domani sarò a Santiago e l’emozione mi assale. Il giardino zen contribuisce a conciliarmi con il sonno.

 

2 maggio – domenica- Pedrouzo Arca/Santiago de Compostela – 30esima tappa

Come si fa a dormire? Oggi raggiungo la meta.

Al bar incontro dei ragazzi di una scuola superiore di Avezzano che fanno il cammino partendo da Sarria, in una settimana. Non male come idea, piuttosto che le solite destinazioni.

I ragazzi sono un po’ imbranati e la cameriera nel bar affollato non dà loro retta. Fornisco qualche dritta di approccio e, quando mi chiedono da dove vengo, mi guardano in modo meravigliato: “Da Saint Jean e da un mese in marcia?”. Un po’ mi inorgoglisco, lo devo confessare.

Poi via nel bosco di eucalipti che porta alla destinazione. Scambio di sms con Ermanno che ricorda perfettamente il profumo di quei boschi, la febbrile voglia di divorare la strada che ti assale, tanto che marcio tre ore di fila a passo spedito esenza fermarmi mai.

All’altezza della TV galiziana mi sorpassano, senza zaino, alcuni ragazzi della scolaresca abruzzese con due professori; marciano veloci, troppo veloci, tant’è che li ritrovo al Monte del Gozo a massaggiarsi i piedi e li sorpasso con la mia cadenza. Mi chiedono se sono io quello che ha fatto 800 chilometri (i ragazzi li avranno avvisati) e si ripromettono, una volta in pensione di farlo anche loro.

L’ingresso in città è lungo e trovo una famiglia spagnola e una pellegrina austriaca, alla ricerca della strada giusta. Si inizia a salire verso la parte alta della città; sono emozionatissimo e cerco la Praza Obraidoro. Passo dalla Porta del Camiňo e nel portico che conduce alla piazza che si apre maestosa ai miei occhi. Mi vengono le lacrime agli occhi e contatto Maria per telefono. Non ci riesco e mi richiama lei a distanza di qualche minuto. Quando le dico dove mi trovo e che ce l’ho fatta scoppio in un pianto irrefrenabile e le lacrime scendono copiose. Piango a dirotto e non me ne vergogno. Se quella piazza potesse raccogliere tutte le lacrime versate nei secoli!

Che emozione!

Sento Ermanno che mi dà alcune dritte e raggiungo l’Oficina del Peregrino dove ritiro la mia Compostela, con il mio nome scritto in latino e con l’impiegata che, dopo aver consultato un foglio, scritto in tutte le lingue mi fa gli auguri in italiano.

Deposito la mia mochilla  e vado in piazza. E’ domenica e la moltitudine di gente è incredibile. Di entrare nella Cattedrale non se ne parla, vi è una lunghissima fila dove ritrovo Hans; ci sono i ragazzi abruzzesi, Alain, Goliardo il brasiliano che ha avuto problemi alle gambe e tornerà a Barcellona; le due ragazze tedesche che sanno il mio nome e la brasiliana e la coreana.

Decido di andare ad abbracciare San Giacomo, dove la fila è minore. Mi abbandono alle possenti spalle del Santo e gli chiedo protezione e serenità per la mia famiglia e per me. Prego sulla sua tomba. Il cuore mi batte a mille e la coronarografia si conferma fatta bene, dopo un mese e 800 chilometri a piedi.

Un filo di tristezza mi assale nel comprendere che non ho potuto condividere questa gioia con Giovanni, Kina, Marinella, i tre bandidos. Il cammino è questo: condividere pezzi di strada e di vita con tante persone.

Con le indicazioni di Giovanni ed Ermanno trovo Casa Felisa, in Rua de la Peňa, vicino a Praza San Martin.[1] Per 20 euro a notte una stanza singola, con servizi non in camera. E’ pulita e centrale e ci si può mangiare. Quanto basta.

Dopo un po’ di riposo alle 19,30 vado alla Messa; non c’è il botafumeiro e vengono citati i ragazzi della Scuola italiana “Ettore Majorana” di Avezzano. Probabilmente il pellegrino italiano venuto da Saint Jean è stato nominato alle Messa delle diciotto (ma non mi importa più di tanto).

La cena a Casa Felisa conclude la giornata intensa ed emozionante e si va a letto. In un vero letto con lenzuola e cuscino e la TV.

 

3 maggio – Lunedì – Santiago de Compostela 

Ho un’intera giornata per la città, anche se il mio pensiero è rivolto alla partenza di domani e al fatto che riabbraccerò Maria, Elena e Laura, le mie tre donne.

Santiago è più tranquilla rispetto a ieri, che era domenica e c’era il ponte del Primo Maggio. La piazza oggi è invasa da centinaia di studenti vocianti: è la festa della lingua gallega e in piazza vi è un palco con musica e scenette recitate da attori.

Uno spruzzo di pioggia mi porta a ripararmi in Cattedrale, dove avverto un forte odore di incenso e con allegria scopro che è in piena azione il possente botafumeiro!

Ripetendo quello che avevo fatto con Marinella a Burgos, prendo il trenino turistico che parte da Praza Obradoiro e fa il tour della città. La scopro molto bella, giovane con una forte presenza di studenti della plurisecolare università. Una città che mi sembra abbia saputo mescolare il vecchio con il nuovo, senza sbavature o cose orribili.

E’ anche giornata di acquisti, adesso che non ho problemi di appesantire lo zaino!

Certo, sennò le mie donne non mi farebbero entrare a casa!

 

Nel pomeriggio, dopo una siesta, raggiungo la parte moderna della città: negozi, anche di lusso, macchine, mezzi pubblici; diventa più anonima e uguale a tante altre città. Penso che a Maria piacerebbe girare per negozi e veder vetrine. Non mi viene voglia minimamente di fare shopping.

Una lezione del cammino è l’essenzialità, la sostanza delle cose e credo che ne abbiamo troppe, in eccesso in un mondo dove la distribuzione del benessere è attuata decisamente male. Che senso ha possedere tante scarpe, polo, golf o seguire la moda. Ma questo lo tengo per me. Lo stesso fatto di condividerlo a qualcuno credo che sarà liquidato: “Certo tu hai fatto il cammino di Santiago!”

Ma la verità è che con un certo senso di compatimento osservo la corsa all’ultimo capo, alla griffe, allo status symbol. Purtroppo anche questa crisi sta determinando dei dolorosi e feroci ridimensionamenti.

In ogni caso avverto con forte chiarezza che l’essenza della vita è altrove.

 

Con l’occasione localizzo la fermata del bus che domani mi condurrà all’aeroporto, che dista 11 km dalla città.

 

A pranzo gran comida con il menu del dia a Casa Felisa: sopa de cabacin (zuppa di zucchine) bella calda; stofado de ternera (spezzatino) e flan alla frutta come postre (dessert). Sono talmente pieno e il fatto che non smaltisco marciando che per cena prenderò un tè (in un baretto di Praza San Martin) e un croissant fresco ad una panaderia.

 

Fa freddo e inizia a piovere, ma il pisolo pomeridiano mi dà energia.

Colgo l’occasione per andare, come suggerito da Ermanno, in Praza Immacolata a cercare le ombre dei pellegrini proiettate sui muri. Ne trovo due che sembrano davvero due peregrinos in marcia, con il bastone e la zucca vuota! Allucinazioni? Che cabacinas avrò mai mangiato?

Praza Obradoiro di notte è superba, solitaria e stupenda. E’ la prima volta che la vedo al buio.

Maria mi dice che le piacerebbe visitarla. Chissà mai, magari se supera il timore di affrontare le quasi tre ore di volo!

 

 

4 maggio – martedì – partenza da Santiago de Compostela

Con gli orari da pellegrino non è un problema svegliarsi alle sei e mezza. Il pullman per l’aeroporto passa alle 7,45 e nell’andare all’aeroporto rivedo pezzi di strada fatti a piedi solo due giorni prima.

Ricevo, e mi fa piacere, sms di Libero e di Betty e Paolo che si complimentano con me per essere riuscito a raggiungere Santiago.

All’aeroporto trovo i quattro romani di Pedrouzo che vanno a Madrid a fare scalo (ma se c’è il diretto per Roma Fiumicino?). Partenza e arrivo puntuali (anzi con mezz’ora di anticipo) e a Fiumicino trovo Ermanno con Andrea che mi vuole condurre a Roma Termini. Ma la YARIS fora e raggiungo la stazione in metropolitana.

E’ inutile affannarsi a prendere il treno dato che la differenza fra un Eurostar e un Frecciarossa, a parità di prezzo, è solo di un quarto d’ora.

Viaggio e sono vestito sempre da pellegrino e magari puzzo anche un po’. Ma ne sono orgoglioso nel sentirmi diverso.

 

Raggiungo Lecco e Maria mi attende in auto. L’abbraccio è molto sentito e partecipato. Mi dice che sono magro (ho perso 4,4 kg rispetto alla partenza) e probabilmente puzzo anche.

Al mio arrivo le ragazze mi guardano in modo strano: dopo 35 giorni da quella sera piovosa del 31 marzo il ritorno a casa avviene in una piovosa sera del 4 maggio.

 

Nella mia vita ho incastonato una gemma preziosa e insostituibile.

 

[1] In gallego il camino diventa camiňo e la Plaza diventa Praza.


 


(Fine dodicesima puntata - continua)

 

 

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Piazza Scala -agosto 2011