Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Undicesima puntata
 

27 aprile – martedì – Trabadelo/Hospital de la Condesa – 25esima tappa 27 km

 

Mi alzo bene e il tendine tibiale anteriore destro non cigola né fa male: grande David Abel Simon Cabezas da Astorga!

Con una certa precauzione inizio ad affrontare il Cebreiro. Mi arriva una telefonata  di incoraggiamento da Marinella (che è avanti) e che mi dice che ce la faccio sicuramente.

Sulle mie spalle è tornato lo zaino Ferruccio. In alcuni pezzi in solitaria, un po’ come Tom Hanks che parlava con Wilson il pallone di volley, personalizzo le cose; lo zaino marca Ferrino è diventato Ferruccio e i bastoncini sono diventati Stick e Stock (li riconosco uno dall’altro perché, durante la discesa di Molinaseca, uno è rimasto senza l’anello di plastica).

Salgo con calma e costanza, facendo qualche pausa. Lo zaino non mi pesa più di tanto. Fermata ristoratrice a La Faba dove giungono ciclisti stremati dalla fatica. Durante il tragitto raggiungo il cippo che sancisce l’ingresso in Galizia e che dice che mancano 152 chilometri a Santiago; mi faccio immortalare da una giovane tedesca di passaggio. La Galizia è l’ultima regione da attraversare, dopo la Navarra e la Castilla y Lèon e la cosa costituisce un’iniezione di fiducia e di vigore.

 

L’arrivo al Cebreiro non mi procura particolari emozioni. Faccio fatica ad accendere un cero all’interno della chiesa, dato che non ci sono fiammiferi o accendini e devo utilizzare un po’ di carta come stoppino. Ma alla fine ce la faccio. Una preghiera particolare per Maria e per tutti sotto la statua della Madonna con il Bambin Gesù (Santa Maria la Real).Quando riprendo il cammino mi distraggo e dopo un po’ comprendo che il sentiero imboccato non è quello giusto (sale ancora, invece di scendere). Torno indietro e mi viene in soccorso una flecha amarilla a ridosso del refugio; per un lungo tratto non trovo né segnali né frecce, ma la guida mi tranquillizza dicendo che si tratta di una strada alternativa, ma valida. Nella ripida discesa i ciclisti mi sfrecciano accanto veloci. In basso vedo la destinazione.

Intorno alle 16,00 sono a Hospital de la Condesa, dominata dalla puzza di stalla[1] e dalla presenza delle vacche galiziane. L’albergue regionale, come tutti inaugurato da Fraga Iribarne, Governatore galiziano è nuovo, ma sprovvisto di tutto!

Luis Miguel si dà da fare e, bussando alle porte delle case, trova una pentola e dal carrello della spesa di Pedro (un monumentale pellegrino che procede armato di carrello della spesa su rotelle e facendo solo tragitti su asfalto) salta fuori un pacco di riso.

Alla fine con tre uova, riso e chorrizo e pane viene fuori la cena, consumata con Paco e Miguel, due spagnoli in cammino.

Hospital offre talmente tante attrattive che alle 20,30, con ancora tanta luce siamo in branda!

E’ la sera che scopro che Luis Miguel è un prete. E’ di Valladolid, ha quarant’anni circa e da dodici è sacerdote. Dal suo carattere sempre allegro[2], il suo spirito di iniziativa pensavo fosse un Direttore commerciale o qualcosa del genere. Quando gli chiedo perché non me l’aveva detto prima mi risponde serenamente: “Perché non me l’hai chiesto prima?”

 

28 aprile – mercoledì – Hospital de la Condesa/Sarria – 26esima tappa

 

I primi 17 chilometri li faccio con Luis Miguel. E’ sicuramente un prete di quelli giusti: conosce don Milani ed è in contatto con Gesualdi, uno dei “ragazzi di Barbiana”; gli viene l’orticaria quando si parla dell’Opus Dei che in Spagna è una potente organizzazione; non apprezza in particolar modo Comunione e Liberazione; a breve andrà nella Repubblica Domenicana e starà lì come missionario per cinque anni. Una gran bella persona, solare, positiva, ottimista. Di questi preti si parla poco, non fanno notizia.

Ci lasciamo a Triacastela: lui prosegue per Samos, io prendo la variante di San Xil.

A Triacastela scopro i primi pentoloni all’aperto dove viene cucinato il pulpo gallego, il pulpo a feira, ma di mattina…non è cosa.

Il percorso diventa verdeggiante e si cammina spesso in sentieri costeggiati da grandi e freschi alberi.

A Furela sono senz’acqua e mi è venuta una certa fame.

La guida dice che fino a Sarria, che dista otto chilometri, non c’è più niente!

Ma per fortuna non è vero e trovo un bar dove una birra e un plato combinado a base di petto di pollo mi fanno tornare a sorridere alla vita.

Un cliente spagnolo litiga con la signora del bar per il pane duro e la porzione di chorrizo che gli appare inadeguata.

Fa caldo e i sette km per Sarria sono tutti su asfalto. Con fatica raggiungo la città che, se non altro, intravvedi da lontano.

Mi faccio mettere il sello all’albergue municipal, ma decido di non dormire lì per due motivi:

-          me ne ha parlato molto male Giovanni;

-          manca la televisione e stasera c’è Barcellona – Inter, decisiva per stabilire chi va in finale di Champions League.

Faticosamente capisco dov’è la Rua Mayor, situata nella parte alta della città e lì trovo un hostal dove mi prendo una singola; il bagno è esterno e la doccia al primo piano, ma per 25 euro va benissimo; e poi c’è la televisione all’ingresso!

Un riposino, un giro per la città, spedisco qualche cartolina e la busta ad Antonella con l’immagine della Madonna di los Arcos (che non arriverà a destinazione) e dopo la cena nell’ostello piombo sulla poltrona a vedere il match con il cuoco e l’addetto alla reception. Partita vibrante, dominata dal Barcellona che, però segna sul finale un goal che non è sufficiente a spianarle il passo per la finale. Partono i fuochi d’artificio dei tifosi del Real Madrid che festeggiano la mancata qualificazione alla finale dei blaugrana. Ad ogni buon conto io ho precisato la mia passione calcistica che non è nerazzurra (Inter de Milan come dicono qua), ma giallorossa, con la magica Roma.

Una notte da solo e senza tappi in un letto con cuscino e lenzuola è un qualcosa di sublime!

 

 

29 aprile – giovedì – Sarria/Gonzar – 27esima tappa

 

Reincontro Luis Miguel e la prima parte del giorno si chiacchiera. Fa molto piacere scoprire che certi valori, come quelli predicati da don Lorenzo Milani non solo non siano appassiti, ma si siano diffusi a generazioni più giovani e fuori dall’Italia.

Adesso si iniziano ad incontrare meson e hostal decisamente belli, che sembrano fatti per i pellegrini degli ultimi 100 chilometri. Mi fermo a fare colazione in uno di questi e riesco ad avere una stampata della mia prenotazione aerea fatta ad Astorga con Ermanno. I servizi igienici sono tenuti in modo impeccabile e ne approfitto per onorarli.

La strada è lunga e il caldo si fa sentire, ma superare il cippo degli ultimi 100 chilometri (c’è quello vero e quello finto!) mi dà nuova lena per  arrivare a Gonzar, altro piccolo paese della Galizia. La fame e la sete sono tante che mi spingono subito a sedermi al bar adiacente l’albergue e far fuori una cerveza con un bocadillo allo jamon serrano che mi riconciliano alla vita.

Dopo aver percorso a grandi passi il ponte sul lago artificiale di Portomarin, raggiungo Gonzar che è davvero uno sputo nel cosmo e gli albergues galiziani continuano a brillare per avere delle dotazioni di cucina inesistenti o quasi. Anche il mio servizio di posate da viaggio (cucchiaio, forchetta e coltello) raccoglie consensi e viene da me usato.

Luis Miguel imbastisce una cena a base di pasta al tonno e chorrizo. A cena siamo in quattro: Luis Miguel, Miguel, Hans (pensionato bavarese che parlo solo tedesco) ed io. Prelevo dal vicino bar quattro Estrella Gallica fresche che tonificano l’ambiente. Hans pensa bene di contraccambiare e sulle note del canto che viene fatto all’Oktoberfest di Monaco di Baviera si conclude la serata, mentre gli altri ci guardano incuriositi.

 

30 aprile – venerdì – Gonzar/Melide – 28esima tappa

 

Anche questa tappa è lunga e pesante (32 km), ma cerco di abbreviare i tempi per arrivare a Santiago un giorno prima e avere modo di visitare e di conoscere la città con calma. Il mio aereo è per il 4 maggio.

Con le indicazioni via sms di Marinella arrivo al Refuge Provisional della città e imparo che che vuol dire…provvisorio! Si tratta di alcuni containers, adibiti a dormitorio, servizi igienici e docce collocati in un enorme hangar. Davvero brutto l’insieme.

A pranzo assaggio il primo pulpo a feira cucinato nel bar di fronte all’albergue. Inizia a piovere e andare in giro in ciabatte non è simpatico (le scarpe da tennis, allo scopo di alleggerire lo zaino, le ho abbandonate all’albergue di Lèon, quando ho avuto le prime avvisaglie dei dolori alla gamba; 700 grammi in meno!) . Devo poi risolvere il problemino della stampata della carta d’imbarco, dato che la RYANAIR applica una penale di 40 euro per chi si presenta sprovvisto al check-in.

L’hospitalera mi indirizza ad un cyber bar al primo piano di un palazzo nella piazza principale di Melide. Lo trovo ed entro in un locale affollato di adolescenti, con molti video che vanno su vari schermi e musica a palla. Raggiungo una postazione di computer e, con una certa fatica e con l’aiuto del giovane barista, riesco nell’impresa. Sono talmente fiero di me stesso che sintetizzo il tutto nella mail che ho inviato nell’occasione:

 

 

 

Il giorno 30 aprile 2010 17.53, Claudio Santoro <santocla@live.it> ha scritto:


Sono a Melide, in un cyber cafe' perche' mi devo stampare il boarding pass per il volo di ritorno del 4 maggio. Senno' la Ryan air ti fa pagare una penale di 40 euro. Sono un po' stanco (oggi 32 km) ma ne mancano 50 a Santiago.
Innalzo vertiginosamente l'eta' media dei ragazzi che sono qua mentre va musica e uno schermo gigante trasmette immagini di non so che cosa.
Con l'aiuto del ragazzo del bar riesco nell'impresa e me ne tornero' trionfante all'albergue. E' una specie di container situato dentro un gigantesco hangar. Alle 7 con Hans, un tedesco con il quale credo ci capiamo al 30% abbiamo appuntamento da Ezequiel per il pulpo a feira. Alle 8,30 a nanna, sperando nella clemenza dei roncadores.
Animo: 50 km alla meta.
Claudio Santoro

Un po’ di riposo nell’albergue/container che va riempiendosi; a fianco a me sul letto a castello superiore c’è una giovane tedesca alla quale offro le mie caramelle acquistate alla farmacia di Carrion los Condes, dato che ha una tosse insistente.

Con Hans si decide di andare da Ezequiel, la mitica trattoria dove si mangia il miglior pulpo gallego della zona. I dialoghi con Hans sono sempre ridotti al minimo, dato che lui non sa inglese e francese e io non so il tedesco. Il polipo è ottimo (è il secondo della giornata ma ne vale la pena) e viene servito in piatti di legno in questo grande stanzone dotato di tavoloni e panche; dai miei vicini spagnoli rifiuto con garbo un piatto dove ci sono dei pezzetti indecifrabili che vengono consumati con lo stuzzicadenti: si tratta di orejas de cierdo e quando realizzo (orecchie di maiale) non tento l’assaggio.

Sono molto stanco e lascio Hans in compagnia della bottiglia di vino tinto ordinata insieme. Dagli spagnoli apprenderò dopo che l’ha terminata in compagnia di altri tedeschi, dove il pover’uomo riesce ad avere una conversazione! La cena è costata 8 euro con il vino.


 

[1] Luis Miguel chiamerà la fragranza “Cacà Chanel”.

[2] “Oh que bueno que bueno” è il suo grido di battaglia.

 


 


(Fine undicesima puntata - continua)

 

 

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Piazza Scala - luglio 2011