Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Nona puntata
 

19 aprile – Lunedì – Bercianos/Mansilla de las Mulas – 18esima tappa

 

Oggi Marinella si sente meglio e riprende la sua mochilla (zaino) sulle spalle, Giovanni decide di mandarlo avanti per un altro giorno. Non sa ancora che per lui sarà una giornata densa di novità.

Faccio strada insieme a Kina e Marinella, due donne che, da sole, hanno intrapreso il cammino. Anche l’amica norvegese sembra ripresa dalle sue disavventure gastrointestinali.

Scopriamo che Reliegos è un po’ come Hontanas: sembra che non arrivi mai, salvo trovarselo tutto ad un tratto alla fine di una discesa. Siamo così poco convinti di essere sulla via giusta che abbiamo bisogno della conferma da parte di un gentile camionista di passaggio.

Scarto il bar con le sedie verdi (mi fanno venire in mente la Libia o la Lega) e ci accomodiamo in quello con le sedie rosse, il colore della marca di birra che le offre. La giornata è bella,, fa piacere stare al tavolino, al caldo sole, bere una cerveza e mangiare un piatto di tortilla preparato dalla signora del bar. Lo faccio con Marc e  Alain a cui si aggiungono Marinella e Kina.

Intorno alle tre del pomeriggio siamo a Mansilla de las Mulas, dove prendiamo posto nell’unico ostello del paese.

All’inizio ci sembra pieno, soprattutto di tedeschi, ma basta attraversare il cortile e scoprire un’ala completamente vuota! Un cartello ci dice che le hospitalere non ci sono, ma che si può prendere posto.

Sono madre e figlia Ana e Laura. Lo zaino di Giovanni è arrivato a destinazione e, dopo una doccia e un riposino, il cortile dell’ostello si anima di gente che chiacchiera, si riposa o fa il bucato.

In un bar con Kina e Marinella prendiamo il sole davanti ad un tavolino ed a una birra fresca. Chiedo al barista del ghiaccio perché ho un tendine della gamba destra che mi fa tribolare. Si farà sentire già da domani!

Laura, seduta su di una sorta di sgabello, inizia a suon di Betadyne e con guanti da chirurgo a curare les ampollas dei pellegrini.

Quando è il turno di Giovanni, di fronte ai suoi piedi gonfi si insospettisce e lo conduce dalla Guardia Medica. Ci va accompagnato da Consilio, il settantenne pensionato di Lugo che mastica bene l’italiano (l’abbiamo battezzato “El Conte” per il suo tratto aristocratico). Il dottore dice che Giovanni non può fare più di 10 km al giorno e che è pericoloso eccedere; il rischio è una flebite.

C’è poco da scherzare. Ma Giovanni dimostra grande presenza di spirito e, consigliato e incoraggiato da Alain, rielabora all’impronta il suo cammino: raggiungerà Léon con i mezzi pubblici (250 km circa) e completerà il suo cammino per gli ultimi 100/120 chilometri, raggiungendo Santiago e la sua meritata Compostela. Con l’occasione procede ad un altro alleggerimento del suo zaino, spedendo altra roba a casa.

Significa anche che dopo più di 450 chilometri percorsi insieme….dobbiamo lasciarci. Il cammino è anche questo e Giovanni non ha nulla da rimproverarsi; anzi in famiglia pensavano che dopo pochi giorni sarebbe tornato a casa! E poi dove lo trovano un pellegrino in jeans e giubbotto di pelle?

Ceniamo (male) alla Taberna del Helo e, da una piazzetta dove la puzza delle stalle emerge pesantemente, chiamo casa da un telefono pubblico.

 

20 aprile – martedì – Mansilla de las Mulas/Lèon – 19esima tappa

 

La tappa non è lunga (una ventina di km), ma dopo i disordini intestinali di Marinella e Kina e i problemi di circolazione di Giovanni adesso tocca a me!

Alla partenza incontriamo Erminio, un baffuto vicentino di 63 anni, ex maratoneta che con tre stents e una carotide parzialmente occlusa fa tappe di 40 km al giorno. E’ partito da Saint Jean il 9 aprile, una settimana dopo di noi.

E’ una persona con la quale ho condiviso solo una giornata, ma che mi ha lasciato il ricordo di una grande forza mansueta, di una persona rocciosa e tranquilla, un bel ricordo, davvero.

Ma oltre al problemino alla caviglia sinistra, adesso emerge prepotentemente quello alla gamba destra, al tendine anteriore che inizia farmi male davvero, Il ghiaccio di ieri non è stato sufficiente, come anche la pomata antiinfiammatoria  utilizzata abbondantemente.

Siamo alle porte di Lèon ed Erminio, inviato da Marinella, torna indietro per raggiungermi con la schiuma al ketoprofene che si è sempre rivelata efficace. Mi pratica un massaggio e raggiungiamo la città che è grande e moderna. Decidiamo di prendere posto in centro città, dalle suore benedettine; l’ostello è affollato e riposo un po’ nella speranza che il dolore diminuisca.

Verso le due del pomeriggio esco e faccio in giro per la città che è davvero bella, con una cattedrale stupenda e maestosa. Dopo aver pranzato continuo il riposo, ma mi rimbalza la domanda: come andrà domani?

Il giro in città con Marinella e Erminio (Kina ha incontrato Ian, un inglese) è gradevole. Compro un ventaglio per Maria (cose leggere da mettere nello zaino) e lascio i 20 euro di offerta di Ninì alla Virgen de la Speranza nella bellissima Cattedrale. Con la gamba che mi ritrovo potrei anche essere costretto ad interrompere il cammino!

Con Marinella ed Erminio rifiutiamo l’idea dell’ennesimo menu del dia e, incrociando un bel supermercato, decidiamo che stasera si cena al refugio che ha un bel refettorio.

Prendo insalata di riso, frutta e il pane fresco che in Spagna è sempre buono. Ne avevo avuto conferma da PAN’S, una specie di fast food, dove a pranzo avevo mangiato un bel panino “norvegese” con salmone affumicato, uova e formaggio fresco che era davvero buono.

Alla reception conosciamo Maddalena, una hospitalera bolognese (una ragazzona di un metro e ottanta) che aiuta Pilar, quella spagnola. Vediamo passare anche un francese con in mano delle radiografie e che candidamente dice di essere affetto da pneumonia (ma non è la polmonite?). Lo reincontrerò a Foncebadon.

Al bar di fronte vedo il primo tempo di Inter-Barcellona con una bella birretta accompagnata da pane e salame (1,60 euro). Ma devo rientrare, perché l’albergue chiude alle 22,00 e alle 21,30 c’è la funzione della benedizione serale (la completa). Vi è una sorta di preparazione a cura di una suora, aiutata nella traduzione da Maddalena. L’invito è ad osservare a godere dello spettacolo della natura e a non essere di fretta nel pellegrinaggio.

Poi si entra nella Domus Dei dove ci attendono le altre suore. Vi sono anche delle ragazze ancora vestite in borghese, delle novizie e delle suore anziane.

L’ambiente è molto particolare, con delle venature anche inquietanti.

Poi a nanna, in un ostello anche questa volta affollata e rumoroso con suoni di vario genere.

Per fortuna il letto è vicino ad una finestra e ne ricavo aria fresca e respirabile.

 

21 aprile – mercoledì – Lèon/Villar de Mazarife – 20esima tappa

 

Seguiamo i consigli del libro/guida inglese che consente di prendere il bus che conduce dalla piazza principale di Léon fino a Virgen del Camino, per evitare gli otto chilometri di traffico urbano e industriale (si tratta dell’1 blu). La mia gamba ringrazia.

Dopo qualche incertezza sulla strada da intraprendere, ci lasciamo alle spalle il paesaggio metropolitano e si riprende nella campagna. La gamba mi fa male e pioviggina.

 

Alla fine, dopo 14 km circa, opto per l’albergue San Anton de Padua che si trova a Vilar de Mazarife; la nostra guida ne parla bene.

Stavolta non voglio lo stanzone/camerata e si opta per una habitacion a due letti (30 euro in due). Abbiamo bisogno di riposare e di fare una doccia come Dio comanda. A me duole la gamba e Marinella non ha ancora recuperato dalla dissenteria.

Ci accoglie Peppe di Alicante un hospitalero strano che mi racconta come, da ex pellegrino, fosse stato trattato male in questo paese e di come si fosse ripromesso di aprire un albergue nuovo e pulito proprio qui (credo che sia aperto da sei anni circa). Mi racconta della sua lotta contro il cancro.

Il refettorio è dotato di un camino che va a pieno regime con davanti una signora olandese e dove è un piacere pranzare in un ambiente pulito e arioso (faccio la spesa in uno dei due negozi del paese). I giornali parlano della partita di ieri e definiscono la vittoria dell’Inter come…..un furto (Robo all’italiana).

Nel pomeriggio parte una clamorosa e benefica siesta. Faccio anche un pediluvio con acqua calda e sale, come consigliato da Peppe che mi confessa di essere vittima dell’ostracismo dei paesani del luogo.

Peppe ci prepara una cena fuori dal normale e tutta vegetariana: insalata, zuppa di cipolle, paella alle verdure e dessert. Bravo Peppe!

Si fanno delle chiacchiere con tedeschi e due spagnoli uno ex bancario anche lui.

Si dorme alla grande anche se lo stanzone di sopra non è così affollato.

 

 

 

22 aprile – giovedì – Villar de Mazarife/Astorga - 21esima tappa

 

Peppe si conferma un grande, con una ricca colazione, impreziosita da  churros caldi e zuccherati.

Peppe sei un grande e ti faccio i miei auguri per la tua vita.

 

Mandiamo avanti gli zaini con la trasportacion ed è una buona idea. Tengo con me un sacchetto di plastica che, con dei cordini, posso accomodarmi sulle spalle; dentro acqua, frutta, la mantellina in caso di pioggia, la credenziale. Cammino leggero con i bastoncini, ma faccio lo stesso fatica.

Raggiunta Astorga  si va all’Albergue San Javier che è a poca distanza dalla magnifica cattedrale. Ritrovo lo zaino che mi attende all’ingresso. Ci accoglie Paco, l’hospitalero di turno.

Un giro per la città e una visita della cattedrale, con il suo museo dove spicca un fiero San Giacomo matamoros. Nel giro di perlustrazione si decide che stasera si mangia la pizza. Siamo in Spagna, la pizza è italiana e il locale si chiama El Argentino. Non male.

Il tendine della gamba destra, quando lo muovo, emette un sinistro cigolio. La norvegese Kina, che facendo la veterinaria dovrà pure intendersene di tendini,  dopo aver messo le due mani sulle gambe mi avverte: “Claudio, be careful!”. E’ evidente che ho una bella infiammazione.

Rientro all’ostello  pensieroso e pieno di dubbi quando mi si fa avanti un gay che mi propone un massaggio rilassante. Non lo mando a quel paese e gli chiedo se se ne intende di tendini. Mi risponde che è materia del fisioterapista e si propone di accompagnarmi presso l’ambulatorio di uno specialista. Lo seguo zoppicando e lui mi mette anche fretta! Cerco di tenere a mente la strada percorsa e arriviamo alle 21,30 presso una clinica. Al citofono gli spiega la situazione e vengo fatto accomodare nella sala d’attesa. Ringrazio Emanuel che mi ha condotto lì.

Scruto con una dose di ansia il titolo di studio di David Abel Simon Cabezas che risulta diplomato in Fisioterapia presso l’Università di Valladolid. Speriamo in bene.

L’impressione fornita da David, 35 anni circa, è ottima. Ho un’infiammazione al tendon tibial anterior  e si deve procedere come segue: prima un massaje muy doloroso, poi un dia de descanso total, 2/3 litri di acqua al giorno e Voltaren. David conclude dicendomi che è un pellegrino anche lui e, se seguo le sue istruzioni, porterò a termine il cammino.

Caspita che chiarezza!

Il massaggio (dalla caviglia al ginocchio) è in effetti doloroso e sudo freddo; termina con l’applicazione di un tape (un cerotto) che dalla pianta del piede sale fino al ginocchio. Lo dovrò tenere per 3/5 giorni. Saluto e ringrazio David (25 euro) che è atteso dall’impaziente chica e ritorno verso l’ostello quando mi chiama Ermanno. In pratica ci vediamo domani e io, per evitargli una tappa troppo breve, gli dico che posso raggiungere Rabanal del Camino in pullman, dato che devo rispettare il giorno di riposo prescrittomi. Ermanno mi dice di non farlo, di non rovinare il mio cammino e che ci vediamo l’indomani ad Astorga. Accetto molto volentieri.

Alle 22,30 (per fortuna l’ostello chiude a quell’ora) sono nuovamente al San Javier e a voce bassa nel buio della camerata dormiente comunico le novità a Marinella e Kina: in pratica domani  dobbiamo lasciarci e avverto con chiarezza che non raggiungeremo Santiago insieme.

 


(Fine nona puntata - continua)

 

 

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Piazza Scala - aprile 2011