Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Decima puntata
 

 

23 aprile – venerdì – Giorno di riposo ad Astorga

 

Al risveglio scappa qualche lacrima: saluto e abbraccio Kina e Marinella che proseguono per la loro strada. Io oggi devo rispettare i dettami di David Abel Simon Cabezas e non si marcia.

La ricerca di un albergo muore sul nascere perché l’hospitalera ha seguito le mie vicende di ieri e quindi mi consente di restare un altro giorno all’ostello. A questo punto prenoto anche un letto per mio hermano Ermanno. Il San Javier non è così male.

L’importante è uscire intorno alle otto per consentire le operazioni di pulizia e rientrare a mezzogiorno circa.

Astorga sembra addormentata, con i negozi tutti chiusi; presto comprendo che è la festa della Castilla y Léon ed è una festa regionale.

Mi piazzo in un baretto sul corso e mi compro El Pais, dato che di quotidiani italiani non se ne parla proprio. Ermanno deve passare di qui e infatti alle 11,30 vedo un ciclista lungo lungo che pedala su una mountain bike! Ci abbracciamo e la situazione appare strana: ritrovarci in terra di Spagna!

Al San Javier Ermanno si concede doccia e un maxi-pisolino pomeridiano; a quell’ora l’albergue è semivuoto e ci scegliamo i posti che vogliamo, sotto l’occhio benevolo di Paco (8 euro per notte).

Il pranzo con un plato combinado è al Gaudì Bar, un locale che ha un po’ di pretese, piazzato di fronte al palazzo vescovile disegnato proprio dal famoso archietetto.

Si passeggia, con visite frequenti ai servizi, data la mia dieta di idrica! Ma non voglio forzare la gamba.

Grazie alla preziosa consulenza di Ermanno vado su  Internet e riesco a trovare per il 4 maggio un volo RYANAIR Santiago de Compostela/Roma Fiumicino a soli 45 euro. Dopo aver fatto una verifica sulle tappe da compiere e calcolato che, se la gamba non fa scherzi, dovrei farcela, lo blocco immediatamente. Che senso ha andare a Madrid per un low-cost per poi andare a Milano o Orio; tanto vale andare direttamente a Roma e poi risalire a Milano.

Faccio gli auguri alla signora Angelina che compie 87 anni e sento  casa.

La giornata di riposo in compagnia di mio fratello scorre placida fra chiacchiere e passeggiate dolci.

Io ogni tanto penso che domani dovrò riprendere a camminare; all’inizio senza zaino, ma ce la farò?

 

24 aprile – sabato – Astorga/Foncebadon-  22esima tappa

 

Poche chiacchiere, si riprende: Ermanno con la sua bici e io a piedi con lo zaino mandato avanti a Foncebadon all’Albergue del Monte Irago.

Ermanno mi supera e ci lanciamo un altro saluto; sono fiducioso.

La gamba tiene e percorro la strada in solitudine. Ma non mi pesa.

L’albergue è tranquillo e fricchettone; sembra gestito da nipoti dei fiori, vale a dire da figli di figli dei fiori. A prima vista sembrano delle famiglie con bimbi anche piccoli, come Valentina che fa un po’ di storie per mangiare. Mi chiedo le ragioni che conducano delle persone giovani a fare queste scelte di vita oggigiorno.

Foncebadon è desolata, con alcune costruzioni in rovina, capre ed asini.

Al Monte Irago siamo in pochi: trovo Andy, il tedesco, una danese, Claudia, una maestrina tedesca, un belga e il francese con la polmonite.

A cena siamo appena in cinque e Oscar, uno dei gestori dell’ostello, alto e panzuto, si dimostra uno chef di fantasia e garbo fuori del comune: antipasti di affettati e formaggio, mega insalata con scampi, spaghetti alla bolognese e dessert di frutta con yogurt e marmellata, il tutto servito con creatività.

Durante la cena apprendo che il belga è rimasto vedovo da poco e che Pierre, il francese di Besançon, ha già fatto a piedi 1800 km! Partito dalla Francia in gennaio ha raggiunto le Alpi, ma è dovuto tornare indietro e attendere tre settimane per poterle valicare a causa della neve. Quando arriverà a Santiago intende continuare e pensa di tornare a casa per fine luglio!

Alle nove tutti a letto approfittando che siamo solo in sei nella camerata.

 

 

25 aprile – domenica – 23 esima tappa – Foncebadon/Ponferrada

 

Si riparte e il primo appuntamento è con la Cruz de Hierro, a soli due chilometri. La raggiungo in mezzo a una nebbia che il sole del mattino stenta a dissolvere.

E’ un momento forte: vedere la montagna di sassi portati dai pellegrini di tutto il mondo. Anch’io deposito il sasso di Avola Antica, con il biglietto firmato da tutti.

L’emozione un po’ si stempera nel vedere alla base della Cruz la foto di due ragazze in topless: evidentemente per qualcuno quello è un desiderio da esaudire.

Pare che le pile della macchina fotografica mi vogliano abbandonare, ma poi ce la faccio a fermare il momento.

Passo da Manjarin dove c’è qualcuno che è convinto di essere un diretto discendente dei Templari. Mi sembrano un po’ fuori di testa e una piccola conferma ce l’ho con un tipo che, spinello alla mano di prima mattina, mi chiede con la bocca un po’impastata: “Hombre, que pasa?”

I cartelli segnaletici, fra le varie destinazioni di Roma, Gerusalemme e Machu Pichu indicano che mancano 222 km a Santiago.

Passo da El Acebo dove c’è il monumento dedicato al pellegrino in bici che si è andato a schiantare[1] e mangio qualcosa in un bar dove un signore mi regala due confezioni di pile per la mia macchina fotografica.

Poi inizia a fare caldo e il percorso prevede  un sentiero sassoso e in discesa che sembra interminabile. La gamba regge alla grande. Il cerotto non si stacca e assiste il tendine infiammato. Gli otto chilometri da Molinaseca a Ponferrada si fanno pesanti, anche per la totale solitudine. Oggi entro nella provincia del Bierzo.

Lo zaino è stato spedito all’Hostal San Miguel di Ponferrada, perché la transportacion non esegue la consegna all’albergue municipal che apre solo alle tre del pomeriggio. Lo interpreto come un segno del destino e al titolare dell’hostal devo spiegare che mi voglio fermare a dormire lì e non solo a ritirare lo zaino. La tentazione di una camera singola, con doccia tutta per me e la televisione è troppo forte e decido di non resistere! Il tutto per 26 euro.

Faccio il bucato e un pisolino tranquillo; giro per la città: è domenica e sembra estate. Le famiglie mangiano gelati e le donne mettono gli shorts. Io prendo una caňa fresca con la classica tortilla. Visito la chiesa della Virgen de la Encina (la Vergine della Quercia) che è una delle tante storie/leggende che costellano il cammino.

Sento Maria che è in giro per Lecco con Giusy ed è di buonumore. C’è il sole ed è una bella giornata!

 

Il castello dei Templari è imponente e ben tenuto. La cena avviene in un locale di fronte al Castello e consumo un altro menu del dia, con merluzzo alla vizcaya. La ragazza del ristorante mi dice che per riprendere la strada dovrei passare dalla cattedrale e non da sotto: non è la strada corretta del pellegrino…ortodosso.

Che bello stanotte si dorme senza sacco a pelo, ma con lenzuola e coperte, con un vero cuscino e senza tappi alle orecchie. Mi guardo un po’ di TV con la Liga spagnola che è al centro dell’attenzione con il duello fra Barcellona e Real Madrid.

 

 

26 aprile – lunedì – Ponferrada/Trabadelo - 24esima tappa

 

Mi sveglio alle sei  e alle 6,40 sono in pista. Memore dell’avvertimento della cameriera prendo la strada corretta e passo dalla Cattedrale anche se devo allungare un po’.

Inizia a far luce ed è lunga attraversare Ponferrada, anche perché dei lavori in corso credo che impongano deviazioni. Passo da Compostela che sembra un quartiere residenziale e a Columbrianos mi attende la terribile scena di vedere penzolare da un albero un uomo che ha deciso di impiccarsi e di togliersi la vita. La scena mi gela il sangue e meno male che c’è già un uomo che mi dice di aver avvisato la Polizia con il suo cellulare. E’ una scena orribile, anche se mi colpisce la compostezza e la tranquillità del corpo penzolante dal platano.

Proseguo a lungo da solo e la scena mi si ripresenta e mi spaventa. Per un po’ di giorni sarà così: girando l’angolo, ad un sentiero mi attendo di trovare qualche corpo appeso con una corda al collo.

Raggiungo Villafranca del Bierzo e la gamba si comporta alla grande. Pranzo in piazza in un tavolino all’aperto, accanto a due antipatiche francesi di mezza età che viaggiano in automobile.

Il tratto fino a Trabadelo è molto faticoso a causa del caldo torrido, della poca acqua e del molto asfalto (l’altra strada sarebbe stata più bella ma più impegnativa e non voglio rischiare). Per fortuna una nuova superstrada decongestiona quella che devo percorrere con a sinistra un fiume e a destra macchine che sfrecciano.

Il cartello di Trabadelo mi fa sapere che il refuge si trova a 1,5 km all’interno del paesino e la cosa non mi riempie di gioia, ma ci arrivo e ritrovo il mio zaino. La macchina che distribuisce acqua minerale fresca è da me assalita. L’albergue è tranquillo e pulito; il paese non esiste e l’autostrada che passa accanto ci regalerà rumori anche a notte fonda.

Faccio il bucato che asciugherà velocemente al caldo sole. Si decide di mangiare in ostello e vado a comprare qualcosa nell’unico negozio del paese. Organizza il tutto Luis Miguel, uno spagnolo di Valladolid: pasta con tonno e pomodoro, insalata e tonno in scatola; insomma si mangia.

 

Mi telefona Ermanno e mi dice che è arrivato alla meta.

 

Ho deciso che domani affronterò il Cebreiro nuovamente con il mio zaino sulle spalle. Un po’ di ansia mi viene, ma ho deciso così. Sarà la prova definitiva per i miei tendini.


 


(Fine decima puntata - continua)

 

 

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Il  collega Marco Vedovato ha realizzato un'interessante guida Internet sulla Via Francigena: clicca qui per visualizzarla

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Piazza Scala - maggio 2011