Cominciamo da Radames, il primo dei
protagonisti ad entrare in scena. Essendo giovane e guerriero, è un tenore. Qui
cominciano i problemi: che tipo di tenore? Lirico o drammatico, eroico o
elegiaco? Dato che Aida è un’opera che riassume tutto Verdi, del pari Radames
richiede un cantante che comprenda i diversi tipi di tenore. Entra in scena e
immediatamente presenta l’aria più famosa, Celeste Aida. Il recitativo che
introduce l’aria è stentoreo all’inizio, ma si addolcisce e ingentilisce quando
il pensiero del guerriero corre all’amata. Risultato: un tenore drammatico (alla
Del Monaco, per intenderci) si esalta nel recitativo e si appiattisce in una
romanza monocorde, da energumeno, sparando il Si bemolle conclusivo là dove
Verdi pretende un pianissimo; un tenore troppo lirico finisce col belare nel
recitativo e sciogliersi nella romanza, con tanti saluti al guerriero. Nella mia
esperienza, Radames è Carlo Bergonzi, di Busseto come il Maestro, capace di
attingere a tutta la gamma dei colori e dei timbri che il personaggio richiede,
senza renderlo né troppo tronfio né troppo stupido, ma solo un giovane che deve
sempre rinunciare a qualcosa (la gloria o l’amore, l’onore o la vita) e alla
fine deve trovare gli accenti giusti, chiuso nella tomba ad aspettare la fine
insieme alla sua Aida. Peccato che madre natura e la cucina emiliana gli abbiano
dato una figura e un giro vita non certo ideali per un condottiero egizio. Ma a
teatro, talvolta, occorre saper guardare con le orecchie.
Aida. I personaggi femminili sono più complicati, nella vita e sul
palcoscenico. Questa giovane donna ha però delle buone ragioni. E’ ridotta in
schiavitù, lei, figlia di re. E’ pur vero che la sua padrona, Amneris, la
chiama sorella, ma tanta tenerezza svanisce appena nella figlia del Faraone si
insinuano sospetto e gelosia. Ama l’uomo che è stato prescelto per combattere
contro il proprio padre e i propri fratelli, che è quindi anche suo nemico. Non
sa da che parte stare. Può solo chiedere pietà ai numi, dopo aver gridato, con
tutti gli altri, “ritorna vincitor”. Il terzo atto, sulle sponde del Nilo, è
quello in cui meglio emerge il dramma di Aida. La trepida attesa di Radames, il
rimpianto dei Cieli Azzurri della Patria perduta, i vortici del Nilo come
estremo rifugio; l’irruzione del padre, Amonasro, che la induce
forzatamente a ingannare Radames per ottenere informazioni utili alla battaglia
dell’indomani. La seduzione dell’amato, l’involontario tradimento e l’arresto di
Radames concludono l’atto. Rivedremo Aida solo nel finale, dentro la tomba, nel
duetto conclusivo, quando la fine di ogni speranza sulla felicità terrena
proietta i due amanti verso l’eternità.
Aida è una dei rari punti d’incontro fra la Callas e la Tebaldi, due cantanti il
cui repertorio era fondamentalmente diverso sì che la rivalità creatasi era per
la maggior parte ingiustificata.
Qui sono entrambe grandi, partendo da presupposti completamente diversi. La
Callas dà al personaggio uno spessore drammatico e un pathos unici, con
raffinatezze di fraseggio che caratterizzano come mai prima il personaggio.
Perché Aida non è soltanto la “buona” opposta alla “cattiva” Amneris. La Callas
ne sottolinea le angosce, la frustrazione, ma anche la capacità di seduzione ed
i momenti di ribellione. La Tebaldi è invece ancorata agli accenti della
tradizione con tutte le sue incrostazioni, ma la voce è talmente sublime che si
passa sopra la consueta recitazione enfatica. Purtroppo stenta negli acuti, suo
tallone d’Achille. Eccellenti Aide sono state la Price, la Gencer e anche la
Caballé. Tutte cantanti di qualche anno fa. Forse non sono molto aggiornato, ma
dei soprani contemporanei non me ne viene in mente uno.
Amneris. Capita, nelle opere di Verdi, che motore dell’azione non sia il
protagonista, ma l’antagonista o comunque un altro personaggio. Basti pensare ad
Azucena nel Trovatore, alla Eboli nel Don Carlo, a Jago nell’Otello. In Aida è
Amneris a muovere le acque. E’ la sua furbizia, alimentata dalla gelosia, che
induce la povera Aida a scoprirsi rivelando la sua relazione con Radames; è lei
che denuncia il condottiero involontariamente spergiuro e lo consegna per il
processo ai sacerdoti. Agli stessi che dopo chiama “tigri infami di sangue
assetate”. Verdi non le assegna una grande aria, ma ne sottolinea gli interventi
con un accompagnamento musicale molto evocativo, che diventa imponente nella
scena in cui la figlia del Faraone si erge a protagonista, quella del primo
quadro del quarto atto, il processo con il duetto “già i sacerdoti adunansi” in
cui implora Radames di salvarsi discolpandosi. E’ l’estremo tentativo per
riconquistare la propria felicità ed è destinato a fallire dinanzi
all’intemerata lealtà del soldato che resta fedele ad Aida. E’ grande, Amneris,
nella disperata gelosia, è grande nell’invettiva verso i sacerdoti in mano ai
quali ha gettato Radames. Ed è a lei che spetta la parola conclusiva dell’opera
“pace t’imploro, pace”, l’addio al suo amore perduto.
Amonasro e l’amor patrio. In Aida c’è anche un ritorno al Risorgimento, così
presente nelle opere degli anni quaranta (Nabucco, I Lombardi alla prima
Crociata, Ernani, La Battaglia di Legnano, musicate fra il 1842 e il 1849). E’
superfluo ricordare l’importanza di Verdi negli anni della battaglia per
l’indipendenza d’Italia. Poteva trattarsi del popolo ebraico, di quello spagnolo
o dei padani d’allora, ma ad essere celebrati erano sempre il lamento di un
popolo oppresso e la sua ansia di libertà. Qui Amonasro, re etiope e padre di
Aida, non bada ai metodi per ridare al suo popolo la libertà perduta. Mette
anche in croce la povera figliola, trattandola malissimo finché non la persuade
ad assecondare i suoi piani di rivincita. La sua invocazione al Faraone, nella
seconda scena del secondo atto, è il pezzo migliore di tutto il quadro.
Quadro che comprende anche la famosa marcia trionfale. Ormai a noi appassionati
esce dalle orecchie ma, quando ci si trova nell’atmosfera e nell’ambiente
giusti, le trombe dell’Aida fanno sempre il loro effetto e sugli spalti
dell’Arena ci siamo spesso sentiti vicino alle piramidi.
Filippo Vasta - maggio 2009
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