Non ti fidàri
mancu di la tò cammisa
letteralmente:
non fidarti neppure della tua camicia. La
camicia è un indumento che sta vicinissimo
al nostro corpo e, come tale, dovrebbe
essere rassicurante in sommo grado. Il
proverbio tuttavia consiglia di andare cauti
anche nei suoi confronti.
E, chiaramente, un po' forzato, ai limiti dell'incredibile, ma
cela una parvenza di saggezza derivante
verosimilmente dalle delusioni patite anche
da persone o amici fidatissimi. Da qui
l'invito alla circospezione. |
Cu non si faci
li fatti sòi c'u la lanterna va cercandu
guai
letteralmente:
chi non si fa i fatti propri, cerca guai con
il lanternino. E' bifronte: positivo
da un lato, negativo dall'altro. Oltre a
suggerire serietà nei comportamenti,diventa
- in certi contesti ambientali -
terrorizzante invito all'omertà. |
Cu vóli ànda e
cu non vóli manda
letteralmente: chi vuole, vada; chi non
vuole, mandi. Sembra dettato da un
malfidente. Deve impegnarsi personalmente
chi vuole acquisire certezza sulla riuscita
di qualcosa che gli sta a cuore; fidarsi
degli altri è bene, ma fino a un certo
punto, anzi non fidarsi del tutto è ancora
meglio.
In altre parole, chi fa da sé fa per tre. |
Cu l'avi si li
god'i cuntentizzi, cu no, scippa taccuni e
menti pezzi
letteralmente:
chi possiede la felicità (benessere
materiale) ne gode beatamente i frutti; chi
ne è privo vive di espedienti e di...
rattoppi. Desolata constatazione, quasi una
condanna, di forti diseguaglianze nel tenore
di vita, accentuata dall'amarezza della
rassegnazione. Si ripete nell'altro: |
Cu avi faci navi
e cu no si vind'und'avi
letteralmente: chi possiede ricchezze
può costruire perfino navi; chi invece non
ne ha è costretto a vendere anche quel poco
che possiede |
Cu avi mugghièri
bella sempri canta, cu avi dinari pocu
sempri cunta
letteralmente:
chi ha una bella moglie canta sempre e chi
ha pochi quattrini li conta sempre. Delicato
omaggio alla bellezza femminile che ha anche
il potere di suscitare contentezza d'animo,
e commiserazione (o tenerezza?) verso chi,
disponendo di scarse risorse, ne controlla
frequentemente la consistenza nella vana
illusione di scoprire che sono aumentate. |
Àmandi
una e no nd'amàri tanti
all'atri cacciatilli di la menti
se nd'ami tanti non sì ver'amanti
t'ammazzi, ti cunsumi e non fai nenti
letteralmente: ama una sola donna e non
tante, togliti le altre dalla mente; se ne
ami tante non sei un amante vero: ti
consumi, ti distruggi e non concludi nulla.
Più che un proverbio, è un inno alla fedeltà
e un ponderato invito alla... continenza. |
L'amuri di
luntanu è comu l'acqua 'ndo panaru
letteralmente:
l'amore da lontano è come l'acqua in un
paniere. L'acqua introdotta in un cesto non
ha speranza di rimanervi: tutt'al più
l'inumidisce. Allo stesso modo, un amore fra
due persone fisicamente lontane alla lunga
si affievolisce fino a non lasciare traccia
di sè. |
A' vogghia mi
ndi fai rizzi e cannòla
lu santu ch'è di marmuru non suda
letteralmente: puoi agghindarti, farti
bella, fin che vuoi: il santo di marmo non
potrà mai sudare (fare miracoli). Prende
spunto dal vezzo, tutto femminile, di
imbellettarsi per suscitare l'altrui
interesse e conclude che di fronte a certe
situazioni di irremovibilità non c'é
allettamento che tenga. |
Chiàcchiari
e tabbacchèr'i lignu
‘u Banch'i Napuli no 'ndi mpìgna.
letteralmente: sulle chiacchiere e le
tabacchiere di legno il Banco di Napoli non
concede prestiti su pegno. Rifuggire, cioè,
dalle fanfaronate e muoversi sul terreno
delle cose serie e concrete. |