Megghiu t'o
mamma mi ti ciangi
ca lu suli di marzu mi ti tingi
letteralmente: meglio che tua madre ti
pianga morto, anziché il sole di marzo
ti colpisca, ti abbronzi. Esagerato
invito a non esporsi anzitempo (marzo)
ai raggi del sole. Elioterapia a tempo
debito!
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'A gaìna faci l'ovu
e 'o gàju 'nciabbrusci'o culu
letteralmente:
la gallina fa l'uovo e il gallo accusa il
dolore. Ricorda vagamente la favola delle
mosche cocchiere che, svolazzando sul capo
dei buoi, volevano dare ad intendere di
esser loro a trascinare il carro.
Esortazione a non prevaricare, a starsene al
proprio posto, a non impadronirsi,
soprattutto, di meriti che competono ad
altri. |
Se vò pèrdari
l'amico, mprèstanci dinari o fàjlu zzitu
letteralmente:
se vuoi privarti di un amico hai due
possibilità: prestargli denaro o procurargli
una fidanzata. Per il denaro si tratta, è
ovvio, d'ingratitudine. Il provvedimento
invece di tagliare i ponti con l'amico che
si è adoperato di procurare una fidanzata
sembra imposto dal sospetto che la
preesistente conoscenza o confidenza di
costui con la donna prescelta possa condurre
nel tempo a sorprese poco gradevoli. |
Càrsaru, malatìa
e necessitati scandàgghianu lu cori di
l'amici
letteralmente:
la detenzione, la malattia e il bisogno
misurano il grado d'intensità
dell'amicizia. Ed è vero. |
'U cani s'arrispetta
p'o patrùni
letteralmente: il cane dev'essere rispettato
per il suo padrone. Cioè, se rispetti una
persona non puoi maltrattare il suo cane
(anche se i cani ti sono antipatici). Il
rispetto, come del resto conferma il
successivo proverbio, è onnicomprensivo. |
'U rrispettu è
misuratu cu ndi vóli nd'av'avìri portàtu
letteralmente:
il rispetto è misurato: chi lo pretende per
sé deve portarne anche agli altri. |
Cu manìa non
penìa
letteralmente: Chi maneggia non soffre. Chi,
per lavoro o per altri motivi, ha occasione
di maneggiare denaro o ricchezze, non vive
in ristrettezze: qualcosa gli resterà pur
sempre. |
'U gabbu ven'o
labbru
letteralmente: lo stupore celatamente
compiaciuto per l'altrui disgrazie o
difficoltà prima o poi si trasformerà in
disgrazie o difficoltà proprie. Occhio,
quindi! |
Quandu 'u Re
cadi l'Asu trema
letteralmente: quando il Re è costretto ad
essere giocato, l'asso è in grave pericolo.
Si dice nel gioco del 'tresette' dove
bisogna 'rispondere' alla mossa degli
avversari con carte dello stesso colore o
seme. E' usato come proverbio anche per
descrivere certe situazioni di precarietà o
di imminente pericolo a cui sono esposte
persone o cose. |
'U bisognu 'mpara
'a via
letteralmente: il bisogno, la necessità
insegna la strada, indica il comportamento
da tenere. Non c'é come trovarsi in
particolari circostanze di difficoltà per
intuire quale debba essere la via, la
soluzione per togliersi dall'impaccio. |
Aria netta non
avi paur'e tronu
letteralmente: l'aria pulita, il cielo
terso, non ha paura del tuono. Chi ha la
coscienza a posto non ha nulla da temere. |
Cu si guardàu si
sarvàu
letteralmente: chi si è riguardato si è
salvato. Meglio cioè non correre eccessivi
rischi; la prudenza non è mai troppa. |