I proverbi (sesta parte)

Megghiu t'o mamma mi ti ciangi
ca lu suli di marzu mi ti tingi

letteralmente: meglio che tua madre ti pianga morto, anziché il sole di marzo ti colpisca, ti abbronzi. Esagerato invito a non esporsi anzitempo (marzo) ai raggi del sole. Elioterapia a tempo debito!

'A gaìna faci l'ovu e 'o gàju 'nciabbrusci'o culu
letteralmente: la gallina fa l'uovo e il gallo accusa il dolore. Ricorda vagamente la favola delle mosche cocchiere che, svolazzando sul capo dei buoi, volevano dare ad intendere di esser loro a trascinare il carro. Esortazione a non prevaricare, a starsene al proprio posto, a non impadro­nirsi, soprattutto, di meriti che competono ad altri.
Se vò pèrdari l'amico, mprèstanci dinari o fàjlu zzitu
letteralmente: se vuoi privarti di un amico hai due possibilità: prestargli denaro o procurargli una fidanzata. Per il denaro si tratta, è ovvio, d'ingrati­tudine. Il provvedimento invece di tagliare i ponti con l'amico che si è adoperato di procurare una fidanzata sembra imposto dal sospetto che la preesistente conoscenza o confidenza di costui con la donna prescelta possa condurre nel tempo a sorprese poco gradevoli.
Càrsaru, malatìa e necessitati scandàgghianu lu cori di l'amici
letteralmente: la detenzione, la malattia e il bisogno misurano il grado d'inten­sità dell'amicizia. Ed è vero.

'U cani s'arrispetta p'o patrùni
letteralmente: il cane dev'essere rispettato per il suo padrone. Cioè, se rispetti una persona non puoi maltrattare il suo cane (anche se i cani ti sono antipatici). Il rispetto, come del resto conferma il successivo proverbio, è onnicomprensivo.

'U rrispettu è misuratu cu ndi vóli nd'av'avìri portàtu
letteralmente: il rispetto è misurato: chi lo pretende per sé deve portarne anche agli altri.

Cu manìa non penìa
letteralmente: Chi maneggia non soffre. Chi, per lavoro o per altri motivi, ha occasione di maneggiare denaro o ricchezze, non vive in ristrettezze: qualcosa gli resterà pur sempre.

'U gabbu ven'o labbru
letteralmente: lo stupore celatamente compiaciuto per l'altrui disgrazie o difficoltà prima o poi si trasformerà in disgrazie o difficoltà proprie. Occhio, quindi!

Quandu 'u Re cadi l'Asu trema
letteralmente: quando il Re è costretto ad essere giocato, l'asso è in grave pericolo. Si dice nel gioco del 'tresette' dove bisogna 'rispondere' alla mossa degli avversari con carte dello stesso colore o seme. E' usato come proverbio anche per descrivere certe situazioni di precarietà o di imminente pericolo a cui sono esposte persone o cose.

'U bisognu 'mpara 'a via
letteralmente: il bisogno, la necessità insegna la strada, indica il comporta­mento da tenere. Non c'é come trovarsi in particolari circostanze di difficoltà per intuire quale debba essere la via, la soluzione per togliersi dall'impaccio.

Aria netta non avi paur'e tronu
letteralmente: l'aria pulita, il cielo terso, non ha paura del tuono. Chi ha la coscienza a posto non ha nulla da temere.

Cu si guardàu si sarvàu
letteralmente: chi si è riguardato si è salvato. Meglio cioè non correre eccessivi rischi; la prudenza non è mai troppa.

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