I proverbi (quinta parte)

Pìgghiala mi li vali e nò mmi l'avi
letteralmente: scegliti una moglie che valga tantissimo denaro anche se poi non lo possiede. In altre parole, le qualità morali devono fare premio su quelle materiali.

Cu si curca ch'i figghiòli si ìsa cacatu
letteralmente: chi va a letto con i bambini si sveglia sporco. Chi frequenta persone poco affidabili o immature ne resta fatalmente influenzato, ha tutto da perdere.

'A rrobba annorba
letteralmente: il benessere acceca, modifica i comportamenti abituali L’ingor­digia non ha confini - - L'occasione fa l'uomo ladro.

'A rroba d'i l'avaru s'a mangia 'u sciampagnuni
letteralmente: i beni accumulati dall'avaro saranno consumati dallo scialac­quatore. Non è raro che accada proprio questo,, che - cioè - quasi per un riequilibrio imposto dal destino, le ricchezze accantonate per avarizia vadano in mano a chi poi le dissipa con rapidità pari alla sua insipienza o con voracità pari alle sue antiche ristrettezze e privazioni.

Centu muschi jèttanu 'n cavàju
letteralmente: cento mosche fanno cadere persino un cavallo. Come dire che l'unione fa la forza.

Se 'u diàulu t'accarizza, vóli l'anima
letteralmente: se il diavolo ti blandisce, desidera la tua anima. Stai circo­spetto, diffida, non lasciarti convincere da certi allettamenti perché hai tutto da perdere.

Cu perdi ccappòttu e rricupara mantu
é veru ca perdi, ma non perdi tantu

letteralmente: chi perde il cappotto ma riesce a recuperare un mantello limita notevolmente il danno. Riuscire a salvare il salvabile da una tempesta equivale ad essere fortunati o, quanto meno, non del tutto sfortunati.

Cu di speranza campa, disperatu mòri
letteralmente: chi vive sperando muore disperato, povero. Bisogna, cioè, fare esclusivo affidamento sui propri mezzi e sulle proprie qualità anziché confidare nell'aiuto altrui che, sovente, non arriva.

Matrimoni e viscuvati di lu cèlu sù comandati
letteralmente: matrimoni e vescovadi discendono da Dio.

Cani c'abbaia assai muzzica pocu
letteralmente: il cane che abbaia non morde. Il chiacchierone non gode di buona fama, non è credibile.

 

'U cani muzzic'o sciancàtu
letteralmente: il cane morde chi è già zoppo. Le disgrazie non arrivano mai sole.

'A lingua non avi l'ossa e rrumpi l'ossa
letteralmente: la lingua non ha osso ma rompe le ossa. Gravissimi sono i danni derivanti dall'uso della lingua come arma offensiva (Ferisce più la lingua che la spada). Sembra di cogliere un invito al moderato uso delle parole.

Non è vejànu cu vejànu nasci vejànu è cu fa la villania

letteralmente: non esiste villano per definizione: villano è soltanto chi si comporta come tale.

'U diàulu non avi chi mmi pettina e tundi lana
letteralmente: il diavolo non ha nulla da pettinare e tosa lana. L'occupazione principale sarebbe di pettinare e basta; pensare alla tosatura equivale a deviare, disattendere il lavoro principale. Come dire che è necessario occu­parsi delle proprie attività senza cambiare ....territorio e piantar grane.

Cu sparti rricchizza rresta 'n povertà
letteralmente: chi divide, ripartisce una grossa eredità si ritrova povero. Era costumanza antica che le grosse fortune passassero in capo al primogenito e che - addirittura - gli altri fratelli non si sposassero per mantenere integro il patrimonio e con esso il potere, la forza e l'ascendente del casato. Il proverbio prende atto di queste aberrazioni.

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