Settima
puntata
Parla il Duce
“Camerati della vigilia, Squadristi, Fedeli della prima e di
tutte le ore” Sempre quella sua voce maschia, possente,
incisiva e conclusiva. Ogni parola era un’idea, una
sentenza, una verità. Sembrava il destino medesimo d’Italia
che parlasse con la voce di quell’Uomo. E la folla ne veniva
come travolta. Il discorso lo avete ascoltato alla radio, lo
avete letto e lo rileggerete. Ma quando il Duce accennò a
Tunisi, a Gibuti, al Canale di Suez, quando confermò che il
Mediterraneo – geograficamente, storicamente, politicamente,
militarmente – è uno spazio vitale per l’Italia, e quasi a
ribadire l’affermazione continuò: “Più cannoni, più navi,
più aeroplani, a qualunque costo, perché quando si è forti
si è cari agli amici e temuti dai nemici”, la folla sembrava
in delirio.
- Si capisce! – esclamò il colonnello- Le nazioni vecchie e
ricche, le quali hanno tutto, bisogna che si rassegnino a
fare i conti con le nazioni giovani e forti, che hanno bene
il diritto di vivere…E’ la giustizia che s’impone. Bisogna
sentire quella marea umana scandire le tre parole del credo
fascista “Credere! Obbedire! Combattere!” Che momenti, che
momenti!
La corona d’Albania a Vittorio Emanuele
…
L’Assemblea Costituente albanese, interprete della volontà
della nazione, nella seduta del 12 aprile 1939,
dichiarò la sua fede nell’Italia fascista, la quale
garantiva all’antico e valoroso popolo amico l’ordine, il
rispetto di ogni fede religiosa, il progresso civile, la
giustizia sociale e, con la difesa delle comuni frontiere,
la pace. L’Assemblea offrì a Vittorio Emanuele III, Re
d’Italia e Imperatore d’Etiopia, la Corona d’Albania.
I nemici d’Italia masticarono amaro….ma dovettero
rassegnarsi ancora una volta alla volontà del Duce, il quale
ebbe a dichiarare: “Il mondo è pregato di lasciarci
tranquilli, intenti alla nostra grande e quotidiana fatica.
Il mondo deve in ogni caso sapere che noi, domani come ieri
come sempre, tireremo diritto”. A buon intenditor….
“Fa, o gioventù italiana di tutte le scuole e di tutti i
cantieri, che la Patria non manchi al suo radioso avvenire;
fa che il Ventesimo secolo veda Roma, centro della civiltà
latina, dominatrice del Mediterraneo, faro di luce a tutte
le genti”
Mussolini
21 Aprile 754 A.C. – Natale di Roma
Sono passati quasi 2700 anni. Roma splende e trionfa,
invincibile ed eterna.
Nel giorno sacro della Nascita di Roma, l’Italia fascista
glorifica le sue origini e innalza la fatica dei suoi figli,
umili e grandi, con la Festa del Lavoro
Le razze
…..
Razza latina
Una sola di queste civiltà potè resistere ai secoli:
quella mediterranea o latina; formata e modellata da Roma,
si può considerare come la più gloriosa della terra, perché
ebbe dominio sulle altre razze. Dal Mediterraneo partirono i
primi grandi navigatori: gli italiani Caboto, Colombo,
Vespucci, Pigafetta e Pancaldo; i portoghesi Magellano,
Bartolomeo Diaz, Vasco De Gama; gli spagnoli Cortes,
Pizarro, Mendoza ed altri. E soprattutto italiani furono i
grandi esploratori terrestri come Niccolò, Maffeo, Marco
Polo. Solamente più tardi, ammaestrati dall’esperienza
latina, si mossero gli inglesi, i francesi, gli olandesi,
armando le loro flotte e conquistando immensi imperi
coloniali.
Gli ebrei
Ma fra i nuovi conquistatori si era mescolata la razza
giudaica, disseminata lungo le rive del Golfo Persico e
sulle coste dell’Arabia, dispersa poi lontano dalla Patria
d’origine, quasi per maledizione di Dio, e astutamente
infiltratasi nelle patrie degli Ariani. Essa aveva inoculato
nei popoli nordici uno spirito nuovo fatto di mercantilismo
e di sete di guadagno, uno spirito che mirava unicamente ad
accaparrarsi le maggiori ricchezze della terra.
L’Italia di Mussolini, erede della gloriosa civiltà romana,
non poteva rimanere inerte di fronte a questa associazione
di interessi affaristici, seminatrice di discordie, nemica
di ogni idealità.
Roma reagì con prontezza e provvide a preservare la nobile
stirpe italiana da ogni pericolo di contaminazione ebraica e
di altre razze inferiori.
Dopo la conquista dell’Impero venne bandita, ad esempio, una
severa crociata contro il pericolo della mescolanza fra la
nostra razza e quella africana (meticciato). I popoli
superiori non devono avere vincoli di sangue con i popoli
assoggettati, per non venir meno ad un’alta missione di
civiltà, per non subire menomazioni di prestigio e per non
porre in pericolo la purezza della propria razza.
9 Maggio 1936-XIV – Il Duce fonda l’Impero
Gioventù del Littorio!
L’Impero non è nato dai compromessi sui tavoli verdi della
diplomazia, è nato da cinque gloriose battaglie combattute
con uno spirito che ha piegato le enormi difficoltà della
materia ed una coalizione di stati quasi
universale.
Mussolini
Tre date
2 ottobre 1935: ha luogo l’adunata nazionale delle
forze del Fascismo, ordinata dal Duce. Oltre 20 milioni
d’italiani, in Patria e all’estero, ascoltano, attraverso la
radio, le parile del Capo, che annunzia la ferma volontà
dell’Italia di farsi giustizia in Etiopia ed iniziare una
nuova fase gloriosa della sua storia. L’adunata e il
poderoso discorso del Duce hanno risonanza mondiale.
“Camicie Nere della Rivoluzione!
Uomini e donne di tutta Italia!
Italiani sparsi nel mondo, oltre i monti ed oltre i mari!
Ascoltate!
Un’ora solenne sta per scoccare nella storia della Patria!
Venti milioni di uomini occupano in questo momento le piazze
di tutt’Italia. Mai si vide nella
storia del genere umano spettacolo così gigantesco. Venti
milioni di uomini, un cuore solo, una volontà sola, una
decisione sola. La loro manifestazione deve dimostrare e
dimostrerà al mondo che Italia e Fascismo costituiscono una
identità perfetta, assoluta, inalterabile.
Non è soltanto un esercito che tende verso i suoi obiettivi,
ma è un popolo intero di quarantaquattro milioni di anime,
contro il quale si tenta di consumare la più nera delle
ingiustizie: quella di toglierci un po’ di posto al sole.
…..
…..
…..
Italia proletaria e fascista, Italia di Vittorio Veneto e
della Rivoluzione, in pied! Fa’ che il grido della tua
decisione riempia il cielo e sia di conforto ai soldati che
attendono in Africa, di sprone agli amici e di monito ai
nemici, in ogni parte del mondo: grido di giustizia, grido
di vittoria.”
…..
5 maggio 1936 XIV “Oggi alle ore 16, alla testa delle
truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba – Badoglio”
Bandiere, bandiere, bandiere! Fiumane di popolo per tutte le
città, le borgate ed i villaggi d’Italia. Campane a stormo,
gioia e fierezza su tutti i volti. Trionfo, quando il Duce
pronunciò il 9 maggio le storiche parole: “Levate in alto,
Legionari, le insegne, il ferro e i cuori, a salutare, dopo
quindici secoli, la riapparizione dell’Impero sui Colli
fatali di Roma.”
Colpito
......
Gli aviatori escono rapidamente dall’apparecchio, osservando
il guasto, tentano di ripararlo, ma la torba nemica, urlante
di gioia feroce, si accosta strisciando alla macchina
italiana, il cui grande cuore ha cessato di
pulsare.
I due eroi hanno di fronte una turba numerosa di barbari
assetati di vendetta, i quali sembrano dire: “E’ la nostra
volta ora”.
Che fare contro quei selvaggi urlanti? Difendersi e
difendere il velivolo tricolore. Minniti impugna la
rivoltella e Zannoni manovra la mitragliatrice con tale
calma e precisione che molti nemici cadono e gli altri se
fermano esitanti; poi indietreggiano, si pongono al riparo
di grossi alberi e di la sparano rabbiosamente contro i due
prodi. Zannoni si accascia sulla mitragliatrice ferito
mortalmente. A quella vista, Minniti, il fanciullo
sorridente e felice, è divenuto terribile. I suoi occhi
mandano lampi. Con la rivoltella in pugno si scaglia sui
nemici, spara tutti i colpi che gli rimangono, getta poi con
disprezzo contro gli assalitori e rimane fermo, in piedi,
quasi in atto di sfida alla sorte avversa. Capisce che è la
fine per lui. Rivolge un ultimo pensiero all’Italia, al
Duce, ai suoi cari, alla bella terra di Calabria. Sembra che
dal crelo la mamma gli tenda le braccia aspettando….
Il martire
Ma i barbari, appunto perché tali, non possono
commuoversi dinanzi a tanto eroismo. Essi vedono che ormai
non c’è più nulla da temere; raggiungono d’un balzo
l’aquilotto dalle ali mozze, lo colpiscono, lo insultano, lo
straziano – cento contro uno – e si inferociscono sempre
più, perché dalle labbra del morente sboccia un ultimo
grido: “Viva l’Italia”.
Orbene, se io vi dico che la bella testa del martire fu più
tardi portata in trionfo ad Harrar, voi Balilla e voi
Piccole Italiane non dovete piangere. Badoglio e Graziani
seppero vendicare terribilmente la fine di Minniti e Zannoni,
le due fulgide “medaglie d’oro”.
Pensate che oggi, su tutto l’impero che un giorno era del
Negus, sventola la Bandiera Italiana, apportatrice di
civiltà ovunque, simbolo eterno di gloria e di vittoria.
L'ultimo desiderio
Ora, lo so; sono vecchio e per me è finita; ma non m
dolgo, perché ho potuto vedere l’Italia grande e imperiale.
Una cosa solamente vorrei per essere felice: tornare nella
terra lontana dei monti, alla bufera, al vento, fra le nevi
eterne; essere sepolto ai piedi di una croce alpina e
sentire ancora, come in un misterioso sussurro, la santa
voce degli eroi.
….
Fa, o gioventù italiana di tutte le scuole e di tutti i
cantieri, che la patria non manchi al suo grandioso
avvenire; fa che il ventesimo secolo veda Roma, centro della
civiltà lativa, dominatrice del Mediterraneo, faro di luce a
tutte le genti.
Mussolini
Solo avendo l’orgoglio umile di obbedire, si conquista poi
il diritto di comandare
Mussolini