KENIA    -   AFRICAN   -   SAFARI

22 Agosto – 08 Settembre 1974

Testo di Cesare Fasolato

 

Terza parte

Raccontare il deserto a qualcuno che non l’ho mai visto, non è impresa da poco; è affascinante ed alienante, immobile e sempre diverso, bellissimo e superbo, spaventoso ed entra in noi, lasciandoci perplessi e timorosi. Vortici d’aria alzano trombe di sabbia che corrono veloci fino a svanire sfrangiate dal vento. Fenomeni ottici, dovuti al grande calore che sale dal terreno, trasformano l’orizzonte in azzurre distese d’acqua in cui le montagne lontanissime, appaiono come isole. Le auto che ci precedono, sembrano galleggiare a mezz’aria. Siamo turbati e incuriositi. I nostri volti sono trasformati in vere e proprie maschere di color rosso; ci fotografiamo a vicenda ma in fretta perché c’ è il timore di rimaner lontani dagli altri che poi invece sono vicini a noi, appena venti o trenta metri.
Entriamo a North Hort, estremo lembo abitato e sul confine di un altro deserto, quello etiopico; l’aspetto del villaggio è prettamente western con carovane di cammelli al posto dei cavalli, qualche casa in muratura, poche anime che ci guardano curiose e interroganti.
Poi nuovamente a Sud con altre estenuanti ore di deserto per giungere finalmente a Marsabit, sede di altra Missione cattolica.
Un lodge ci permette il restauro ed il ristoro necessari; nel menu della cena troviamo anche gli spaghetti e ciò contribuisce non poco al recupero delle forze fisiche e morali. La notte ci vede ospiti della Missione dove
dormiremo nelle aule della scuola evitandoci cosi di montare il campo, con notevole risparmio di energie e di tempo.
Marsabit è famosa per il suo parco naturale dove gli elefanti la fanno da padroni con grande gioia delle nostre macchine fotografiche.
L’obiettivo di domani sono i RENDILLE, tribù costretta in riserva razziale nella zona compresa tra Kargi a Nord, Mikulal a Ovest, Ililuat a Sud, Logo Logo a Est. La riserva Rendille è una savana desertica di circa 100 Km. di raggio. Le piogge sono molto scarse e di gran lunga inferiori alle necessità sia delle persone che degli animali. Unico cespite idrico è un pozzo che dà acqua salata e calcarea, tre pozzi nella zona periferica Est ed alcune buche scavate a mano, in cui gocciola acqua di roccia sudorifera, in quantità di circa 2 metri cubi al giorno.
La marcia di avvicinamento è dura e per la pista veramente accidentata che attraversa il deserto del Korr e per la temperatura che è sempre molto elevata; anche una delle due guide, pur abituata, ne risente e la fatica smorza l’allegria.
Confidiamo nel buon funzionamento di ogni macchina e , consapevolmente, ogni equipe vigila sull’auto che la precede e su quella che la segue; formiamo così, nel deserto che stiamo attraversando, una lunga, ideale cordata di sei mezzi e ventisei uomini. Un ben celato e velocissimo sistema di avvistamento segue la nostra carovana per cui, quando arriviamo nella prima “manyata” del villaggio ( così sono chiamati gli agglomerati che formano il villaggio) veniamo festosamente accolti dagli uomini Rendille che, con i loro bimbi e padre Redento, ci stanno aspettando, ben informati del nostro arrivo.
Ci rendiamo immediatamente conto dell’estrema povertà di questa gente.
Quelle che padre Redento, con ottimismo, ci addita come capanne, non sono altro che pelli o sacchi sostenuti da rami, unica civetteria architettonica, la forma ovoidale uguale per tutte. Una barriera di rami spinosi protegge l’insieme dalle fiere e crea la manyata o, per dirla a nostro modo,l’unità urbana. La tribù ha molte di queste unità, collegate tra loro da piste appena visibili e percorrendo le quali si può essere agevolmente sbranati dalle belve, considerando anche che queste piste vengono percorse di notte per evitare il più possibile il grande caldo.
In un punto sicuro sistemiamo il nostro campo. Tutto ciò che gli indigeni vedono uscire dai nostri bagagli, suscita il loro desidero e le richieste vanno dal bicchiere d’acqua al piccolo contenitore della marmellata, alla canottiera che abbiamo addosso, ma se non diamo non c’è risentimento, solo rassegnazione.
Trascorreremo in mezzo a loro quattro o cinque giorni ; ci rendiamo conto che qui non esiste il bisogno psichico di un bene materiale ma solo necessità e sufficienza e che nulla viene sprecato o accumulato, nel rispetto istintivo della legge comunitaria: quello che non mi è necessario può servire ad altri.
E’ inevitabile a questo punto pensare a ciò che il nostro mondo super organizzato spreca: cibi, medicine, indumenti. Qui una maglietta di lana può salvare un bimbo risparmiandolo dai forti sbalzi di temperatura esistenti tra giorno e notte: il 70% degli indigeni muore di polmonite nei primi tre anni di
vita. Padre Redento, che vive qui con loro ed come loro è una eccezionale tempra di uomo e di missionario, sta combattendo per la soluzione del problema esistenziale di questa gente: l’acqua. Se non si trova al più presto tutta la tribù, circa trentacinquemila persone, è destinata a soccombere.
Con mezzi raccolti in Italia, sono già state impiantate due trivelle per la ricerca dell’acqua a grandi profondità, ma occorre andare avanti con i lavori per raggiungere qualche risultato.
Nell’attesa che uomini ringrazino altri uomini per un bicchiere d’acqua che viene tenuto a lungo e solennemente tra le mani prima di essere sorseggiato, assistiamo anche alla fame e alla miseria di questa gente , fame con la “ F “ maiuscola, la fame che noi non ci è dato nemmeno d’immaginare. In queste condizioni si può ben capire come l’igiene del corpo sia considerata sciocca vanità e le necessarie abluzioni vengono fatte con l’urina degli animali.
Il bestiame è l’unico sostentamento dei Rendille e rappresenta la tangibile ricchezza della famiglia, oltre che mezzo di scambio: il cammello funge da unità monetaria e le capre da spiccioli. Con il bestiame si acquista la moglie e tutto ciò che è essenziale nell’arco della vita e raramente viene ucciso.
Ciononostante l’ospitalità è tenuta in tale conto che in nostro onore viene cucinata una capra; la dobbiamo consumare sotto gli occhi compiaciuti di tutto il villaggio, re compreso. Il nostro disagio è notevole ma così vuole il cerimoniale che continuerà con danze e canti fino all’alba.
Possiamo fotografare tutto e tutti, chiedere, ascoltare: padre Redento è abile interprete. Ciò che ora sappiamo su questa gente, può costituire materia per un interessantissimo libro.
Quando viene il giorno e l’ora della partenza, i Rendille non sono più, per noi, una rarità da fotografare; i gesti propiziatori , le collane di perline, i visi colorati, rivestiti del loro particolare significato, non ci appaiano più incomprensibili espressioni selvagge.
S’è spezzato il diaframma tra la cosiddetta cultura superiore e quella inferiore, s’è avviato un dialogo amichevole, umano.
Lasciati i Rendille la nostra ultima tappa è il Samburo Park.
L’importanza di questo parco merita una sosta; la fauna è ricchissima, tutti i grandi mammiferi della l’Africa sono qui rappresentati. L’ubicazione e l’organizzazione dei Lodge, facilita il nostro fotografare:
solamente il re della foresta, il leone non si presenta all’appuntamento; nella notte assistiamo, accompagnati dai guardiani armati del parco, all’avvicinarsi dei leopardi per abbeverarsi nel fiume che scorre nei pressi: uno spettacolo che ci gratifica di tanta fatica e di tanta amarezza.
Il giorno dopo puntiamo su Isolo ; poi le “Sette cascate” del fiume Tana per trovarci poi sulle grandi strade che conducono all’altipiano di Nairobi.
Questo viaggio che in verità avrebbe dovuto essere un safari, un’evasione e nulla più, invece ha obbligato noi tutti a ridimensionarci un pochino, a sentirci meno bene dentro la pelle bianca, ad avere conoscenza di problemi inimmaginabili, una visione nuova e realistica di gente come noi e da noi tanto diversa. Abbiamo visto che l’uomo di pelle nera è rimasto un elemento trascurabile nel panorama africano, quasi una singolarità del paesaggio, talvolta meno prezioso della fauna locale e possiamo dire di aver cercato la sua voce al di là del convenzionale rumore dei tam tam.

Genova, ottobre 1974                                                      
                       Cesare Fasolato

 

 

INDICE

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2

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3

06 aprile 2010 - Terza ed ultima parte

 

 

 

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