KENIA    -   AFRICAN   -   SAFARI

22 Agosto – 08 Settembre 1974

Testo di Cesare Fasolato

 

Prima parte
 

Siamo sul Jumbo Jet che ci porterà a casa dopo tre settimane di Africa.
Ecco, ci eravamo stati, avevamo toccato con mano una terra fantastica, estremamente eterogenea per natura, abitanti e condizioni sociali; avevamo percorso millenovecento Km. di strade e piste con caratteristiche lunari; avevamo scattato centinaia di fotografie e girato duemila metri di pellicola.
Stiamo ritornando ricchi di materiale ma soprattutto di sensazioni nuove e l’uno e le altre stanno ad indicarci la validità del viaggio che, volutamente, non ha ricalcato nessun clichè turistico.
Venti giorni or sono eravamo sbarcati a Nairobi, dopo dodici ore di viaggio e con un lunghissimo balzo avevamo sorvolato la nostra Penisola, il Mediterraneo e l’immensa vallata del Nilo; l’alba ci aveva sorpreso lassù oltre le nuvole e l’aurora ci aveva estasiati con tinte di sogno poi, le sterminate e verdi distese e il quasi inavvertito atterraggio a Nairobi. Piove e fa freddo ciò che è giusto per una città a millesettecento metri che vive d’agosto il suo inverno.
Trasporto rapido in albergo, cena a base di cibi esotici e l’indomani mattina , di buon’ora, tutti pronti su grosse fuoristrada : Toyota e Land Rover con il nostro carico di viveri , apparecchi fotografici, tre cineprese ma soprattutto di entusiasmo il che non guasta per quello che ci aspetta. Tutto è stato studiato, discusso, predisposto ma l’imprevedibile è in noi, l’avventura ci sta dinanzi.
Le prime graffianti sensazioni le subiamo uscendo dalla giovane Nairobi; nei sobborghi regna un’indicibile miseria. Miseria non povertà. La povertà la troveremo poi ovunque, fino alle tribù più lontane ma là tutto sarà omogeneo: l’ambiente arido e avaro, l’uomo paziente e tenace, saldamente uniti l’uno all’altro.
Qui sterminati ghetti racchiudono masse di disadattati: non è possibile passare dalla capanna alla catena di montaggio senza profonde fratture e smarrimenti.
Questo è il primo colpo di spugna alle nostre fantasie.
Il Kenya è attraversato da una immensa depressione, La Rift Valley o Valle Spaccata ( qui le dimensioni non contano più, tutto è enorme, a perdita d’occhio); in essa sono adagiati piccoli laghi che la punteggiano su, su fino al grande Lago Rodolfo. Uno di questi è il Nakuru; intorno ad esso 50.000 Kmq. di paradiso terrestre e volatili, costituiscono il Nakuro Park, nostra prima tappa. I giovani stati africani hanno capito l’importanza economica dei parchi naturali che attirano irresistibilmente il vecchio mondo “civile”, oggi interessato a ciò che ieri ha distrutto, e ben li proteggono.
Qui vivono indisturbati ed in condizioni ambientali perfette, fenicotteri bianchi e rosa, pellicani,cavalieri d’Italia, gabbiani, gru ed in questo Eden naturale le nostre attrezzature fotografiche hanno il loro da fare. Il sole
perpendicolare del mezzodì è una difficoltà in più ma la passione ha ragione sulla tecnica e i “clic” si sprecano.
Prima di sera attraversiamo l’equatore e intirizziti dall’intenso freddo dei 2500 e più metri di altitudine, imprechiamo contro le fantomatiche calure africane. Fortunatamente la prima notte ci vede al riparo dalla pioggia e dal freddo, nella casa della nostra guida a Thomsons Falls.
La mattina dopo di buonora ci avviamo per le strade ( si fa per dire) polverose percorse da sgangherate corriere stracariche di umanità ammassata in ogni dove che ci guarda incuriosita com’è consuetudine in questi luoghi e incredula di vedere qualcuno veramente diverso; da parte nostra la curiosità e lo stupore non sono da meno alla vista di questa umanità di cui non pensavamo neanche potesse esistere. A questo punto il confronto è inevitabile….qui è meglio vivere da fenicotteri.
Finalmente ecco la savana in uno splendido indescrivibile , coloratissimo tramonto. Trascorreremo qui la seconda notte: dormire sotto le stelle in un brulicare di vita silenziosa ma attivissima, è una esperienza straordinaria. Il sapere che intorno a noi antilopi, zebre, scimmie, sono pasto abituale di leoni e leopardi, non concilia il sonno. Nella profondità della notte ogni legame con il razionale si rompe ed un grande desiderio di conoscere e vivere questa terra, ci prende. A questo pensiero tutto è sacrificato: comodità, riposo, forma e fatica.
Che sia questo il mal d’Africa?
All’alba ci rimettiamo in movimento e presto raggiungiamo il villaggio di Maralal desiderosi di immortalare con foto e pellicola cinematografica questi luoghi particolari e raccomandati dalle guide; ma ciò che ci era stato detto circa la “socialità” di questi individui, corrisponde a sacrosanta verità. Gli indigeni non gradiscono gli scatti delle nostre macchine fotografiche e di conseguenza ci dobbiamo accontentare di poco; in cambio ci assillano con estenuanti offerte di ninnoli e di armi da taglio in un’atmosfera astiosa e per nulla cordiale; decisamente la lunga presenza inglese non ha contribuito a facilitare i rapporti con l’uomo bianco. A questo punto onde non subire ulteriori attacchi di venditori, decidiamo di accamparci a qualche kilometro dal villaggio per consumare una frugale colazione. Siamo provvisti di sedie, sgabelli, tavolini quasi fosse una gita fuori città ma l’acqua da bere calda e corretta con amuchina, non è certo paragonabile ad un buon e fresco vinello casereccio. Senza pericolo di indigestioni, risaliamo sulle nostre formidabili automobili dalle incredibili prestazioni: di volta in volta esse sono luogo di rifugio, camere oscure, ospedale, torri di avvistamento, stive per il buncheraggio di …tutto, oltre che formidabili mangiatrici di kilometri su sabbia, pietre, fango e quant’altro si possa calpestare o guadare.
Dopo una breve tappa a Baragoi, attraversiamo la straordinaria Horr Valley, aspra e selvaggia valle che ci obbliga ad una vera e propria tormentata gimcana.
Attraverso la boscaglia, costituita in prevalenza da acacie nane e giganti, ogni tanto compaiono sulla pista e dal nulla dei bimbi, uguali ai nostri, sorridenti e garbati ma con le manine tese a chiedere qualcosa. Sono questi i momenti e le situazioni più dure da sopportare, i momenti che completano la giornata di grossi interrogativi.
Eleganti gazzelle, gerenuk e zebre si immobilizzano al nostro passaggio e poi fuggono fulmineamente. Una colossale carcassa di elefante, ovviamente priva delle preziose zanne , fa compagnia ad un povero teschio umano.
La giornata è stata durissima: la pista di cui siamo riusciti a percorrere solamente 15 kilometri, le emozioni delle cose viste, il rumore delle cose udite ma nascoste, la povertà dignitosa di questi nostri simili, gli occhioni grandi e imploranti dei bambini, si conclude con l’accampamento per la notte, nel greto di un fiume in secca.
Ci è voluta l’abilità e la pazienza di una delle due guide per procuraci un’ottima cena a base di carne fresca di una povera gazzella di Grant, dopo giorni di odioso ma anche provvidenziale scatolame.

 

Continua

 

 

INDICE

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1

18 febbraio 2010 - Prima parte

2

09 marzo 2010 - Seconda parte

3

06 aprile 2010 - Terza ed ultima parte

 

 

 

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