SI PROSEGUE
Più
avanti si presentò ai nostri occhi la baia antistante
l’Isola dei Conigli. Non era prevista alcuna sosta. Gli
organizzatori ci spiegarono che non valeva la pena
fermarci in quanto sicuramente la spiaggia era già
conosciuta, apprezzata e meta di visite
precedenti personali continue e prolungate. Ne
parleremo.
Si procedeva a velocità più sostenuta . Ammirammo gran
parte delle scogliere le cui pareti a strapiombo
sul mare non ne consentono l’accesso da terra.
Poco prima di doppiare il capo ovest dell’isola il
comandante ci fece vedere il punto esatto dove erano
caduti, inesplosi, i due missili di cui il
colonnello Gheddafi ci aveva fatto generoso omaggio.
La navigazione continuò inframmezzata con le solite
soste nell’altrettanto bellissimo mare verso ovest
fino al porto.
PERPLESSITA’ E SORPRESA
Dopo
lo sbarco un breve riposo e poi nasce spontanea la
domanda: questa sera si mangia? E cosa?
Il Direttore non dava cenni di preoccupazione , si
limitava a dire: apparecchiate e poi si vedrà.
Verso l’ora di cena - come sempre non prima delle 21
- disse: vado in paese a cercare qualcosa.
Dopo circa mezz’ora tornò tutto eccitato. Ci aveva
fatto la sorpresa.
Dal portapacchi della macchina emergeva una enorme
pentola , di quelle utilizzate dai lampedusani per
la preparazione delle conserve di pomodoro.
La pentola conteneva una grande quantità di “
Cous cous di pesce alla pantesca “ ( pantesca sta per
Pantelleria) preparato dalla “zia Peppina” sorella di
zia Angelina . La materia prima, semola di grano
duro, lavorata facendola roteare sotto la pianta
della mano era perfetta ( niente a che vedere con
quella che si acquista già pronta ) . Altri
ingredienti: abbondante varietà di tanti pesci ,
verdure varie: peperoni rossi e gialli, zucchine,
melanzane, patate, piselli, concentrato di pomodoro,
prezzemolo, peperoncino, aglio, sale e pepe. Infine
tramite la “couscusera” che serve alla cottura a
vapore della semola e che ne fa aumentare il
volume fino a tre volte , si conclude la preparazione.
Il cous cous venne servito in tavola su due
enormi piatti di terracotta smaltata , caratteristici
della Sicilia. (Caltagirone).
Al centro e nei bordi alcuni variopinti disegni
raffiguravano uno “l’opera dei pupi” , dell’era di
Carlo Magno, e l’altro coloratissime figure con
“carretti” siciliani .
Quella sera non apprezzammo le artistiche immagini.
Figurarsi!! Ce ne accorgemmo l’indomani quando li
lavammo e li riconsegnammo alla proprietaria.
Ne mangiammo fino alla nausea.
FINALMENTE ! L’ISOLA DEI CONIGLI
L’argomento necessita di tanto spazio. Chiedo scusa se
vado per le lunghe.
Ci troviamo davanti a un fenomeno della natura, più
unico che raro.
A un tratto, arrivando dall’alto della scogliera , con
l’auto, ti affacci sul mare e resti senza fiato.
Situata leggermente sulla sinistra vedi l’isola dei
Conigli. Una lingua di terra di pochi metri
attraversata dal mare, profondo non più di mezzo
metro la separa dalla terraferma formando un
istmo naturale.
Sulla destra puoi ammirare la spiaggia, famosa in
tutto il mondo, che prende il nome dall’isola.
La baia a forma di semicerchio è lunga tremila e
settecento metri. E’ ricoperta di una sabbia finissima
dorata.
Di fronte un mare che cambia colore continuamente: un
tenue verde vicino la battigia si trasforma più
avanti in un verde più intenso , un tratto azzurro
come il cielo si trasforma in indaco, quindi un blu
cobalto che passa a un blu più intenso, fino a un
blu scuro; si ritorna a un verde cupo e in certi
tratti, data la limpidezza dell’acqua, riflette il fondo
sabbioso assumendo uno strano colore chiaro. Uno
spettacolo.
PERCHE’ ISOLA DEI CONIGLI ?
Ci
sono varie risposte.
In una carta nautica dell’Ammiragliato britannico del
1824 si legge : Rabit Island.
Il nome arabo “rabit” ( che tradotto vuol dire
“legame” “ che collega” ) si riferisce all’istmo che
esiste tra la costa e l’isola.
Forse la più probabile è quella riferita dai nativi:
una colonia di conigli raggiunse l‘ isolotto nel
momento in cui era collegato alla terraferma . Quando
il ponte di sabbia sparì i conigli intrappolati si
moltiplicarono così numerosi da far chiamare l’isola “
dei Conigli ” .
Sull’isola nidificano, solo lì, circa 100 coppie di
gabbiani reali molto rari. Abbiamo anche visto
vicino agli scogli una particolare rarissima specie
di lucertola che ( ci siamo documentati) viene
chiamata dagli scienziati “psammodromus algirus.
Facile da ricordare. No?
LA TARTARUGA “CARETTA,CARETTA”
La
spiaggia ha una caratteristica non comune. Pare che sia
l’unica in Italia dove ritorna a nidificare la
tartaruga marina chiamata “ Caretta Caretta “. Queste
tartarughe, che raggiungono anche il peso di oltre 130
chili, dopo migrazioni di migliaia di chilometri,
nonostante siano trascorsi 25 anni e più ,
conservano la memoria del nido dove sono nate e
tornano sulla stessa spiaggia che le ha viste nascere
per nidificare a loro volta. Si dice che alla nascita
siano capaci di immagazzinare le coordinate terrestri
del nido forse a causa del magnetismo terrestre e
altre caratteristiche ambientali che le guideranno
poi sulla via del ritorno. Lo dicono gli esperti e
gli studiosi, naturalmente con le dovute riserve.
La deposizione delle uova, circa 100, grandi come
palline da ping pong, avviene tra maggio e agosto.
L’incubazione dura dai sessanta ai novanta giorni.
Alla nascita le tartarughine forano il guscio dell’uovo
con un piccolo rostro particolare ( che poi scompare)
e corrono immediatamente verso il mare.
Ci chiediamo: come fa un animale privo di
intelligenza , senza bussola ( diremmo noi) a
individuare un punto infinitesimale del mare
Mediterraneo per approdare esattamente nel luogo dove
era nato ?
Risposta scontata: l’istinto, la natura. Termini
astratti che non dicono niente. Coniati dagli uomini
forse per negare l’evidenza dell’esistenza di un Dio
Creatore. Amor che “ move “ tutte le cose, e non
solo - come dice il Poeta - “…….. il sole e
l’altre stelle “.
TORNIAMO AL NOSTRO RACCONTO
Dopo
aver ammirato lo spettacolo torniamo con i piedi per
terra e iniziamo la discesa verso il mare . Una
stradina ( si fa per dire) di terra battuta , larga
pochi metri, parallela alla spiaggia, ci conduce in
basso verso la battigia.
Si sceglie un posto tranquillo - figuriamoci : saremmo
stati circa 200 in una spiaggia di 4 chilometri - si
scaricano i bagagli : ombrelloni ( il sole picchia e se
non te li porti da casa finisci arrosto ) , acqua in
abbondanza, vettovaglie, frutta e quant’altro.
C’è una novità. Troviamo disseminati sulla spiaggia
dei piccoli cumuli di sabbia recintati con una
griglia metallica, alta circa un metro, sulla quale
svetta un cartello che ci avverte : attenzione nido di
uova di tartaruga. I giovani di Legambiente e Wwf (
gestori delle riserve naturali ) hanno fatto bene il
loro lavoro e tutti ne rispettiamo l’avvertimento
ponendoci in zona di sicurezza.
Iniziano bagni da favola.
TUTTI AL.……….. BAR
Il bar, si fa per dire, unico in tutta la
spiaggia, non era altro che una barca a remi
ormeggiata sulla riva.
Un sagace nativo dell’isola aveva avuto l’idea di
vendere, agli incauti turisti sprovveduti, bottiglie
di acqua fresca, frutta e qualche ghiacciolo per i
bambini. Stop. Frigorifero? Si, pezzi di ghiaccio in
vasche.
E’ FACILE FARSI BELLI
A
una certa ora io il Direttore e alcune delle nostre
donne ci avviammo a perlustrare il paesaggio interno
dell’isola.
Attraversato l’istmo notammo che i gusci di alcune
bellissime conchiglie già pietrificati erano
attaccati al tufo fra le rocce di fronte a noi.
Nel tentativo di rimuoverli provammo a bagnarli con
l’acqua del mare. Sorpresa. Il tufo appena bagnato si
era trasformato in una sottilissima polvere
impalpabile che aveva assunto, asciugandosi, un bel
colore ocra.
Fu un attimo , ci guardammo col Direttore e scattò
immediatamente la sce- m- eggiata.
Bagnammo il tufo e con una conchiglia ne grattammo la
polvere.
Il passo successivo fu semplice. Stendemmo sul viso la
polvere appena bagnata e le nostre facce si
trasformarono subito in una maschera chiara tipo
quelle che alle donne vengono applicate negli istituti
di bellezza. Con ostentazione ritornammo verso i
nostri ombrelloni. Durante il percorso i bagnanti (
erano presenti anche degli stranieri ) ci
chiedevano il perché di quella mascherata. Risposta: (
con meraviglia) come non lo sapete? Tutte le migliori
case nazionali ed estere di prodotti dermatologici
per la cura della bellezza utilizzano come base per le
loro costosissime creme questa miracolosa mistura
fornita qui in abbondanza dalla natura.
La richiesta è molto alta. Noi quando veniamo a
Lampedusa ne approfittiamo sempre per farci belli
gratis.
Dopo meno di un’ ora tutta la spiaggia pullulava di
donne e anche uomini che si erano impiastricciati il
viso come noi. Forza della suggestione! La sostanza era
innocua e con un poco di acqua si scioglieva e spariva.
Lascio immaginare le nostre risate e la grande
soddisfazione che ci procurò la zingarata.
L’ 8 SETTEMBRE
Si
festeggia il 34° anniversario di matrimonio di Saro
e Giacoma.
Lo stesso giorno a Lampedusa si festeggia la Patrona
dell’isola: Maria SS. di Porto Salvo che non mancammo di
venerare con una visita in Chiesa.
Fu un duro colpo per il Direttore. Aveva pensato di
farci una sorpresa, coronare la serata a suon di
musica. La concomitanza della festa in paese non gli
diede la possibilità di reperire una piccola
orchestra/banda di musicanti in quanto tutti erano
impegnati. Si prodigò tanto ma non ci fu niente da
fare. Ci rimase male. La festa andò bene lo stesso.
Cena degna dei migliori ristoranti a 5 stelle: antipasti
misti, insalata di mare, polipetti in guazzetto,
tagliolini al sugo di cernia (Giovanna) e spaghettini
“ all’acqua pazza “ (Franca) . Per acqua pazza
s’intende un condimento in bianco di pesce per zuppa
cotto assieme ad acqua di mare . A seguire dentice ai
ferri e “ zuccuru” ( dice il Direttore) di calamari
fritti, con contorni vari. Solita frutta, solito vino e
sorbetto al limone.
Puntuale dopo le 23,30 dalla rinomata “ Eden della
Pasticceria” arrivò il furgoncino del pasticciere con
i dolci e le preziose stoviglie.
Una enorme cassata gelata con in cima una coppia di
“giovani” sposi ( di zucchero) troneggiava sulla
tavola. Cannoli, pasticcini e gelati speciali
siciliani facevano bella mostra di sé.
La cassata fu servita in artistici antichi piatti di
ceramica di Caltagirone ( vanto del proprietario ) e
forchettine d’argento.
Al brindisi saltarono fuori due bottiglie di
“bollicine” della Franciacorta , provenienti dalla
rinomata cantina “Bellavista”, che i festeggiati si
erano portate da Brescia . Flutes di finissimo
cristallo di Boemia fecero sentire il loro
tintinnio al momento degli auguri. Non si badò a
spese.
CALA CALANDRA - “ MARE MORTO
“
Una
sera il Direttore ci disse: domani vi porto a mare
morto.
Ci trasferimmo con le auto sulla parte opposta
dell’isola rispetto alla nostra zona.
Lasciata la strada asfaltata, attraverso un sentiero
sterrato, ci dirigemmo verso il mare che ancora non
si vedeva. In pochi minuti , scendendo verso gli
scogli , improvvisamente, si aprì ai nostri occhi
“mare morto”.
Per la tranquillità delle sue acque, gl’isolani gli
hanno dato questo secondo nome. Un incanto.
Il posto ( noi ex barboni) già lo conoscevamo, non
finiva mai di stupirci. Approdammo su uno scoglio
proteso verso il mare alto circa due metri; al
centro una provvidenziale piattaforma naturale
consentiva un facile accesso e la possibilità di
sistemare i bagagli , un ombrellone e stendere teli
da spiaggia.
Sulla sinistra una conca d’acqua cristallina . Di
fronte a noi alla distanza di 20/30 metri un altro
scoglio isolato in mezzo al mare a forma di mezza
luna, parallelo al nostro, costituiva una specie di
canale dove la debole corrente faceva entrare e uscire
l’acqua sempre in leggero movimento. Vi assicuro che
in quel mare ho fatto i bagni più belli della mia vita.
A destra si erano formate delle piscine naturali
alcune piccole altre più grandi , la profondità
dell’acqua variava da diversi centimetri a non più
di un metro. Si alimentavano lentamente tra di loro
con il flusso proveniente dal mare mantenendo sempre
il medesimo livello. L’ultima era dentro una grotta
naturale al coperto.
Della bellezza del mare di Lampedusa ne ho parlato a
lungo. Qui voglio descrivere le particolarità di
queste bellissime piscine . La flora era una delle
principali attrattive. Sul fondo e sulle pareti
ondeggiavano, seguendo il fluire di un’acqua
limpidissima, ciuffi d’erba, piccoli steli, fiorellini
di forme diverse, ( mai visti sulla terraferma) che
rubavano all’arcobaleno tutti i suoi colori.
Una parte delle rocce che costituivano il fondo era
rivestita di un muschio (“lippu”) particolare,
multicolore simile al nostro velluto. Macchie a
chiazze di colori diversi dal rosso porpora al blu
cielo al verde sottobosco completavano l’insieme.
Probabilmente certe varietà di molluschi vissuti in
ere geologiche precedenti, pietrificandosi, hanno
lasciato le loro tracce.
In mezzo a questa lussuosa flora poteva mancare la
vita ?
Numerosissimi piccoli pesciolini coloratissimi
assieme a piccoli granchi e minuscole spugne
guazzavano rincorrendosi in quell’acqua cristallina .
Io e mia moglie seduti ai bordi di una piscina piccola
ci godevamo lo spettacolo. A un tratto……
ESPERIENZA UNICA IRRIPETIBILE
ci
venne l’idea di sbriciolare un cracker nell’acqua.
Immediatamente i pesciolini presenti nella vasca
si lanciarono sulle briciole e banchettarono alla
grande.
Ci venne un’altra idea più bella. Sbriciolammo i
crackers sulle nostre mani e le immergemmo a
pelo d’acqua. I pesciolini per nulla intimoriti
vennero a mangiare lo stesso sulle palme delle nostre
mani .
Nel contendersi i bocconi pizzicavano leggermente
anche la pelle . Fu una sensazione che non si può
immaginare. Solo provare.
SI O NO ?
Il
rientro era previsto per il primo pomeriggio. E però
nessuno voleva lasciare quel paradiso .Ci chiedemmo: si
va via o si resta? Fu trovata una soluzione
salomonica. L’idea di una bella spaghettata in riva al
mare, in fin dei conti, non era da buttare .
L’opzione spaghetti, per motivi pratici, fu scartata
e sostituita con una bella: “maccheronata”.
Il Direttore e le cuoche si avviarono immediatamente,
in auto, verso le nostre case, per cucinare.
Nella fretta dimenticarono di portare la chiave
della casa-madre-dispensa-cambusa per cui dovettero
forzare una piccola finestra sul retro e il Direttore
in quell’occasione fece anche il contorsionista.
Dopo circa un’ora fecero ritorno con provviste e
bevande. La famosa pentola, tanto per intenderci
quella del cous cous , era piena di maccheroni al
pomodoro. Ne mangiammo a sazietà. Piatti e bicchieri
erano di plastica però almeno questa volta le
forchette erano di metallo.
RITORNO
La partenza è vicina e si fanno i primi bilanci.
Abbiamo passato giornate indimenticabili. Abbiamo avuto
la consapevolezza e dimostrato di essere una
famiglia molto unita. Lo stare assieme ci ha reso
veramente felici. Unico rimpianto gli assenti. Non
eravamo tutti.
Fu chiaro anche che con una spesa collettiva molto,
molto modesta e a 90 minuti circa di volo dalle
nostre città abbiamo raggiunto e soggiornato
contemporaneamente ai Caraibi, alle isole Mauritius,
alle Hawai, alle isole dell’Oceano Indiano, nei posti
più belli del mondo.
Lampedusa è ( era) tutto questo messo assieme.
Arriva il momento della partenza e con rimpianto
rientriamo nelle nostre case.
I soliti saluti (alla siciliana) baci abbracci e
lacrimucce . Appuntamento per il 1993
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La
storia finisce qui, ma il suo epilogo è
amaro.
Il
1995 segnò, per noi, la fine di Lampedusa.
A novembre, tra la costernazione generale , il
Direttore, il mio amatissimo fratello ci lasciò.
Quando ci rivedremo lo rimprovererò : Rodolfo perché
fumavi così tanto?
Lampedusa mi è rimasta nella mente e nel cuore. Non
l’ho mai più rivista. Troppi ricordi.
Brescia, estate 2014
ROSARIO LA DELFA
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