DOPPIO TURNO
Le “ vacanze” si
svolgevano con un “doppio turno”. Come certe elezioni.
Tra la fine di maggio e i primi di giugno erano
riservate , senza eccezioni , a soli uomini.
Tra fine agosto primi di settembre a tutta la tribù.
Chi ha avuto finora la pazienza, la voglia e il
tempo di seguirmi e intende farlo ancora, con
coraggio, si metta comodo e immagini di vedere con la
fantasia una Fiction/ Soap ( veri brani di vita
vissuta) , con tanti spunti di cronaca spicciola e
di un minimo di “storia” .
ANTEFATTO
Mio fratello Rodolfo nel
corso di una visita a un suo cliente di Porto Empedocle
venne a conoscenza che nell’isola di Lampedusa una
comune amica aveva fabbricato delle villette a
schiera, vicino al mare, ed era disposta a darle in
affitto, agli amici, a prezzi modici.
Detto fatto nell’arco di pochi giorni si avviarono i
contatti e si stabilirono i periodi del soggiorno,
per una prima vacanza di prova, di circa 10 giorni,
tra fine maggio primi di giugno.
GLI ALLOGGI
Le villette a schiera,
circa 12, erano ubicate in contrada Cala Croce, una
zona tranquilla, poco frequentata, con poche casette
all’intorno. Erano disposte, rispetto all’isola, da
ovest verso est, di fronte al mare che era
distante una cinquantina di metri. Raggiungibile
attraverso un viottolo in leggera pendenza che
portava direttamente sugli scogli .
Ogni singola villetta disponeva di un terrazzo
coperto. All’interno un comodo soggiorno/ pranzo con
ampio angolo cottura , una camera da letto
matrimoniale, un camerino con letto a castello e servizi
con doccia, forniti anche di acqua calda. Cucina,
pentole, piatti, bicchieri, stoviglie, un frigo e altro
della casa.
Dato l’esiguo costo ne affittavamo, a seconda dei
partecipanti, due o tre attigue. Quindi tutto doppio o
triplo.
Di fronte al terrazzo un patio. Seguiva un giardino
, in comune, con aiuole, vialetti e panchine.
Cosa importantissima: prima del muretto di
recinzione, verso l’uscita, erano situati dei barbecue
in muratura provvisti di griglie di ferro fisse a
forma rettangolare ( un metro X 80 cm. ) per cuocere
tutto, in particolare il pesce alla brace.
SI PARTE
Le telefonate da Catania a Brescia da parte
di mio fratello, iniziavano un mese prima di partire.
“ Tu facisti u bigliettu “ ? Siii. Non ti preoccupare.
Il tormentone durava fino al giorno della partenza. “U
bigliettu” era quello dell’aereo Verona-Catania.
L’indomani del mio arrivo a Catania si partiva, in
macchina, verso Porto Empedocle dove a mezzanotte ci
attendeva il traghetto per Lampedusa. Era sempre la
stessa nave, la impavida Paolo Veronese della Società
Siremar che tutti i santi giorni, esclusa la domenica,
da anni, faceva la tratta Porto Empedocle Lampedusa e
ritorno, fermandosi brevemente a Linosa, mare
permettendo, in quanto Linosa era sprovvista di porto.
Normalmente la nave abbassava il portellone di poppa
sulla banchina dando la possibilità a passeggeri e merci
di sbarcare.
Sarebbe stato logico arrivare a Porto
Empedocle attraverso la strada più breve (bivio per
Agrigento).
Invece NO bisognava passare da Casteldaccia (PA) per
rimorchiare nostro cognato Pino.
Una scusa. Il vero motivo era che si doveva
andare fino a Marsala per fare rifornimento di vino.
Le famose cantine “Pellegrino” erano la nostra meta.
Acquistavamo il vino, immancabilmente bianco, da
consumare a Lampedusa e anche dopo. Che vino!!
Bottiglie pregiate dell’Azienda “ Duca di Castelmonte
“ che oggi dopo la supervalutazione dovuta ai
premi vinti al “Vinility” di Verona, costano una
fortuna.
Noi ( allora ignari) già lo apprezzavamo e lo
bevevamo. Eccome ! Senza parsimonia.
Seguiva la pantomima per l’ acquisto delle bottiglie di
Marsala da dessert. Doveva essere secco , molto vecchio,
di ottima qualità e d’annata. Saro: “ Ma Rodolfo
costa un occhio della testa “. “ Non ti preoccupare”
questo vino dovrà allietare le nostre vacanze". Sfido!
Aveva il portabagagli della macchina pieno di dolci :
paste di mandorla, biscotti della “monaca”, “nzuddi” ,
“stronzetti d’angelo”, “mustaccioli ” tutti specialità
catanesi. Alla fine si arrivava al compromesso. Una sola
bottiglia.
PORTO
EMPEDOCLE( La Vigata
del commissario Montalbano)
In serata arrivo a Porto Empedocle, una capatina
all’Agenzia della Siremar per l’acquisto dei
biglietti e della cabina per dormire; cena ( primo
impatto con il pesce). Imbarco.
LINOSA - detta la
nera
Prima tappa delle Isole
Pelagie.
Verso le ore 7,00 un marinaio , al quale avevamo
chiesto di svegliarci, con quattro pugni alla
porta (sic) , ci sveglia “delicatamente” e
annuncia l’imminente arrivo a Linosa.
Saliti in coperta siamo rimasti letteralmente senza
fiato. Un mare mai visto ci avvolgeva da tutti i lati.
A oltre 100 metri di profondità
mostrava il fondo come in superficie, con una flora
e una fauna ricchissime. Pesci, crostacei, ricci di
mare, molluschi, spugne.
Di fronte l’isola di Linosa, con le sue casette
variopinte. Sullo sfondo si vedevano rocce di
natura vulcanica ( ecco perché nera) alternate al
verde della vegetazione e ai colori di una flora
lussureggiante . Era uno spettacolo. Ci siamo
guardati e ci siamo detti: se questo è solo
l’inizio cosa ci aspetterà dopo?
LAMPEDUSA - la
bianca
Si riparte. Arrivo a
Lampedusa alle ore 9,00.
Sbarcati sull’isola ci siamo resi subito conto che
quello che avevamo visto a Linosa era un piccolo
anticipo rispetto a ciò che avremmo visto a
Lampedusa; le previsioni si erano avverate in pieno
e i fatti, dopo, ci hanno dato ampia ragione:
eravamo arrivati in un piccolo paradiso terrestre.
I PROTAGONISTI
Non sempre gli stessi. C’è
stata un’ alternanza di partecipazione. Sempre fissi
Rodolfo e Saro (Rosario) che è l’autore di queste
“note”. Saltuariamente gli altri.
RODOLFO, mio fratello. Autonominatosi subito ”
Il Direttore “. Democraticamente decideva tutto lui.
Era anche il n° 2 designato per la pulizia del pesce
e secondo fuochista, cioè addetto alla
preparazione della brace per le grigliate.
Specialista in zuppe di mare e brodetto di pesce.
SARO, che scrive. 1° addetto alla pulizia
del pesce, 1° fuochista, votato all’unanimità, esperto
in insalate di mare e fritture. Capo della
contabilità.
PINO, nostro cognato. Di Casteldaccia (PA) .
Addetto a niente. Gli piaceva guardare quelli che
lavoravano. In compenso una buona forchetta. ERALDO,
Altro nostro cognato. Bergamasco. Taciturno e molto
riservato. Parlava sempre a bassa voce. Era capace di
leggere un grosso libro in una giornata. Soffriva molto
il freddo. Evitava di fare il bagno ( in quel periodo
dell’anno l’acqua non è proprio calda) . Alla fine del
soggiorno anche lui urlava e gesticolava come noi. Si
era adeguato subito alle abitudini dei siciliani.
MARIO, collega di Rodolfo. Di Udine. A.D. di
una importante casa di mode, quindi con un poco di
puzza sotto il naso. Abbastanza riservato. Quando
riposava , nell’ora della siesta, pretendeva il massimo
silenzio. Lavoro zero. Accettabile.
GIORGIO, grande amico di Saro. Piacentino. Si
dava da fare moltissimo . Inizialmente preparava sempre
il caffè per tutti ma un giorno il direttore lo gelò:
Giorgio, evita di preparare il caffè, ci penso io.
Tu lo fai troppo, troppo “ lento” ( nel senso : poco
carico). Aveva da poco subito un incidente motorio e
seguiva una terapia particolare consistente in lunghe
passeggiate, con i piedi in acqua, sulla battigia della
spiaggia.
GIULIO, collega di Saro. Di Parma. Animato di
buona volontà ma limitato. Durante la giornata,
specie nelle ore della pennichella, ??? spariva per
ore. Diceva di aver fatto una “ passeggiatina ”
attraverso i sentieri più belli e panoramici dell’isola.
CARMELO, figlio di Rodolfo. Aiuto fuochista di
suo padre. Abilissimo a scovare (cosa non facile) e
catturare i polipi nel fondo del mare. Altrettanto
abile, con tecniche particolari, a renderli teneri .
ANDREA, nipote di Saro, suo aiuto fuochista.
Una volta nella grande spiaggia dell’Isola dei Conigli
( in tutto eravamo circa una ventina di persone)
conobbe due turiste svedesi . Per due giorni non lo
vedemmo più fino a quando le turiste partirono.
ARMANDO, nostro fratello. E’ venuto l’ultimo
anno. Quando il mattino andavamo a fare la prima
colazione in un elegante e fornitissimo
bar-pasticceria- tavola calda per noi era naturale
consumare caffè, latte, cappuccini, cornetti, cannoli,
cassatelle ….. . Per lui, abituato ad andare a
lavorare alle tre di notte ( a Roma faceva il
panettiere ) gli sembrava già mezzogiorno. Quindi :
arancini, pizzette, “incartocciate”, pasta al forno
e……abbondante birra.
SUA MAESTA’ “IL PESCE”
Mai abbiamo mangiato, né prima né dopo, tanto
buon pesce.
Sia per la freschezza, la qualità, la varietà,
l’abbondanza e non ultimo il costo.
In quegli anni si pescava pesce in abbondanza. I
turisti erano pochi. Pochi gli alberghi e i
ristoranti.
I residenti erano quasi tutti pescatori e ognuno
provvedeva per se. Il pesce in sovrappiù ( e non
era poco) veniva ceduto a basso costo alle pescherie
locali le quali a loro volta pur di venderlo
applicavano prezzi molto, molto contenuti . Bei
tempi!
La fortuna ci è stata particolarmente amica.
Abbiamo scovato, in una viuzza laterale del centro,
una pescheria modesta nell’apparenza ma ricchissima
nella sostanza. Insegna: “ DALLA ZIA ANGELINA “.
Gestita dalla zia Angelina e dalla figlia.
Il marito, pescatore, provvedeva ai rifornimenti:
pesce pescato da lui e dai suoi colleghi.
Non trovo le parole per descrivere il nostro primo
acquisto.
Sul bancone erano disposti, in gran quantità, pesci
di molte varietà. Una realtà abbagliante. Da quel
momento è cominciata quella che sarebbe stata, per i
giorni a venire, la “difficoltà” nella scelta del
pesce, vista l’abbondanza, la disponibilità e il
prezzo. La foto rende meglio l’idea.
Per tutto il periodo, alternativamente, ogni giorno,
abbiamo avuto a disposizione tutte le specie.
Abbiamo mangiato: aragoste, astici, pesce spada,
cernie, pagelli , scampi, calamari, polipi ( non piovre!
C’è una bella differenza), occhiate, dentici, ricciole,
gamberi, gamberoni, mazzancolle, triglie, merluzzi….
Abbiamo scartato volutamente, per una forma di
snobismo, il pesce azzurro. Scarseggiavano invece i
molluschi in guscio.
Man mano che passavano i giorni l’amicizia con la Zia
Angelina - persona squisita , come del resto tutti i
lampedusani - si faceva sempre più di tipo familiare
per cui ci concedeva d’improvvisare al momento
spontanee “ sceneggiate ” come, per esempio,
sostituirci a lei, dietro il bancone del negozio per
vendere il pesce e consigliare ai clienti come
cuocerlo. Naturalmente io suggerivo una ricetta e mio
fratello l’opposto. Risate generali.
Un giorno entra una modesta vecchietta. E’ bastato uno
sguardo con mio fratello ed è partita subito la
scenetta.
Signora oggi il pesce è gratis. Meraviglia! Ma è vero?
Certo. La signora non ne ha approfittato e ha
preso il pesce, in modesta quantità, che
abitualmente comprava. Con il suo pacchetto ha
ringraziato ed è andata via.
Ovviamente, il costo è stato a nostro carico.
Unico neo : dalla zia Angelina, come in tutte le altre
pescherie, non veniva pulito e/o affettato il pesce.
Bisognava arrangiarsi. Poco male. Tra noi c’erano gli
esperti alla bisogna. Non solo. Lo scoglio “ La
Delfa “ a cosa sarebbe servito?
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