Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Quinta puntata
 

 

4 aprile 2010 – Santa Pasqua – Zubiri/Pamplona (terza tappa)

 

Giovanni decide di raggiungere Pamplona con altri mezzi e, dopo l’esperienza di ieri, la cosa ci appare ragionevole.

La giornata è ancora piovosa e il fango imperversa. Marinella rimpiange di non aver portato le ghette. Gli scarponi reggono alla grande e i piedi rimangono asciutti. Di grande utilità risultano i bastoncini che ti aiutano a mantenere l’equilibrio che, con lo zaino in spalla, diventa più difficile da mantenere. Facciamo una sosta in uno spiazzo coperto adibito al gioco della pelota basca; se non altro non ci piove anche se l’umidità rimane molto alta.

La nostra meta è Pamplona, la capitale della Navarra e la prima vera città che si incontra sul Cammino.

Quasi non mi accorgo che è Pasqua; il cammino – in una giornata come questa – assorbe ogni tua energia e attenzione. Solo lo scampanio insistito che sorge a mezzogiorno e che avverto in lontananza me lo fa ricordare. Mi sento dire a voce alta che Cristo è risorto, Cristo non è morto.

Sbagliamo un po’ i tempi quando raggiungiamo Trinidad de Arre e ci sembra di essere ormai arrivati. In realtà ci voglio altri quattro chilometri abbondanti, di percorso per larghi tratti urbano, e li percorriamo ad una velocità eccessiva e senza mai fermarci. Un errore che mi riprometto di non compiere più.

Pamplona appare al di là del ponte della Maddalena e apprendere che l’albergue del Seminario Episcopal è nella parte alta della città non mi rallegra. Arrivati in città delle pietose signore, nel vederci vagare, ci indirizzano correttamente sulla strada giusta.

Giovanni ci attende all’ostello e mi aveva preannunciato la presenza di  una hospitalera ragguardevole per grazia e bellezza. In effetti alla reception c’è una chica molto graziosa e, dopo quello di Zubiri, l’albergue di Pamplona ci appare un…grand hotel!

E’ moderno e i letti a castello sono nuovi, dotati di luce e presa della corrente. Supero lo stupore di trovare le docce non differenziate in reparto maschile e femminile e usufruiamo volentieri del reparto lavadora/secadora dove gli abiti infangati vengono ripuliti e asciugati. L’operazione è laboriosa e si offre di seguirla per tutti Marinella.

Dopo un’ora di riposo in branda, assolutamente necessaria, Giovanni e io raggiungiamo il centro della città, facendo sosta in un bar dove si prende qualche tapas e scopriamo l’usanza spagnola di mantenere i pavimenti pieni di cicche di sigarette, oltre la presenza dei cartelli dove, a differenza dell’Italia, viene precisato che è consentito fumare. Un’abitudine con la quale bisognerà farci il callo.

La sera raggiungiamo il Cafe Iruňa caro a Hemingway, ma è pieno zeppo[1]. Raggiungiamo la Plaza de Toros che immortala nelle statue di bronzo la festa di San Firmino e l’encierro di luglio; compriamo frutta secca e uva passa in un negozio; abbiamo bisogno di energia per camminare!

Alla ricerca di un posto dove cenare ci sediamo in un bar dove servono le tapas e la nostra cena sarà questa, accompagnata dalla cerveza che fornisce una vena di allegria.

Facciamo una foto con una coppia anziana locale, con l’uomo fornito del basco nero tipico della zona.

La signora sembra apprezzare in particolar modo.

I letti ci attendono e apprezziamo l’insonorizzazione delle pareti dell’albergue, che evita i fastidiosi rumori notturni che puntualmente sorgono quando si dorme in camerate.
 

[1] Ma quanti saranno nel mondo i bar e i caffè cari al romanziere americano?
 



 

5 aprile 2010 – Lunedì dell’Angelo Pamplona/Puente de la Reina (quarta tappa)

 

Alle sette siamo in strada e salutiamo il bell’ostello del Seminario Episcopal che ci ha accolto.

Pamplona dorme e il termometro di un negozio segna – 1: la maglia termica è servita stamattina.

Ci fermiamo ad un bar/pasticceria e facciamo colazione. Io compro il pane integrale, perché da qualche giorno sta sorgendo un problema di….stitichezza.

L’uscita dalla città è lunga, ma piacevole dato che attraversiamo dei parchi. In lontananza iniziamo a intravvedere diverse pale eoliche e delle montagne. La salita fino all’Alto del Perdon è gradevole e accompagnata da una stupenda giornata; una mezza luna insiste nel cielo blu intenso e in basso si vedono distese di campi verdeggianti. In questa stagione i campi di grano che mi accompagneranno appaiono sempre così di un verde intenso, a differenza del periodo estivo.

Giovanni ha alleggerito lo zaino, abbandonando almeno due chili di roba all’albergue (fra cui  un pile pesante beige che…non gli era mai piaciuto!). Utilizzando il suo ben collaudato “What’s your name?” Ci fa conoscere un’altra donna partita da sola per il cammino; è Kina, veterinaria norvegese e conoscitrice di sport, tant’è che si parla di tutti i norvegesi che conosciamo da Carey a Solskjaer del Manchester United,  passando dal “vichingo” giallorosso Rijse. Io concludo con gli Ah Ha di “Take me on”.

Con Marinella raggiungiamo i 1037 metri dell’Alto del Perdon, reso celebre dalla copertina della nostra guida e dove troviamo le (brutte) sculture dei pellegrini in ferro. Via gli scarponi e le calze e aria e riposo per i piedi. Un furgone funge da chiosco e offre bibite, panini e caffè ai pellegrini. Il titolare tira un po’ di moccoli di fronte al controllo (che lui definisce ennesimo) della sua licenza da parte degli agenti della Guardia Civil.

A Mazzurabal un bocadillo con la lonza di maiale rallegra la giornata e placa la fame. Nel bar ho anche modo di apprezzare i servigi igienici dei locali pubblici spagnoli che, nel corso del cammino, avrò quasi sempre modo di trovare puliti e accoglienti.

Ricevo una telefonata di Marcello e Gerardo dall’Italia che mi chiedono notizie.

Alle 13,30 circa siamo a Puente de la Reina e raggiungiamo l’albergue dei Padre Reparadores (appena 4 euro). Lì ritroviamo la neozelandese, una coppia di giovani giapponesi e l’attempata coppia di sudafricani.

Dopo la doccia, subito il bucato e poi ci mettiamo a prendere il sole nel bel giardino dell’ostello. Andiamo tutt’e tre a vedere il famoso Ponte della Regina dove,considerato che è giorno festivo,  c’è gente a prendere il sole o a pescare. In un bar, quasi sfiorati dalle macchine che ci passano accanto, consumiamo qualcosa e conosciamo il tipo di Murcia, che ci decanta le lodi della sua communidad (regione) piccola e dedita all’agricoltura (frutta e ortaggi).

Il tipo sembra avere interessi per Marinella e da lì partono un po’ di sfottò, con inviti alla nostra compagna di viaggio di valutare un suo trasferimento in Spagna, dove la frutta e la verdura non le mancherebbero di sicuro!

Ceniamo mangiando un menu del dia (11 euro) e alle 21,30 si va a letto.

 

Ma non sappiamo che ci attende……… la notte di Puente de la Reina.

Vorrei raccontarla riportando semplicemente la mail che ho inviato e che descrive a caldo la nottata trascorsa:

 

 

 

La notte fra il 5 e il 6 aprile e' da ricordare: siamo all'albergue di Puente de la Reina si esibiscono in notturna Manolo, Manuel e Fernando i tre tenores galleghi spalleggiati da una guest star italiana (Giovanni V.). Nella stanza siamo in 12 e parte una sarabanda di russi strepiti gemiti che variano dal leone della Metro Goldwin Mayer, al rumore che faceva il Titanic quando si spezzava in due e si inabissava nell'oceano o non so che cosa.
A mezzanotte esco un po' a vedere il cielo stellato con le stelle che sembrano vicinissime. rientro e all'una e trenta Giovanni scende dal suo letto a castello, ma dalla parte sbagliata, quella senza scaletta. si precipita sul letto dove dorme un giapponese che viene svegliato di soprassalto. si svegliano un po' tutti compresi Manolo Manuel e Fernando che preoccupati dicono "madre de dios...que pasa?".
In qualche modo torna la calma e io mi metto i tappi agli orecchi, cercando anche di placare la sopa de ayo (zuppa d'aglio) consumata nel menu del dia (pollo asado e yogurt di pecora). Alle quattro Giovanni si alza definitivamente e alle 5.45 viene accesa la luce nella camerata. Inizia un altro giorno di cammino.

 

 


(Fine quinta puntata - continua)

 

 

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Piazza Scala - novembre 2010