Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Quarta puntata
 

 

2 aprile 2010 Venerdì Santo –  Saint Jean Pied de Port/Roncisvalle (prima tappa)

 

Si parte! Sul tavolino della nostra stanza scrivo un po’frettolosamente le cartoline acquistate la sera prima. Dobbiamo spedirle in territorio francese, dato che sono affrancate con francobolli francesi e in giornata è previsto il nostro passaggio in Spagna.

Il tempo di prendere un caffè caldo e si va, uscendo dalla Puerta de Espaňa.

Marinella, sfruttando le sue conoscenze maturate con le bombole subacquee, ci stringe meglio i tiranti dello zaino che, in effetti, così calza meglio sul bacino e sulle spalle. Poi vedrò di regolare anche il bastino imbottito, in modo da sentirlo il meglio possibile.

Si segue un tratto asfaltato che si allontana dalla strada principale che scorgiamo sulla nostra sinistra.

Il passo di Giovanni è più lento, lo zaino pesante e il sacco a pelo non trova un’adeguata sistemazione: ben presto rimane distaccato da me e Marinella che, invece, procede con un buon passo.

Dopo cinque km raggiungiamo Arneuy dove troviamo un centro commerciale in piena regola: spiccano i nomi delle griffes più famose ed oggetti che sembrano fuori luogo. Ma è anche l’occasione per salire al primo piano e acquistare due bastoncini telescopici in alluminio per Giovanni che ne è sprovvisto: lo accompagneranno per tutto il cammino!

Si prosegue e in ordine sparso arriviamo a Valcarlos, in territorio spagnolo; è ora di mangiare qualcosa presso una panaderia e un negozio di generi alimentari dove compro una busta di jamon serrano (2.25 euro per 100 gr.), le prime banane verdi spagnole (canarie) e concludiamo il tutto con un caffè che mi pare lunghissimo.

Seduti su un gradone ci leviamo scarpe e calze e credo che Giovanni inizi a temere che i suoi scarponcini non siano molto adatti a questo tipo di esperienza.

Si riparte alle intorno alle 12 e mezza e la strada inizia a farsi pesante. Cominciamo a comprendere perché molti saltino questa tappa iniziando da Roncisvalle.

Un po’ di refrigerio ce lo offre la Nive, il fiume che costeggiamo e dove, in una pausa, troviamo grande refrigerio immergendoci i piedi (l’idea è di Marinella).

La strada si fa ripida davvero!

Il Puerto de Ibaneta inizia a diventare un miraggio dietro a una dura salita che pare interminabile. Non aiuta il vedere indumenti sparsi sul sentiero, probabilmente lasciati da qualche pellegrino che cerca di alleggerire il suo zaino.

Non aiuta neanche il vento contrario. Raggiungiamo un tornante dove passa la carretera e dove c’è una fontana. La flecha amarilla ci dice di girare a sinistra e ci attende ancora una salita.

L’Alto di Ibaneta è spazzato da un vento forte che mi strappa via il cappello e che mi costringe a buttare avanti il corpo per procedere.

Marinella mi dice che non ce la fa più e che, solo grazie ai miei incoraggiamenti, riesce a raggiungere l’altura dove sorge una chiesa moderna e non tanto bella, dove c’è uno spiazzale raggiunto da alcune autovetture. Lei si mette al riparo del vento e io raggiungo il cippo di Rolando per una foto.

A fianco della chiesa vi sono molte croci rudimentali realizzate con rami e dò da mangiare a un cagnone che vaga nella zona e che sembra apprezzare molto il pane che gli mollo, insieme a qualche complimento (“perro, bravo perro”).

A questo punto la strada in discesa verso Roncisvalle ci sembra leggera e breve (1.5 km) e raggiungiamo l’Abbazia alle 17,05.

Il sentiero di Zabaleta si è rivelato più duro del previsto e questa prima tappa risulterà certamente fra le più impegnative dell’intero cammino (750 mt di dislivello in 8 km circa). Ecco perché molti preferiscono partire da Roncisvalle!

All’accoglienza ci dicono che la Messa del Pellegrino è anticipata alle 17,30 perché è Venerdì Santo e alle otto di sera si svolgerà la Via Crucis.

Di Giovanni non vi è traccia e non riesco a contattarlo con il cellulare. Un po’ a malincuore rinunciamo agli ultimi due posti disponibili presso la Collegiata dell’Abbazia (non vogliamo abbandonare Giovanni!) e ci dirottano verso gli “apartamentos” che, in realtà sono dei containers da terremotati con doccia e servizi staccati in altri containers.

La Messa nell’Abbazia è molto suggestiva. Io sto con il cellulare in mano e ogni tanto esco per vedere se Giovanni arriva. La celebrazione eucaristica in spagnolo è molto particolare e la lingua sembra una musica. Ci mettiamo in fila per baciare il ginocchio destro di Gesù Cristo nel crocifisso tenuto da un sacerdote e dove, molto opportunamente, un laico provvede a passare un panno dopo ogni bacio.

Anche la benedizione al pellegrino, pronunciata in tutte le lingue dei pellegrini presenti alla funzione, è toccante ed è – come mi diceva Ermanno – una vera e propria benzina che ti accompagnerà per il viaggio. Mi colpiscono molto le parole buonumore e allegria che fanno parte della preghiera e che devono essere una costante per il cammino di ogni pellegrino.

Giovanni arriva intorno alle 18,30, provato e confortato dalla mela donatagli da un ungherese in un momento di calo di energia.

Presso il ristorante ci dicono che c’è posto per il secondo turno della cena (alle otto di sera) e inganniamo il tempo con una birra offerta da Marinella.

E’ il nostro  primo menu del peregrino (pasta al pomodoro in abbondanza e trota o carne, vino tinto e dessert) seduti ad una tavolata rotonda in compagnia di pellegrini spagnoli, in maggioranza ciclisti. Io sfoggio le mie conoscenze sportive e davanti alla citazione del tennista basco Berasategui ricevo cenni di consenso. Per lo più si parla di calcio e scopriamo alla tavola tifosi delle merengues, del Racing Santander e del Bilbao. Berlusconi non raccoglie cenni di ammirazione, se non da parte di Marinella. Sarà una costante durante il viaggio.

Per 6 euro a notte ce ne andiamo a dormire nello scatolone da terremotati da otto posti in compagnia di alcuni svedesi (una è Veronique che ritroverò più volte – giovane e occhialuta – e l’altra più anziana è da me battezzata “Butter mountain” per la sua mole (diciamo a Giovanni che si è invaghita di lui!).

La stanchezza ed un climatizzatore che funziona per tutta la notte mitigando il freddo che c’è fuori (ne avrò la conferma per la minzione delle tre di notte che espleto appena fuori il container, guardandomi bene dal raggiunge i lontani servizi) hanno la meglio e ci consentono di archiviare la prima tappa del cammino.

 

3 aprile 2010 – Sabato Santo – Roncisvalle / Zubiri (seconda tappa)

 

Fa freddo la mattina e si parte con un po’ di pioggia e fango per la strada. Alcune pellegrine nordiche si scaldano facendo stretching prima di partire.

Pronti via e quasi subito perdiamo Giovanni; a Burguete, lascio lo zaino e torno indietro per cercarlo. Entro anche in un bar e non lo vedo, ma lui era ai servizi e alla fine lo ritrovo con Marinella al punto dove avevo lasciato lo zaino.

Strada condivisa in larga parte con Marinella con la quale si parla durante la tappa non proibitiva. Mi dice che farà 48 anni a ottobre e che, insieme al marito Daniele, gestisce una piccola impresa edile, specializzata in ristrutturazioni. Ha un figlio di vent’anni, di nome Giacomo. Continua a piovigginare e scopro che la mia mantella gialla della Ferrino non è un granchè.

Alle tre del pomeriggio siamo a Zubiri, rinunciando a raggiungere Larrasoaňa come suggerito dalla guida.

Entriamo nel paese attraversando il Puente de la Rabia, sopra il fiume Arga e, dopo aver trovato completo un albergue privato, arriviamo all’albergue municipal che si rivela in tutta la sua bruttezza. Si tratta di due ambienti e noi capitiamo in quello dove la calefacion (riscaldamento) non funziona, e se ne parlerà a ripararla solo martedì, dato che siamo sotto Pasqua.

Nello stanzone siamo in 26, con i letti a castello e bagni/docce esterni non proprio belli. Il tutto per 6 euro.

Più tardi si scatena un violento temporale con grandine. Mi chiedo dove sia Giovanni e faccio più volte avanti e indietro dall’ostello al Puente de la Rabia, dove mi riparo sotto una pensilina. Solo alle 17,30 lo vedo arrivare bagnato fradicio, con lo zaino inzuppato e il suo sacco a pelo portato a mano anch’esso mezzo bagnato. Lo rifocillo con un bocadillo allo jamon e gli porto per un breve tratto lo zaino. E’ stremato e credo anche un po’ spaventato. Il temporale l’ha colto per strada e insieme a due pellegrine si sono riparati sotto un albero (!) e il sentiero si è trasformato in un fiume di fango.

Mi dice: “Hai presente Sarno?”. Gli scarponcini non hanno retto e calza le scarpe da tennis (Luna Rossa di Prada prese al mercato) con le calze totalmente bagnate.

Il suo letto è nell’ala dove funziona il riscaldamento e apre il sacco a pelo per farlo asciugare.

Una doccia calda lo rimette un po’ in sesto e si va a mangiare il menu del dia al bar all’inizio del paese (10,50 euro) dove conosciamo il ragazzo italo/brasiliano con gli occhiali.

Nel tornare verso l’ostello entriamo in una chiesa dove con dolci e moscato locale si festeggia il sabato santo. Gli abitanti ci offrono affettuosamente i dolci e il vino, dicendoci che serve energia al pellegrino, se vuole arrivare a Santiago!

Di notte si scatena la battaglia: i roncadores sono incontenibili e alle cinque del mattino mi trovo nella stanza adibita a refettorio a mandare qualche mail a casa dal PC a moneta.

Alle sei torno nel cassone chiamato albergue che si conferma, oltre che rumoroso, freddo e umido. 

La partenza diventa un sollievo.

 

 


(Fine quarta puntata - continua)

 

 

Clicca sull'immagine per ingrandirla

 

 

Vai alla pagina indice

Vai alla puntata precedente

Il  collega Marco Vedovato ha realizzato un'interessante guida Internet sulla Via Francigena: clicca qui per visualizzarla

Segnala questa pagina ad un amico:




 

 

 

Piazza Scala - novembre 2010