Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela  (passando da Roncisvalle)
Prima puntata

 

Si inizia a parlarne

 

Alessandro, Ermanno e Barbara avevano percorso il loro Cammino di Santiago de Compostela nel 2004. Avevo vissuto l’evento in modo superficiale: non ne sapevo nulla o quasi e il lavoro, insieme alla routine, mi avevano distratto.

Furono i loro racconti, ascoltati nella stessa estate, ad incuriosirmi. Ne parlavano con una strana enfasi, una partecipazione non comune, intensa, come di chi avesse vissuto un’esperienza straordinaria, nel senso pieno dell’aggettivo.

Iniziai a rimuginarci sopra, anche se avevo la piena consapevolezza che, fino a quando avrei lavorato, non era possibile mettere in cantiere il progetto, a partire dalle settimane necessarie e non disponibili.

Però l’idea stava lì, in un angolo della testa, non cancellata.

 

Poi è venuto il tempo del distacco dal mondo lavorativo. Un’epoca segnata da sfumature diverse.

La prima era il senso di “ingiustizia” e di “ingratitudine” da parte di una banca alla quale avevo dato tanto; tutta la mia vita e quella di mia moglie Maria erano state modellate tenendo conto delle esigenze aziendali a partire dai traslochi, la ricerca di una casa (ancor oggi uno dei miei migliori incubi notturni), i cambi di città. Lo stesso allargamento della famiglia aveva risentito dei ritmi e dei tempi dettati dalla Banca.

In cambio avevo ricevuto serenità economica e prospettive di carriera che, solo grazie all’impegno, alla volontà e alla dedizione potevano essere raggiunte.

La prima fusione, alla fine del 2001, era stata molto difficile da metabolizzare: mi ero ritrovato arretrato in un ruolo ricoperto alcuni anni prima, equiparato a colleghi, sicuramente degne persone, ma dai curricula così scarni se rapportati al mio.

Per non parlare dei nuovi “capi” ai quali riconoscevo l’unico carisma di appartenere alla “etnia bancaria” vincente in Lombardia, il territorio dove mi trovavo ad operare.

La seconda fusione del 2006 si era tradotta in una vera e propria incorporazione della banca chiamata Intesa in quella chiamata Sanpaolo, per far nascere una cosa chiamata Intesa Sanpaolo.

Ben scarsa l’attenzione alle persone, alle cosiddette risorse umane.

Nessuna voglia di conoscere i nuovi compagni di viaggio, di apprezzarne le qualità o di sondarne i limiti. Era sufficiente leggere qualche circolare, applicare pedissequamente qualche input di Area e il gioco era fatto. Si dovevano vendere prodotti che non si conoscevano a fondo o sui quali si nutrivano delle perplessità; non bisognava porre molte domande, ma procedere in modo acritico e allineato.

Vita grama per chi  evidenziava criticità o, semplicemente, nutriva dei dubbi.

Lo sbocco naturale dell’intera vicenda non poteva che essere una “separazione consensuale” che avrebbe sancito la situazione di una banca che può sicuramente fare a meno di tanti collaboratori esperti, ma costosi, preparati ma non perfettamente allineati i quali, dopo decenni di collaborazione, salutano  con un addio un’azienda così diversa rispetto a quella in cui erano entrati tempo prima.

 

In un primo tempo, grazie a un “teatrino” messo in piedi alla bell’e meglio, i saluti dovevano avvenire alla fine del 2009, ma in realtà, come da me ampiamente previsto, avvennero alla fine del 2008, spalancandomi la possibilità di usufruire di un tempo libero prima inimmaginabile.

 

Sin dall’estate del 2009, nelle chiacchierate di Rocca di Papa con Barbara ed Ermanno, iniziai a pensare che l’esperienza del cammino fosse possibile e interessante.

(Fine prima puntata - continua)

 

 

CURIOSITA' - Esperienza profonda di un lecchese sul Cammino dei pellegrini
800 chilometri a piedi fino a Santiago (click sulla foto per ingrandirla)
Santoro: «Incontri, umanità e condivisione, ma anche una solitudine che fa riflettere

 

(tgv) Ha messo lo zaino sulle spalle e ha percorso 800 km a piedi sul millenario Cammino di Santiago, incontrando «un'umanità straordinaria» e sperimentando anche una «solitudine che ti fa riflettere e pensare». Il lecchese Claudio Santoro è stato protagonista di un viaggio carico di significato e indimenticabile.
Membro del gruppo Geo del Cai di Lecco, Claudio aveva ascoltato con grande attenzione i racconti dei fratelli Alessandro, Ermanno è della cognata, che nel 2004. avevano percorso il Cammino di Santiago. «Mi aveva veramente incuriosito questa esperienza e, ascoltando anche altri racconti, il pensiero di farla anch'io non mi aveva mai abbandonato - racconta. Nel marzo scorso, complice anche il tempo libero della pensione, ho deciso di partire».
Con uno zaino pesantissimo in spalla e l'amico Giovanni, Claudio parte alla volta di Saint Jean Pied de Port, nei Pirenei francesi, con l'intenzione di percorrere 800 km fino a Santiago. «Il momento più difficile è stato proprio la partenza - racconta - Era il 31 marzo, una giornata piovosa e salutare alla stazione di Lecco i miei famigliari non è stato facile».
Poi il Cammino stesso si è trasformato in un carburante per il viaggio, durato circa un mese: 31 tappe, ciascuna di 25-30 chilometri a piedi, con un solo giorno di pausa a causa di una tendinite. «E' stata un'esperienza stupenda - sottolinea ricordando le giornate spagnole - Ho dormito lungo il Cammino negli ostelli dei pellegrini, dove ho sperimentato anche cosa significa adattarsi, magari dovendo anche sopportare le notti insieme ai "roncadores", i russatori!».
Nonostante la temporanea assenza del compagno di viaggio, che si è riaggregato nell'ultimo tratto dopo essersi fermato per alcuni problemi di salute, l'esperienza non è mai stata travagliata. «Lungo la strada si incontrano pel-legrini di ogni parte del mondo, si cammina insieme, si chiacchiera, si mangia alla sera allo stesso tavolo. Si sperimenta un'umanità straordinaria, fatta di identità diverse e di spirito di condivisione. Non mancano però momenti di grande solitudine, quando ti ritrovi a camminare da solo per chilometri in mezzo alla campagna. In quei momenti ti trovi a riflettere su te stesso, a porti tante domande».
L'arrivo a Santiago è poi il momento più straordinario. «Sono entrato nella piazza e sono scoppiato a piangere - ci confida - Nella Cattedrale ho abbracciato la Statua di San Giacomo e pregato sulle sue reliquie. Si può vivere il Cammino in tanti modi, da laico o da credente, come un viaggio o come un pellegrinaggio. In tutti i casi, però, è un esperienza straordinaria».
Tanto straordinaria che, strizzando l'occhio alla moglie, Claudio si sbilancia e scherza: «Penso che tra qualche anno ci tornerò
ancora!».

 

da IL GIORNALE DI LECCO del 10 maggio 2010

 

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Piazza Scala - settembre 2010