LA REPUBBLICA DI SALO' E LA
RESISTENZA
di Giacomo Morandi -
seconda puntata
Durante i residui mesi del
1943, dopo l’armistizio, la presenza della Repubblica
Sociale si sentì poco. Erano i tedeschi che emettevano i
bandi, i proclami e che governavano le province
italiane. Tutto ruotava intorno ai Kommandantur, alle SS
e alla polizia politica tedesca, la famigerata Gestapo.
I soldati italiani sfuggiti alla cattura e molti ex
prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento
italiani riempirono le campagne e le montagne ancora per
due o tre mesi, aiutati e nascosti dalla popolazione.
Molti inglesi, australiani, greci, sudafricani
riuscirono a passare la linea del fronte o il confine
svizzero, accompagnati da italiani che si erano
organizzati per dar loro aiuto.
Anche nelle vicinanze di
Rivergaro c’era un campo di concentramento per
prigionieri di guerra e la mattina del 9 settembre i
soldati italiani che li sorvegliavano, prima di
disperdersi, li liberarono e molti, dopo aver ricevuto
aiuto e ricovero dalla popolazione locale, furono
portati in Svizzera o nell’Italia Centrale per
iniziativa di singoli o di comitati resistenziali, dove
poi riuscirono a raggiungere le linee alleate. Alcuni,
più tardi, si unirono alle formazioni partigiane del
piacentino e del pavese. Era molto pericoloso dar loro
asilo e lo divenne ancora di più quando i fascisti
riuscirono a dare alla loro repubblica una certa
struttura poliziesca e militare, perché i tedeschi non
avevano forze sufficienti a perseguire e ad inseguire
tutti i latitanti, i renitenti, i ribelli d’Italia che
erano alcune centinaia di migliaia. I repubblichini
(come erano ormai chiamati dalla voce pubblica) li
aiutarono anche in tale compito e il loro zelo superò
quello dei loro padroni anche nella caccia agli ebrei
che a migliaia furono rastrellati ed inviati verso il
loro destino nei campi di sterminio in Germania e
Polonia. L’arresto e la deportazione degli ebrei di
nazionalità italiana iniziò subito, pochi giorni dopo
l’armistizio, per ordine espresso di Hitler. A Roma,
dopo che i comandanti tedeschi si erano fatti consegnare
oro e gioielli a titolo di riscatto con la promessa
della libertà, oltre un migliaio di ebrei, uomini, donne
e bambini, furono ugualmente arrestati e deportati nei
primissimi giorni dell’occupazione nei campi in
Germania. Quasi nessuno si salvò.
Nei primi mesi del 1944
Mussolini istituì un “Ispettorato per la Razza” a capo
del quale pose il teorico razzista Graziosi che aveva
come programma la totale eliminazione degli ebrei
dall’Italia. |
Venne preparato uno
specifico decreto che il Duce approvò e promulgò, ad
imitazione di quanto i nazisti avevano già fatto in
Germania. Il decreto rappresentava un ulteriore
inasprimento di quanto già disposto sei anni prima con
le leggi razziali.
Non si può non provare
indignazione a rileggere le parole di quel
provvedimento, gli articoli sui giornali, la
corrispondenza di molti giovani fascisti e militari alle
loro famiglie, i libri di testo statali delle scuole, la
forsennata propaganda antisemita del partito.
Fortunatamente, la gran parte degli italiani non nutriva
sentimenti di avversione contro gli ebrei e gli
stranieri e non si fece imbottire il cervello da tale
campagna, anche se non mancarono, anche in Italia,
episodi vergognosi di persecuzione e di sfruttamento da
parte di settori della popolazione o di singoli
cittadini.
Hitler attuò, subito dopo
l’armistizio ed ancor prima della liberazione di
Mussolini dalla prigionia, i piani preparati da tempo
per l’occupazione totale dell’Italia a prescindere
dall’esistenza di un governo collaborazionista che
comunque era intenzione dei tedeschi di costituire
utilizzando chi era disposto a collaborare con loro,
come avevano fatto negli altri paesi occupati d’Europa.
Non tardarono neppure ad annettersi le province di
Trento, Bolzano e Belluno da una parte e quelle di
Trieste, Gorizia ed Udine dall’altra, nominando due
distinti Gauleiter e non le restituirono quando fu
costituita la R.S.I.. Se non fossero riusciti a liberare
il Duce avrebbero comunque costituito il governo di
fatto con personalità minori, ma fu la presenza di
Mussolini che convinse un certo numero di giovani e meno
giovani ad aderire alla R.S.I. e ad innescare quella
che, come ho detto precedentemente, alcuni storici
chiamano guerra civile. Senza di lui, probabilmente, vi
sarebbero state minori divisioni fra gli italiani,
perché l’inganno tedesco del proseguimento dell’alleanza
avrebbe avuto ben poche possibilità di essere accettato
anche da quei pochi.
Ci fu in effetti una guerra
fra italiani. Torno a ripetere che la definizione di
guerra civile non mi trova del tutto d’accordo vista la
sproporzione numerica fra coloro che collaborarono con i
tedeschi e la massa della popolazione che voleva invece
farla finita con quell’alleanza, e tenuto conto che la
Repubblica di Salò fu costituita e supportata dai
tedeschi. Non ritengo d’altra parte molto importante
definire quella lotta in un modo o nell’altro anche se
non posso evitare il sospetto che la definizione di
guerra civile nasconda l’intenzione di considerare le
due parti sullo stesso piano e di cercare un’impossibile
ed immorale equidistanza fra di loro.
(continua) |