Terza puntata


28 Ottobre 1922 – Le Camicie Nere marciano su Roma. Ha inizio l’Era Fascista

 

E’ trascorso meno di un ventennio: l’Italia rispettata e temuta, un vasto Impero conquistato, il volto della Patria rinnovata.
A Roma
Atmosfera di rivoluzione. Canti, grida, parole chiare dirette dai giovani rivoluzionari, i quali volevano

finalmente un’Italia degna dei suoi morti, ai rappresentanti di un governo vecchio, umiliato, inutile e pur tuttavia attaccato al potere come l’ostrica allo scoglio.
La situazione s’aggrava, le armi stanno per entrare in gioco…Il Ministero prepara il decreto di stato d’assedio in tutta Italia…Mussolini stringe le mascelle e non recede di un pollice…Che cosa accadrà?
E’ possibile che tanti giovani accomunati nel santo amore per la Patria versino il loro sangue in una lotta fratricida? Il Re vittorioso sente che i fascisti hanno ragione. Essi provengono in gran parte dalla trincea e non vogliono più saperne dell’Italietta di un tempo. Ben vengano dunque le Camicie Nere condotte dal quel bersagliere romagnolo dagli occhi fiammeggianti, che ha vissuto la vita della guerra e ne è tornato con la carne lacerata.
Continuano intanto ad affluire alla Capitale migliaia e migliaia di fascisti. Roma vive ore di ansia. Tutti i cuori sono sospesi. Ma ad un tratto la notizia che già correva di bocca in bocca prende consistenza, diventa certezza, si propala fulmineamente: Sua Maestà il Re ha fatto pervenire a Mussolini, a Milano, l’invito a recarsi nella capitale per accettare l’incarico a formare il nuovo governo. Un grido immenso corre per l’Italia: Viva il Re! Viva il Duce!

Il Duce aveva ormai in pugno le sorti della Patria. Cominciava la sua immane fatica. La benedizione di Dio scendeva sull’Urbe e sull’Italia, incamminata ormai verso il suo destino di gloria.
 

 

Dopoguerra


Bussai all’uscio del “covo”. – Avanti – disse la sua voce. Entrammo. Mussolini era alla scrivania, con quel suo viso imbronciato d’allora, che la vittoria poi gli schiarì. Ci guardò di sotto in su, levando il capo, e con lo sguardo m’interrogò.
-Permettete, Mussolini, che vi presenti un valoroso ufficiale che anelava di conoscervi e di dirvi la sua devozione e la sua gratitudine d’italiano.
Mussolini rimase qualche momento silenzioso. Con lo sguardo che gli andava da quella bella faccia maschia a quel largo petto inazzurrato. Il mio amico era rimasto immobile sull’attenti e certo cercava delle parole che non gli venivano. Mussolini gli tese la mano.
-Sono contento di conoscervi, Maggiore. Se restate in Italia, ritornate qualche volta a trovarmi. Avremo bisogno di uomini come voi.
Uscimmo, facemmo un tratto di strada in silenzio. Il mio amico si mordicchiava i mustacchi, con lo sguardo come assorto, e scudisciava l’aria. Ad un tratto esclamò:
-che uomo straordinario! E dopo un momento:
-non saprò mai dire l’impressione che mi ha fatto…Sono ormai un vecchio soldato, a cui il grado e la vita della colonia ha dato l’abitudine del comando…Ebbene, sotto lo sguardo di quell’uomo in giacchetta borghese io mi sono sentito una povera cappella…(1)
(1) Una recluta