Dopo "Ottocento" e "Le torri di avvistamento nel Salento" Fernando Mazzotta ha concluso il suo lavoro estivo (fatto di passeggiate, appunti e fotografie) con queste pagine sui monumenti megalitici del Salento, che attestano la frequentazione da parte dell'uomo sin dalla preistoria
Seguiamolo in questa sua ultima fatica dell'estate 2009 ed ammiriamo il ricco campionario fotografico da lui raccolto.
Settembre 2009
N.B.: con l'occasione vi ricordiamo di visitare il sito web di Fernando dedicato alla filatelia www.fermaz.it

 

 

Le costruzioni megalitiche nel Salento

Salento terra di mare, sole e vento……e non solo…….ma anche testimonianza di civiltà antichissime che hanno lasciato la loro traccia già a partire dalla preistoria con costruzioni dalle forme insolite come i menhir, i dolmen, le pagghiare (o furnieddhri).

Io che amo questa terra che mi ha dato i natali, non finisco mai di stupirmi di fronte alle “scoperte”, si fa per dire, che ogni anno le mie “lunghe” vacanze estive da pensionato mi consentono di realizzare. In fondo, anche le immagini che sto per raccontarvi sono collegate da un fil rouge con “Ottocento”, “Le torri di avvistamento” e “Le poesie in Griko”. Attrezzato di mountain bike e digitale a tracolla e con l’inseparabile amico e collega Nicola Ippedico, partendo da Torre dell’Orso, ove entrambi abbiamo la residenza estiva, territorio del Comune di Melendugno ai margini dell’area composta da 11 Comuni denominata Grecìa Salentina, abbiamo scorrazzato in lungo e in largo per  i dintorni del vasto comprensorio comunale. Abbiamo percorso itinerari che si snodano tra insediamenti rupestri, antiche stradine poderali, terrazzamenti di pietre a secco e maestose costruzioni trulliformi tipiche di questo territorio che punteggiano la campagna tra distese di ulivi secolari (foto 1), fichi d’India (foto 2) e con l’assordante, a volte, frinire delle cicale.

Queste maestose costruzioni trulliformi, caratteristiche del paesaggio salentino sono tra le più sacre testimonianze della civiltà contadina. Di forma conica o quadrata sono realizzate con una tecnica costruttiva a secco, tramandata nei secoli da padre in figlio, che non ha mai avvertito il fascino degli stili. Queste costruzioni a secco denominate pagghiare o furnieddhri rappresentano l’ultima fase dell’evoluzione della capanna preistorica.

E’ possibile distinguere due tipi di pagghiare. I semplici ripari per la pioggia o la calura estiva e per depositare gli attrezzi agricoli (foto 3-4-8). Le pagghiare grandi (foto 5-6-11-12)  fungevano anche da abitazione. Nelle prime la costruzione è semplice: le pietre vengono sistemate ad incastro formando delle circonferenze il cui raggio si restringe sempre più, fino a chiudere la costruzione con una sola grande pietra. Questa è anche la tecnica usata per i più noti e famosi trulli di Alberobello.

Nel caso delle pagghiare grandi, la tecnica costruttiva è più complessa: in questo caso vengono realizzate due murature, una interna ed una esterna, che creano così un’intercapedine colmata poi con pietrame e terra. All’esterno è sagomata una scala che porta al tetto (vedi foto con un mio tentativo di “arrampicata”), utilizzato per fare essiccare al sole i prodotti della terra. L’ingresso è l’unico elemento che ha risentito di cambiamenti con il passare dei secoli. All’inizio si presentava con due elementi verticali come stipiti ed uno orizzontale come architrave. Poi, quest’ultimo è stato sostituito prima da due blocchi monolitici che richiamano il triangolo di scarico (foto 9) e poi da un piccolo arco (foto 10).

Queste pagghiare assumono la denominazione di “specchie” (foto 16) quando questi coni o piramidi tronche superano i quindici metri di altezza con base di trenta metri e pare che servissero da vedetta prima che nel 1500 gli Aragonesi e gli Spagnoli cominciassero ad innalzare le meno primordiali torri di difesa costiera o  di avvistamento. Nel comprensorio comunale di Melendugno, infatti, esistono le località “Torre Specchia” e “Conca Specchiulla”. Quando le sentinella che vigilava sul tetto dava il segnale, i contadini correvano al riparo dietro l’enorme costruzione in pietra e ai muretti a secco (paretoni) (foto 13) o recinti fortificati (foto 14). Bisogna tener presente che il Salento è una penisola e come tale è bagnata per tre lati dal mare e per questo è stata sempre terra di facili conquiste da parte dei messapi, romani, bizantini, normanni, aragonesi, angioini, turchi, ecc.

E proprio perché il Salento attirò genti provenienti da terre vicine e lontane, sul territorio si trovano  tracce delle testimonianze del loro passaggio sin dai tempi della preistoria con costruzioni dalle forme insolite come i menhir (vedi foto) e i dolmen.  I primi sono dei veri e propri misteri megalitici, probabilmente simboli fallici legati ai riti della fertilità, i dolmen invece si pensa che fossero delle tombe e luoghi di culto. Nell’agro di Melendugno furono scoperti diversi dolmen. Alcuni di essi sono andati distrutti, mentre se ne conservano ancora due il “Placa” (vedi foto) ed il “Gurgulante” (vedi foto). Questi appartengono alla tipologia di dolmen più semplici e primitivi, in cui manca la tomba cavata nel sasso su cui veniva deposto il corpo del defunto sotto i lastroni di copertura. Sono di piccole dimensioni e sollevati sul piano del suolo, probabilmente erano dedicati al culto di qualche divinità.

 

 

 


 

Galleria fotografica: cliccare sulle miniature sottostanti per ingrandire le fotografie

 

 

Foto 1

Foto 2

Foto 3

Foto 4


 

Foto 5

Foto 6

Foto 7


 

Foto 8

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto 9

Foto 10

Foto 11

Foto 12

 

Foto 13

Foto 14

Foto 16

Dolmen Gurgulante

Dolmen Placa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Menhir


 

 

Realizzato da Fernando Mazzotta - settembre 2009