PARTE PRIMA (geologico/dimostrativa)


Consideriamo, inoltre, che le prove scientifiche sono anche molte altre; per brevità, ne prendiamo in esame solo alcune:
a) l’arcipelago delle Spitzbergen/Svalbard è una catena d'isole nel Mar Glaciale Artico, appartenenti alla Norvegia, situate all’interno del circolo polare a 78° e 50” di latitudine nord. In tale posizione le estati sono fredde, con temperature massime di poco superiori allo zero, e gli inverni gelidi e con temperature oscillanti tra i 30 ed i 50 gradi sotto lo zero. A parte il profondo gelo invernale, una tale variazione stagionale distrugge la vegetazione e limita la fauna ad orsi e foche.
Peraltro, al largo delle coste dell’arcipelago, vi sono considerevoli resti di barriere coralline (che si
sviluppano solo in acque tropicali); altri resti di barriere coralline sono stati rinvenuti lungo le coste dell’Alaska, del Canada e della Groenlandia. Oltre a quest'aspetto, il botanico olandese prof. O. Herr ha identificato nei resti fossili di dette isole non meno di 130 specie di piante, compresi pini, abeti, cipressi, olmi, avellani e persino ninfee e palme.
L’implicazione più logica di questi rinvenimenti è ovvia: in un precedente periodo queste zone del
pianeta (e altrettanto dicasi per quelle corrispondenti antartiche) erano ben più calde per effetto di
una diversa latitudine;
b) la curva di calibrazione del “Carbonio 14”, elaborata dai prof. Kromer e Becker, mostra un notevole picco intorno ai 9.500 anni or sono, il che sta a significare che in quell’epoca si è verificato un evento che ha volatilizzato una notevole quantità di carbonio, rispetto ai precedenti periodi, come è risultato dalle analisi dei diversi strati del terreno in vari luoghi del pianeta:

 


c) investigando i resti fossili delle grandi estinzioni, avvenute nel passaggio dal Pleistocene
all’Olocene all’incirca 9.500 or sono, il prof. A. Tollman rilevò, tenuto conto degli effetti sul clima
che un impatto devastante provoca, che, appunto in coincidenza con un simile evento, si verificano anomali picchi d'acido nitrico.
Dai carotaggi eseguiti nei depositi di ghiaccio, provenienti da più parti del pianeta e dall’esame al
C/14 dei reperti fossili presenti nei prelievi, egli è giunto alla conclusione che un impatto eccezionale si è verificato intorno al 7.500 a.c. (ovvero 9500 anni da oggi);
d) si è altresì riscontrato, sempre in sede scientifica, che il diagramma di calibrazione dei campi
magnetici terrestri (che ha di norma un andamento molto costante dell’oscillazione) mostra negli ultimi diecimila anni, due precise eccezioni, nelle quali la direzione del campo magnetico è cambiata all’improvviso e in modo che fa pensare ad un intervento esterno. É stata riscontrata una rilevante perturbazione intorno al 3.200 a.c. ed un’altra molto più considerevole intorno al 7.500 a.c. Essendo scientificamente noto che il sistema è fortemente smorzato, con una costante temporale di oltre mille anni, è ragionevole individuare come dopo l’8.000 a.c. il sistema magnetico del pianeta abbia ricevuto un fortissimo impulso di energia, sempre a causa dell’anzidetto fenomeno, che produsse le conseguenze che gli antichi (nelle loro limitate conoscenze scientifiche) hanno descritto come c'è stato tramandato;
e) nel Nord e nel Sud America (Labrador, Ohio e Uruguay), in Asia (nelle pianure mongole) e in
Africa (nel sud sahariano) esistono numerosi massi (definiti geologicamente “erratici”), molti di
dimensioni enormi, tutti posti più o meno in direzione nord, la composizione geologica dei quali
non collima con quella delle aree di rinvenimento.
Questi massi non possono essere stati trasportati dai ghiacciai, poiché situati in zone che mai hanno presentato quest'aspetto (sono generalmente dislocati in pianure,molto distanti da catene montuose). Solo una forza enorme può averli spinti dove oggi si trovano e, comunque, gli studiosi delle ere glaciali non sono in grado di fornire una spiegazione di questo fenomeno.
Peraltro molti geologi considerano questo strano aspetto della crosta terreste una delle prove che localizzano nell’Oceano Pacifico il ricordato impatto;

f) le grandi estinzioni verificatesi alla fine del Pleistocene trovano spiegazione solo in un evento catastrofico di proporzioni inimmaginabili. I cumuli d'ossa di corpi di esseri viventi, di alberi ed altri vegetali, di pietrame e di terriccio (tutti databili con il sistema del C/14 e della radioluminescenza), rinvenuti in enormi depositi in Alaska, nel Wisconsin, nel Canada ed in Siberia (per citare i più noti e rilevanti), smembrati, accatastati ed accumulati in un ammasso inconcepibile, di spessore a volte di centinaia di metri e di ampiezza sovente di chilometri, non si spiega che con un fenomeno di violenza e proporzioni inaudite. Questi depositi, conservatisi per intervenuta glaciazione di quelle aree, danno da soli la misura della dimensione e della rapidità del fenomeno che sta all’origine.
Prendiamo in considerazione, per brevità ed anche perché i più studiati, i soli depositi del “permafrost”siberiano: in essi furono rinvenuti i cadaveri, più o meno conservati, di decine di specie animali, fra cui mammut, mastodonti, castori giganti, tigri dai denti a sciabola, rinoceronti lanosi, antilopi ed altri animali minori (nel Nord America anche cavalli e camelidi), tutti esseri che potevano vivere solo in clima temperato o temperato freddo e che si nutrivano, eccetto i carnivori, d'erbe e piante che nel clima siberiano odierno non possono crescere. Negli stomaci di molti mammut sono stati rinvenuti residui di ranuncolo (pianta acquatica da clima temperato), ma ciò che più ha impressionato gli studiosi è che questi residui (così come quelli d'altre erbacee) erano posizionati in vari momenti della digestione (bocca, stomaco, intestino), come se la morte di questi esseri fosse intervenuta con una tale rapidità da sorprenderli, ucciderli e congelarli in brevissimo tempo, seppellendoli poi in un miscuglio di limo, terriccio e ghiaccio, qual è appunto il “permafrost”.
Queste stragi non possono essere spiegate che da un fenomeno di forza e proporzioni enormi, così come l’effetto congelamento, solo da un repentino cambio di posizione dell’asse terrestre, con la conseguente diversa irradiazione solare del pianeta, che andava a sommarsi alle polveri ed al vapore in sospensione nell’atmosfera in quantità tali da oscurare per anni il Sole.
 

(continua)

 

     

 

Piazza Scala - aprile 2010