In un recente passato vi avevamo parlato delle vicende della
Cassa Sanitaria Intesa Sanpaolo e del suo passaggio - a partire dal 2011 -
alla nuova denominazione di Fondo Sanitario.
Nonostante l'ovvietà dell'argomento le Fonti Istitutive (banca e sindacati)
non avevano voluto accettare il principio di solidarietà pieno (vigente
nelle nazioni civili) fra personale in servizio (destinato a far registrare
sostanziosi avanzi) e personale in quiescenza (più bisognoso di assistenza
e quindi presumibilmente destinato al deficit). Ne era scaturito un
iniquo
meccanismo che potrebbe obbligare i pensionati a mettere mano al
portafoglio per coprire le perdite del comparto in presenza di cospicui
avanza degli attivi (del resto è una ruota che gira: prima o poi questi
ultimi si troveranno nella posizione opposta). Non si riesce a capire cosa spinga Banca e OO.SS. ad ostinarsi
ad un atteggiamento del genere quando i fondi potrebbero venire utilizzati
globalmente senza penalizzazioni per nessuna delle categorie.
Abbiamo appreso che le tre Associazioni dei pensionati ex Comit (UNPComit e ANPECOMIT) e ex Cariplo (che raccolgono il maggior numero di iscritti) hanno inviato alla Banca ed alle OO.SS: (DIRCREDITO, FABI, FIBA-CISL, FISAC-CGIL, FALCRI, SILCEA, SINFUB, UGL e UILCA) la lettera che di seguito trascriviamo:
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La lettera, sottoscritta da Cobianchi, Catenaccio e Marini per conto delle
tre associazioni, è stata stilata con attenzione per far capire alle Fonti
Istitutive che i pensionati non intendono accettare passivamente le modalità
del passaggio della Cassa nel Fondo, per il quale non è sufficiente una
delibera consiliare ma occorre un vero referendum.
Piazza Scala - ottobre 2010