LA COLPA E' SEMPRE DEGLI ALTRI   
 
 

 

La vita di ciascuno è data dall’insieme di tante piccole cose, ciascuna delle quali ha un valore relativo alla capacità di ciascuno di viverle, ed anche di comprenderle.

La linearità d’una persona o la forza di un carattere non si misurano nelle grandi circostanze nelle quali possono essere spinte fuori da quelle reazioni che quel di meglio o di peggio che vi è in ciascuno, producono.

No, esse stanno nel saper dominare le piccole contrarietà, le minuscole tentazioni, il minimo desiderio. Transigere con se stesso nelle piccole cose che riguardano gli altri è scalzare la propria volontà, la quale è portata a dire, come in una passata trasmissione televisiva: « E a me che me ne importa... tanto... »

È immedesimarsi con le masse, amorfizzarsi, scomparire.

L’esaurimento nervoso, questo male spirituale, il più diffuso tra i bancari secondo una recente statistica medica unitamente all’ulcera del numero, nasce dal non sapersi adattare alle piccole contrarietà.

Tutte queste cose furon dette quando il mediopesante Ca­puffìcio Titoli scese in caveau e, senza dir parola, di fronte all’attonito commesso che stava stilando distinte cedole, percosse con due solenni manrovesci la guancia destra e quindi la sinistra del cassiere titoli.

Guancia sinistra non offerta evangelicamente ma colta di sorpresa e che perciò il riflesso tardivo non aveva fatto arretrare sufficientemente, nè abbassare di giusta misura.

Ma sarà bene esaminare le cause di questo epilogo.

Tra i due, da tempo, vi era una certa ruggine, quella ossi­dazione di antipatia che si rivela nelle piccole schermaglie dialettiche per lo svolgimento in modo piuttosto che in un altro di certe operazioni contabili, nelle lamentele di ritardi o incomple­tezze talvolta esigue, nei moduli che passavano dall’uno all’altro ufficio; ogni piccola cosa insomma era motivo di lagnanza, di apprezzamento semi-offensivo che, anche se fatto senza rabbia, era però sempre una fonte di minuscola ma sentita umiliazione per il ricevente.

Quel pomeriggio la Banca aveva appena chiuso quando era giunto il solito, antipatico cliente a compiere le solite antipatiche operazioni dopo cassa. Il capo Sala lo aveva abbordato ed intrattenuto con le solite obbligate frasi di benevolenza che occorreva usare verso tutta la clientela, comunque essa fosse, mentre quella importunava i vari uffici per un versamento in conto corrente, un altro su di un libretto, un assegno circolare e la richiesta di un blocchetto di assegni.

I   minuti passavano: il cliente si ricordò anche che doveva ritirare delle Obbligazioni acquistate da qualche tempo e che ora avrebbe potuto portare a casa poiché aveva con sé la borsa.

II   Funzionario chiese all’Ufficio Titoli se si era in tempo a far uscire quei certificati. « Si potrebbe fare se la cassa non oppo­nesse delle difficoltà. Potrebbe essere già chiuso il caveau... potrebbe... comunque vado a sentire... » Ed alzandosi con eroico sforzo per evidenziare al cliente la scocciatura che gli dava ed il suo disappunto, discese ad inferos.

« C’è colui (il nome fu circondato da aggettivi epitetativi..) che vorrebbe ritirare i suoi titoli.. »

« Può andarsene a (censura...) la cassa è ormai chiusa... » e passando dalle parole ai fatti più ancora eloquentemente per indicare il suo dispregio e la sua indifferenza, accompagnò le parole con un suono il quale, non essendo pernacchia, Dante avrebbe poeticamente localizzato in: « ...ed elli del suo cul fece trombetta!! »

« Molto bene! » accondiscese il C.U. Titoli e risalì a riferire al Procuratore il colloquio bonificandolo naturalmente delle parti compromettenti e rumorose.

Il Procuratore ci rimase male ed osservando il sorrisetto compiaciuto che accompagnava il gentile diniego ed osservando il deluso cliente, lo ammiccò e gli disse: « Attenda un minuto, che vado io... »

Scese quindi di corsa ai locali sotterranei con agili balzi sui lucidi gradini.

« Perchè non vuole consegnare i titoli al signor...? » — « Io? » — rispose l’anima limpida, candida, innocente, ipocrita.

« Basta che l’Ufficio me ne faccia lo scarico! »

Ah, vecchio sistema di farsi belli verso i superiori con la pelle degli altri, il dimostrare una buona volontà completamente assente e farne figurare una cattiva a carico del vicino, il non sapere o il non avere il coraggio di una propria azione, di una propria decisione, molto spesso di un proprio diritto.

Il Procuratore risalì a riveder le stelle e raggiunto con passo da Terzo Raich il C.U. Titoli lo apostrofò malamente. « Lavativo che non è altro, la Cassa non ha nessuna difficoltà a consegnare quei titoli. La prego perciò di provvedere immediatamente... »

Stette ad aspettare il foglio di carta rosa, lo fece firmare dal cliente, discese, prelevò i titoli, li immise in una busta quasi elegante, la consegnò al cliente, sorrise come per scusarsi dell’incidente e l’accompagnò alla porta di servizio con atto di umile servilismo.Casella di testo: l
        Rientrando in salone vide risalire dai locali sotterranei il C.U. Titoli, dall’aria marziale e quasi soddisfatta, tanto da venirgli spontaneo di considerarlo in quel momento. «quell’uom dal fiero aspetto... »

 

◊  ◊  ◊  ◊  ◊  ◊  ◊

 

pagina indice

 

 

 

Piazza Scala - maggio 2014