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“Anche un cammino di ventimila leghe inizia dal primo passo”.
(antico proverbio cinese)

 

da Rieti a Poggio Bustone
 

sancirà l’inizio del cammino in direzione Nord e della città del Poverello.
Di prima mattina Barbara ti lascia nuovamente all’Anagnina e in metro viaggi verso la fermata Tiburtina (Ermanno ti ha dotato di biglietto e quindi sfuggirai alla forca caudina della rom appostata in prossimità delle macchinette che emettono i biglietti).
Gli altoparlanti della metro parlano di ritardi dovuti a “problemi tecnici” sulla linea, ma si tratta di poca cosa e con un cambio raggiungi agevolmente la Tiburtina dove, nello spiazzale esterno, vi è la Stazione dei bus della COTRAL. Sei addirittura in anticipo sulla tabella di marcia e riesci a prendere il bus delle 7,45 per Rieti che parte dallo “stallo” (si chiama proprio così a differenza della “darsena” spagnola) numero sette.
Il traffico cittadino del lunedì è caotico e il mezzo pubblico stenta ad incanalarsi nella corsia autostradale e, forse per questo motivo e nel tentativo di recuperare tempo, l’autista a un certo punto sembra posseduto dallo spirito reincarnato di Ayrton Senna: andatura sostenuta, sorpassi azzardati, brusche frenate.
Ad ogni fermata, al passeggero che sale, viene ripetuta la litania che la macchinetta obliteratrice non funziona e che bisogna convalidare a mano il biglietto di viaggio, con una biro che passa di mano in mano. Il tutto crea qualche scompiglio quando sale un controllore e alcune persone sono ancora con il biglietto intonso in mano. Ma tutto si risolve con una sana dose di buon senso laziale e non certamente con piglio svizzero (lì, però, molto probabilmente la macchina obliteratrice funzionerebbe!).
In due ore scarse sei a Rieti, al punto di partenza del tuo cammino e vai alla ricerca della Cattedrale di Santa Maria Assunta, presidiata da una bella statua di Francesco dove una gioviale suora ti appone il primo timbro sulla credenziale che ti sei fatto arrivare dalla Porziuncola di Santa Maria degli Angeli. La foto ai piedi della statua del Poverello è d’obbligo e inizi un tratto urbano che ti porta in direzione del Santuario de La Foresta. Il clima è buono e raccogli l’augurio di buona passeggiata da uno scooterista che ti passa accanto.
Ma c’è tempo per un caffè reatino. La ragazza del bar parla con un avventore della nuova relazione che il suo ex ha intrecciato con un’altra. Ha avuto modo di incrociare i due in un locale pubblico, forse una discoteca e, con una certa dose di autocompiacimento, racconta al suo interlocutore che gli amici presenti sono venuti in processione a dirle che danno alla nuova coppia solo pochi mesi di vita, tanto sarebbe male assortita. L’avventore la rincuora dicendole che non tutto quello che all’inizio appare negativo veramente lo è per davvero. In ogni caso per la ragazza la cicatrice è ancora aperta, questo pare evidente.
La pendenza che porta al Santuario de La Foresta è accettabile. Nel salire si apre sulla sinistra la piana di Rieti e si intravedono i laghi fra cui spicca il lago Lungo. Al Santuario ti imbatti in una coppia olandese che sta procedendo in direzione Sud; una breve sosta per visitare la chiesetta e poi inizi la discesa verso San Felice.
Fai un po’ di confusione con i segnali e ti trovi fuori strada. E’ consolante apprendere da una gentile signora del posto che, ogni tanto, le capita di imbattersi in viandanti fuori rotta. Ti spiega la strada con un marcato accento laziale e ti consegna anche un sacchetto di ciambelline fatte in casa, dopo averti chiesto se avevi bisogno di acqua.
La tappa successiva è Cantalice, che è divisa in due: la parte medievale e antica è quella superiore ed è abbarbicata alla collina. Quella inferiore, invece, è moderna e la si raggiunge dalla piazza della chiesa dedicata a San Felice, con una ripida scalinata di 300 gradini.

Al bar è tempo di un tramezzino, una birra e un caffè e quattro chiacchiere con il gestore che ascolta Eric Clapton. Avrà più o meno la tua età e si dichiara un suo fan. Quando gli dici di averlo visto dal vivo una trentina d’anni fa al Teatro Tenda di Milano Lampugnano, lui replica di averlo visto all’EUR in una serata di fine anni “70, quando oltre alla musica venivano serviti scontri con la polizia per i proletari che volevano la musica gratuita e il fumo acre del lacrimogeno faceva parte del programma.
Quando raggiungi la parte bassa e ti volti, Cantalice ti sembra già di averla vista in qualche spot pubblicitario per automobili.
La segnaletica è buona e i lunghi tratti di sentiero nel bosco, in completa solitudine, scorrono tranquilli. Ad una curva Poggio Bustone si presenta dall’alto dei suoi 756 metri; è la meta della prima giornata e il tratto finale, manco a dirlo, è in ripida salita, ma alla fine arrivi.

Feliciano, della Locanda Francescana dove dormirai, ha già chiamato per avere tue notizie. Si rivelerà un padrone di casa premuroso e attento; anche fragile quando vorrà raccontarti della recente e cocente delusione sentimentale, vissuta con una ragazza straniera con cui ha vissuto per ben diciotto mesi.
Il borgo, dove è nato Lucio Battisti e al quale è dedicata una statua nel parco pubblico che si chiama “Giardini di marzo”, si sviluppa in verticale ed è contrassegnato da gradoni e strade mai orizzontali. I saliscendi sono temperati da gradini e spesso appare lo stemma del paese con un inequivocabile bastone. In un certo punto si apre come una terrazza sulla Valle Santa e sulla piana reatina e la vista è davvero gradevole. Qui Francesco arrivò e salutò gli abitanti con il celebre “ Buongiorno, buona gente!”.
Feliciano ti assegna una stanza con una bel panorama ed è tempo di doccia e di bucato che precedono un riposino per arrivare al meglio alla cena. Il menu è robustamente laziale e lo condividi con Dario e Marco, due pellegrini giunti a Poggio Bustone da Leonessa; stanno facendo il cammino di San Benedetto. Ai tavoli siedono altri viandanti tedeschi e olandesi. Arrivano al nostro tavolo due austriache che non cenano, ma si scolano un mezzo litro di rosso. Deve essere buono perché dormono nella stanza accanto alla tua e le senti ridere a crepapelle, fino a quando non finiscono i benefici effetti dei fenoli e si addormentano.
Con Dario e Marco si chiacchiera di cammini e, dato che il secondo è di Bologna, si parla di Enrico Brizzi (1) e della sua trilogia del camminare. La serata si conclude con una generosa camomilla calda che, insieme a due copertine, costituiscono un’ottima base di partenza per una sana nottata di sonno.
Alle sei del mattino la valle che vedi dalla finestra è immersa nella nebbia e dalle nubi emergono solo le cime delle montagne.
La colazione che Feliciano fa trovare è ricca e abbondante, in modo da immagazzinare energie per la giornata che sarà interrotta solo dal panino che ti fai preparare e metti nello zaino. La sala da pranzo è ricoperta di guide che parlano di viaggi a piedi: diverse sul cammino di Francesco, altre parlano di Francigena, di cammino di san Benedetto o di via Micaelica. La riscoperta del camminare a piedi è una cosa evidente e palpabile, un turismo a impatto zero, a ritmo lento, pieno di significati e non privo di qualche valenza economica sul territorio.
Due chiacchiere finali con Feliciano, il tempo di ricordargli cosa dice il famoso proverbio in merito alla sua esperienza sentimentale: “Quando si chiude una porta, si spalanca un portone” e riprendi la via per la seconda tappa che ti consentirà di abbandonare il Lazio ed entrare in Umbria

 

(1) Enrico Brizzi (1974) è uno scrittore bolognese. Fra gli altri lavori ha scritto “Nessuno lo saprà”, “Il pellegrino dalle
braccia d’inchiostro” e “Gli Psicoatleti”, incentrati sul camminare a “forza di gambe” ( Tirreno/Adriatico, Via
Francigena e percorrere l’Italia dalla Vetta d’Italia fino a Capo Passero).

 

Claudio Santoro (Lecco)
 

(continua)

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Un po’ di logistica per tutti - 18/27 maggio 2014

Tappe:
1) Rieti – Poggio Bustone
2) Poggio Bustone – Piediluco
3) Piediluco - Arrone
4) Arrone – Ceselli
5) Ceselli – Spoleto
6) Spoleto – Trevi
7) Trevi – Spello
8) Spello - Assisi

 

Pernotti:
Poggio Bustone: Locanda Francescana
Piediluco: Parrocchia Santuario Francescano (Fra Luciano)
Arrone: Casa Vacanze Fiocchi
Ceselli: Casa Vacanze “Il Ruscello”
Spoleto: Convento Suore del Bambin Gesù
Trevi: Residence Sant’Emiliano
Spello: Hotel del Prato Paolucci
Assisi: La Cittadella

 

 

 

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Piazza Scala - agosto 2014