Da diversi anni scelgo l’Alta Val Trebbia per la mia vacanza estiva, in località di mezza montagna adatte per la mia età, in cerca di aria pura, fresca, filtrata dai grandi boschi nostrani, di castani, faggi,cerri,querce, ricresciuti liberamente negli ultimi sessant’anni dopo i tagli indiscriminati del tempo di guerra. Boschi una volta popolati di lepri, pernici rosse e starne, che oggi nascondono cinghiali, caprioli e daini.

Piccoli paesi e frazioni quasi disabitate in inverno e ripopolate in luglio e agosto dalle famiglie originarie a suo tempo emigrate in pianura o anche all’estero.  Molti giovani e i loro nonni si ritrovano nelle vecchie case ristrutturate con amore, senza badare alla convenienza degli investimenti.

Per salire lassù affrontano stradine tortuose, asfaltate ma strettissime. Se incontri un furgone o un autocarro devi passare piano, magari sull’orlo di un rivone o di un precipizio, scambiando con l’altro autista sorrisi cordiali da montanari. Senza parlare della famigerata Statale 45, che alcuni chilometri dopo Bobbio non fa invidia a certe strade dei passi dolomitici. E ciò ti ricorda subito che il grosso problema di questi posti è appunto la strada. Ma ne vale la pena. La bellezza dei luoghi, l’ara fina, l’acqua, la pace fanno perdonare tutto.

Mi sono trovato coinvolto in una delle frequenti feste estive che i villeggianti dalla parlata locale, un dialetto più genovese che piacentino, organizzano, spesso a spese loro,  ripulendo le stradine e infiorando le case, perché quei piccoli comuni hanno ben poche risorse. Si trattava dell’inaugurazione, in quel di Orezzoli, di un piccolo centro di aggregazione per giovani, nei locali della vecchia scuola elementare chiusa da molti anni. Il Comune di Ottone, anziché venderla, ha pensato di utilizzare i locali per intrattenere  i giovani, non solo quelli originari della frazione e dei dintorni, ma anche per attirare comitive di ragazzi, scout e altre associazioni, verso questi luoghi immersi in una natura che ormai si va facendo ovunque molto rara.

Dopo la benedizione dell’anziano parroco don Domenico,  reggitore spirituale errante di quattro o cinque comunità, e i brevi e semplici discorsi del sindaco Giovanni Piazza, dell’assessore Ferruccio Fioricelli e dell’ultima maestra che ha insegnato nella scuola prima della sua chiusura, la signora Anna Castelli, la comunità ha offerto un luculliano pranzo montanaro all’aperto a base di polenta (noi piacentini del sasso la qualificheremmo “mêina-mêina”) rimestata in  grandi paioli di rame da due signori nerboruti del posto con la “canela” intagliata da grossi rami. Sulla polenta, sugo casalingo, gorgonzola, spezzatino di cinghiale. Poi salsicce e braciole di coppa alla griglia, salumi, torte salate e dolci e bottiglioni di barbera un po’ selvatico. I giovani si abbuffano, noi anziani ci accontentiamo di modesti assaggini. Un’abbondanza da “una volta all’anno”, certo, ma forse, in questi tempi di crisi, da nascondere alla cupidigia del ministro Tremonti.

Ci sono due Orezzoli, come noto, Orezzoli Quà e Orezzoli Là, in Comune di Ottone, a cavallo fra la Val Trebbia e la Val d’Aveto, a poche centinaia di metri l’uno dall’altro. Si raggiungono su strade in quota da Cerignale, da Ottone e da Rezoaglio, con  viste mozzafiato sui fondovalle e sugli alti monti dell’Appennino piacentino e genovese, il Penna, l’Antola, il Bue, il Lesima.

Nel frattempo, a Cerignale, l’attivissimo sindaco Massimo Castelli, in tuta bianca, scopa e decespugliatore, con una squadra di volontari, anche forestieri, ripulisce ed abbellisce il paese, già infiorato,  in vista della “Festa delle Aie” di sabato 13 agosto, quando molte famiglie in tutto il paese espongono tavoli, appunto sulle vecchie aie, con ogni Ben di Dio, ma soprattutto torte casalinghe preparate con ricette segrete, e una piccola orchestrina – fisarmoniche e pifferi - passa per le viuzze del paese sostando a suonare e a mangiare. Qui il rock non è di casa, per una volta. Si balla la “Monferrina” e la “Gliga” in coppia con le mani sui fianchi e poi in circolo, fino a sera tarda, mentre il sindaco raccoglie offerte ed è poi sorpreso a ballare, alla luce di un lampione, sulla ringhiera di un terrazzino fra gli applausi dei suoi amministrati.  Quest’anno il paese si arricchisce di una soffice e discreta illuminazione dei “bedi”, gli antichi canaletti che scorrono sui lati delle vecchie viuzze offrendo una vista suggestiva ai viottoli montani,  e portano l’acqua delle montagne, riunendosi a valle,  giù fino al Trebbia. Allegria, ragazzi, perché la prossima settimana quasi tutti se ne torneranno alla vita di sempre, quest’anno più difficile, come si sa.

 

Giacomo Morandi

 

 

 

 

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Piazza Scala - settembre 2011