A seguito pezzo della Goracci su Piazza Scala del 10 ottobre 2011
Il 12 febbraio del 2004, riferendomi ad altri miei pezzi ante 1998, scrivevo:
 

Sul Gazzettino del 10 ottobre 1998, a quattro anni allora dalla commemorazione di una tragedia che mi porto in cuore da 40 anni perché vissuta molto e molto da vicino, fors’anche più di tanti bellunesi, i quali, non ancora nati, mostrano oggi di aver vissuto personalmente la tragedia, raccontavo filo e per segno alcuni fatti documentabili e documentati: il mio transitare con la “FIAT 600” fra le macerie dopo poche ore dalla tragedia, con tanto di permesso del Comando dei Carabinieri di Trento e di Bolzano, le casse da morto distribuite un po’ dappertutto, la puzza dei disinfettanti che mi bruciavano gli occhi, l’erba che pareva “stirata” come un fazzoletto a fianco della strada lambita da poco dall’acqua, la campana della chiesa che aveva trovato una collocazione dopo il trambusto infernale, diverso materiale bancario “riservato” che ho consegnato alla Direzione Generale di Mestre della stessa banca che ora ha cambiato ragione sociale, il generale Baraldo che allora coordinava i soccorsi, Bepi Zanfron (vedi foto) che documentava la tragedia (personaggi questi ultimi che ho conosciuto soltanto 10 anni fa a Belluno dopo essermi trasferito costì a 30 anni dalla tragedia). Dicevo poi, alla fine dell’intervento sul Gazzettino che, alla mia età, non sarei più stato capace di sopportare lo strazio di una simile tragedia.

 

Bepi Zanfron, (il primo a sx), fotoreporter del Gazzettino,  con Arnaldo De Porti (il primo a dx) con i colleghi del Direttivo Associazione Stampa Bellunese, 40 anni dopo la tragedia del Vajont.  Le immagini di Zanfron hanno fatto il giro del mondo e sono servite come materiale per il film del regista Martinelli sul Vajont.  De Porti, per altri motivi, era con lui poco dopo la tragedia, come narrato nell’articolo.

 

Perché questo preambolo, se volete anche un tantino spigoloso o, quanto meno, al di fuori di certi formalismi, anche istituzionali, a cui ho assistito con la visita del Presidente della Repubblica ?
Semplicemente perché, ma mi posso anche sbagliare, (nel qual caso ne sarei davvero lieto), mi è parso che la coreografia della commemorazione abbia avuto il sopravvento sul vero ed autentico significato della tragedia per trasformarsi in una giornata – lasciatemelo dire, semmai smentitemi – diversa dalle altre. Beghe a livello istituzionale, più o meno in buona fede, apparizioni di personaggi che prima osannavano alla secessione e che, in quest’occasione, si sono raccolti intorno al tricolore a fianco del Presidente della Repubblica, addirittura cercando di guadagnare un posto il più visibile, lo stracciarsi di vesti invero gratuito da parte di alcuni che nel Vajont hanno intravisto e intravedono solo un “business” alla faccia di quelle duemila vittime che verranno piante in eterno da coloro che hanno davvero vissuto quei giorni.
Con questo non voglio dire che non ci siano stati il ricordo e la sofferenza causata dagli eventi del 9 ottobre 1963, ma mi è parso di vivere una realtà molto lontana dalle motivazioni “oggettive” che hanno dato vita alla maggior parte delle manifestazioni, spesso coreografiche.
Sono e resto dell’opinione che le persone che, al momento della tragedia, erano al di sotto dei 15-20 anni, ed ovviamente coloro che non erano ancora nati, non possano capire più di tanto, ove si ponga mente al fatto che allora c’era un intreccio di interessi, ma anche di iniziative estremamente positive, che non potevano contemperarsi per motivazioni che non solo sarebbe lungo spiegare ma soprattutto arduo. Io lavoravo a pochi metri dalla SADE di allora, a Venezia… e anche adesso mi provo una qualche sofferenza per quegli ingegneri (che ho conosciuto personalmente per motivi professionali) e che di certo non volevano uccidere.....
Solo le persone di una certa età possono valutare ciò che è successo: mi fa specie il discorso dell’On.le Paolo De Paoli fatto in occasione della consegna dell’importante riconoscimento da parte del Presidente della Repubblica : ho capito dalle sue parole schiette, pregne di un dolore istituzionalmente celato, che la commemorazione non è un atto formale, né di visibilità politica come hanno cercato in tanti di fare. Guardate alcune sequenze filmate e ne trarrete conferma.
Vorrei concludere dicendo una verità che farà male a tanti. Chi ha davvero commemorato con dolore la tragedia del Vajont, eccezion fatta ovviamente per istituzioni ed “adepti”, forse era a casa a piangere......
Una preghiera per il futuro: non si strumentalizzi il Vajont a fini personali e demagogici !
Sarebbe un’offesa per chi non c’è più.

Arnaldo De Porti

 

 

 

 

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