Nel quadro delle commemorazioni del 150° Anniversario dell'Unità d'Italia abbiamo il piacere di pubblicare un pezzo reperito nello spazio Facebook della "BCC dei Comuni Cilentani", curato direttamente da Vincenzino Barone senza fini pubblicitari e solo per farlo diventare un "salotto" del territorio: anche il sito della BCC dei Comuni Cilentani è molto bello e curato, con notizie economiche di fonte Bankitalia, ISTAT e quant'altro.
Lo stesso Vincenzino ha commentato la poesia di Ungaretti.
Piazza Scala - marzo 2011.

 

Italia 

Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni 

Sono un frutto
d'innumerevoli contrasti d'innesti
maturato in una serra 

Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia 

E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre. 

(Giuseppe Ungaretti)

La poesia di Marzo.
Per il 150° anniversario dell'Unità, "Italia" di Giuseppe Ungaretti
pubblicata da Bcc Dei Comuni Cilentani
il giorno domenica 27 febbraio 2011 alle ore 19.16

Giuseppe Ungaretti può considerarsi uno dei  padri nobili della poesia italiana del novecento. Partito dal simbolismo, anche per i forti legami che ebbe con la cultura francese, divenne poi il più autorevole esponente della corrente dell’ermetismo nel nostro Paese.  Di genitori originari della lucchesia,  nacque in Egitto nel 1888. Visse in giovinezza a Parigi; rientrato in Italia alle soglie della Grande Guerra,  fu interventista e, coerentemente, soldato volontario sul Carso. L’esperienza  di quell’atroce conflitto lo segnò profondamente ed a quel periodo dobbiamo alcune tra le più belle composizioni mai scritte. Dagli  anni venti in poi fu giornalista, scrittore, inviato, curioso del mondo. Per un lungo periodo insegnò in Sudamerica,  poi - per chiara fama -  ottenne la cattedra di letteratura moderna e contemporanea presso l’Università di Roma , incarico che conservò sino al 1965. Morì nel 1970; di lui si ricordano ancora le frequenti  apparizioni televisive  nelle quali, con la una  voce ormai quasi cavernosa, squarciava  il mondo col bagliore lapidario dei  versi. Perché l’ermetismo, con la sua frantumazione della parola e l’apparente oscurità del linguaggio, intendeva dare espressione a sensibilità a prima vista scollegate, dando corpo alla più recondita umanità che solo uno straordinario poeta riesce a portare alla luce. A ben pensare, non era allora nemmeno tanto vecchio: ma negli anni sessanta,  con l’istinto di correre che  i giovani avevano e la voglia di rompere con il passato,  quell’uomo con la barba bianca poteva  apparire il monumento di se stesso. Anche la società civile sembrava che volesse rendere omaggi formali, quasi alla memoria, all’aedo vivente che aveva contribuito a costruire la cultura comune e, quindi, la nostra identità nazionale.  Ci accorgiamo ora che non era così e in questa chiave desideriamo rileggerlo , il Grande Maestro,  e con lui intendiamo celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia con una lirica che, a partire dal titolo e sviluppando la densità dei sentimenti, riporta a nudo le nostre radici.

Vincenzino Barone

 

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Piazza Scala - marzo 2011