Italia
Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni
Sono un frutto
d'innumerevoli contrasti d'innesti
maturato in una serra
Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia
E in questa uniforme
di tuo soldato
mi riposo
come fosse la culla
di mio padre.
(Giuseppe Ungaretti)
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La poesia di Marzo.
Per il 150° anniversario dell'Unità, "Italia" di
Giuseppe Ungaretti
pubblicata da
Bcc Dei Comuni Cilentani
il giorno domenica 27 febbraio 2011 alle ore 19.16
Giuseppe Ungaretti può considerarsi uno dei padri
nobili della poesia italiana del novecento. Partito
dal simbolismo, anche per i forti legami che ebbe
con la cultura francese, divenne poi il più
autorevole esponente della corrente dell’ermetismo
nel nostro Paese. Di genitori originari della
lucchesia, nacque in Egitto nel 1888. Visse in
giovinezza a Parigi; rientrato in Italia alle soglie
della Grande Guerra, fu interventista e,
coerentemente, soldato volontario sul Carso.
L’esperienza di quell’atroce conflitto lo segnò
profondamente ed a quel periodo dobbiamo alcune tra
le più belle composizioni mai scritte. Dagli anni
venti in poi fu giornalista, scrittore, inviato,
curioso del mondo. Per un lungo periodo insegnò in
Sudamerica, poi - per chiara fama - ottenne la
cattedra di letteratura moderna e contemporanea
presso l’Università di Roma , incarico che conservò
sino al 1965. Morì nel 1970; di lui si ricordano
ancora le frequenti apparizioni televisive nelle
quali, con la una voce ormai quasi cavernosa,
squarciava il mondo col bagliore lapidario dei
versi. Perché l’ermetismo, con la sua frantumazione
della parola e l’apparente oscurità del linguaggio,
intendeva dare espressione a sensibilità a prima
vista scollegate, dando corpo alla più recondita
umanità che solo uno straordinario poeta riesce a
portare alla luce. A ben pensare, non era allora
nemmeno tanto vecchio: ma negli anni sessanta, con
l’istinto di correre che i giovani avevano e la
voglia di rompere con il passato, quell’uomo con la
barba bianca poteva apparire il monumento di se
stesso. Anche la società civile sembrava che volesse
rendere omaggi formali, quasi alla memoria, all’aedo
vivente che aveva contribuito a costruire la cultura
comune e, quindi, la nostra identità nazionale. Ci
accorgiamo ora che non era così e in questa chiave
desideriamo rileggerlo , il Grande Maestro, e con
lui intendiamo celebrare il 150° anniversario
dell’Unità d’Italia con una lirica che, a partire
dal titolo e sviluppando la densità dei sentimenti,
riporta a nudo le nostre radici.
Vincenzino Barone |