Elvy Costa Clerici “ULTREYA! SUSEYA! Un’ipotesi di percorso dal Po al mare per la Via della Costa” Associazione Culturale “IL CAMMINO” Caminata di Val Tidone (PC), Fondazione di Piacenza e Vigevano, 2013 , pp. 44

L’autrice del volume Elvy Costa Clerici è la moglie del nostro collega Enrico Clerici, recentemente scomparso, che per anni ha curato nell’Ufficio “Nucleo Pubblicazioni Fiscali” della Direzione Centrale della Comit la redazione del volume molto ricercato sulle Imposte.

Come rileva l’autrice nella presentazione, con questo scritto sulle antiche vicende della provincia di Piacemza Lei è ben lontana dall’avere la pretesa di compiere una visitazione specialistica della “Via della Costa” ma è suo intento presentarne una visione, passo dopo passo , al lettore dei nostri giorni. L’autrice ringrazia Arturo Carrobbio e Katy Pisani Montalbano che con lei “Pellegrini” hanno percorso le antiche vie e Carlo Alfredo Clerici per l’aiuto prestato.

Nella Prefazione Giovanna Scansani rileva che il volume parla dei luoghi relativi al passaggio obbligato per chi giungeva dall’altra sponda del Po (il lato settentrionale) e voleva raggiungere il mare . Il volume descrive un breve tratto di strada crinale che si diparte dalla più nota via Francigena e che è appunto la “Via della Costa”. Oggi, rileva la Scansani, non è anacronistico parlare di pellegrini o di luoghi santi e di accoglienza; leggendo tale volume tutti possiamo sentirci in qual modo pellegrini, seppure del terzo millennio. La Scansani ringrazia poi la Fondazione di Piacenza e Vigevano e le altre associazioni e persone che hanno contribuito alla realizzazione del volume.

ULTREYA!SUSEYA! nel linguaggio medievale, misto al latino antico, significava “andar oltre e più in alto” e questo è il senso metafisico del Viaggio per eccellenza, quello che ogni uomo doveva compiere almeno una volta nella vita, nel quale avrebbe incontrato dolore e sofferenza , tentazioni e paure, dove la strada diventava simbolo e non mezzo per raggiungere la meta e tornare purificato dalle sue colpe.

La prima parte del volume tratta il problema del pellegrinaggio, un tema che è ancora adesso molto attuale considerata l’elevata incidenza odierna del turismo religioso, sempre crescente. Sono descritte le principali mete di pellegrinaggio del Medioevo, i libretti che guidavano i pellegrini e che descrivevano i luoghi notevoli e le storie dei Santi , i canti e le preghiere che accompagnavano il viaggio e l’abbigliamento dei viaggiatori ; l’autrice rileva che le medaglie e le immagini dei Santi erano cucite sopra le vesti dei pellegrini e testimoniavano le tappe del percorso ; in tal modo leggiamo che chi era stato in Terrasanta portava come segnale la palma dell’Orto dei Getsemani, chi era stato a Compostela la conchiglia , chi a Roma le chiavi decussate. Incisive illustrazioni, tratti da affreschi , quadri e stampe di varie epoche contribuiscono a spiegare efficacemente tutti questi elementi propri del pellegrinaggio.

“Hospes eram et collegistis me”  Al messaggio espresso da tali parole di Cristo , riportate nel Vangelo di Matteo, si ispirarono coloro che svolgevano attività di accoglienza nei luoghi detti “hospitales”. Questi ultimi edifici e quanto resta delle loro caratteristiche geografiche ed ambientali costituivano l’aspetto fondamentale della struttura organizzativa della viabilità medievale. Tali strutture , evidenzia l’autrice, sorgevano in luoghi di passaggio obbligato ed erano luoghi oltre che di ricetto anche di controllo del passaggio degli stranieri. Ai pellegrini ammalati veniva prestata assistenza da parte di mediconi “megdon”  con l’aiuto di olio benedetto (usanza protrattasi nel tempo). L’autrice mette in rilievo che nelle zone tra Pavia e Piacenza le strade usate dai pellegrini erano sovrapponibili alle grandi arterie romane e tre erano le vie usate: la Postumia, la via Emilia ed il tratto navigabile del Po; il percorso della strada Romea, che era una via di pellegrinaggio importante come la via Francigena, era sovrapponibile al percorso della romana Postumia- Julia Augusta.

L’autrice descrive poi l’itinerario percorso dai pellegrini che giungevano dal Centro Europa e varcavano le Alpi attraverso il Gran San Bernardo o il San Gottardo. Giunti sulla riva nord del Po i pellegrini guadavano il fiume attraverso vari punti, pagando i pedaggi stabiliti, e si dirigevano verso il santuario principe: il Monastero di San Colombano a Bobbio.  Elvy Costa Clerici fornisce una dettagliata cartina indicante l’ubicazione della Via della Costa e descrive ed illustra con foto incisive alcuni luoghi e monumenti in cui transitavano i pellegrini quali la Pieve di S. Gorgonio a Parpanese, diventata in tempi recenti l’atelier del pittore Delfitto,  il complesso ospitale ed oratorio di Santa Maria di Costola , il Santuario di Santa Maria del Monte, la Pieve di Stadera dedicata a San Martino, la Torre Gandini, la chiesa di Santa Maria Assunta a Canevino, il Santuario della Beata Vergine a Montelungo, l’antico borgo di San Sinforiano odierna Caminata Val Tidone che è illustrato da una bella china seppia dell’autrice. La scrittrice illustra con delle belle foto due punti omportanti del percorso: il luogo del guado del fiume Tidone a San Synforianum e la mulattiera del Monte Bissolo , detta “strà de la cà del cergòn”. Risalita la mulattiera i pellegrini incontravano il castello di Trebecco, di cui restano ancora i ruderi,  e trovavano poi assistenza gratuita nello xenodochium di San Silverio di cui resta ancora la bella chiesa. Proseguendo il viaggio verso Bobbio i pellegrini incontravano Cella Vaccariccia, di cui viene mostrata la chiesa . A Bobbio, importante tappa del viaggio,  i pellegrini iniziavano il Caminus Januae; l’autrice fa presente che nella sfera dell’abbazia gli ospedali erano due :  quello della Misericordia e quello di San Giacomo;   altri due ospedali sorgevano nei sobborghi :l’ospedale di San Lazzaro o dei lebbrosi e l’ospedale di Santa Caterina sulla riva destra del Ponte Vecchio.

Gli ospedali erano retti da altrettante Confraternite della città di Bobbio tra cui quella dei Confratelli della Confraternita dei Disciplinati o Battuti. Numerosi reperti, conservati nel Museo dell’Abbazia,  attestano che il Monastero di San Colombano fosse meta di intenso pellegrinaggio. Il cenobio del monastero era dotato di una attrezzata farmacia. La Laus perennis dei monaci accoglieva al Monastero i pellegrini che concludevano una parte del viaggio presso la tomba di San Colombano. Molti pellegrini poi proseguivano il loro itinerario verso il mare attraverso vari percorsi.  A Chiavari  era noto l’hospitalis de Santi Jiacobi di Rupinaro, risalente al VII secolo. Noti erano anche l’hospitale di Santa Maria Maddalena e nelle vicinanze quello di San Cristoforo nei pressi di Entella. L’autrice fa presente che dal litorale ligure a Roma esisteva  una rete continua di strutture per l’assistenza dei pellegrini. Per coloro che si dirigevano a Rapallo l’accoglienza era offerta dalle monache cistercensi, poi agostiniane del Monastero di Valle Christi, illustrato nel testo da un acquarello. A Ruta di Camogli sorgeva la Chiesa vecchia di san Michele o del Sacro Cuore con un ospizio denominato Hospitalis de Rua. I pellegrini giungevano infine a Genova, che durante il XV secolo offriva asilo ai pellegrini e agli ammalati  presso l’ospedale della Misericordia. In seguito fu eretto l’Ospedale di Pammatone ed i malati e pellegrini furono curati da religiosi e religiose; connessa a tale ospedale fu per secoli la Festa del Perdono Accanto all’Ospedale sorgeva la spezieria , dove si preparavano i medicamenti e veniva coltivato un orto con piante medicinali. Portate a termine le visite i pellegrini si imbarcavano sulle galee e prendevano il mare per la Terrasanta.

Nella città di Genova, sottolinea l’autrice, l’ultima sosta sarebbe avvenuta presso l’ospedale dei Templari della Commenda di San Giovanni di Pre, che sorgeva di fronte all’antico porto cittadino.

Il volume ben documentato attesta quanto efficiente fosse la struttura assistenziale al servizio di uno dei fenomeni più popolari quali il pellegrinaggio verso i luoghi santi.

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Giuseppe Bardone - marzo 2013


 

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