La “Via
degli Dei”, da Bologna a Firenze a piedi in una settimana, per conoscere
storia e tradizioni del territorio
C’era luna piena la mattina in
cui io e Angelo ci siamo trovati alla stazione di Lecco per
raggiungere Milano e da lì Bologna. Non ci sembrava vero, dato
che avevamo dovuto rinviare la partenza già diverse volte. Anche
la newsletter ricevuta da Paolo Sottocorona, il meteorologo di
LA7, era stata di conforto: “Che l’alta pressione sia con voi!”,
recitava. E allora era arrivato il momento di preparare gli
zaini con la consueta lista delle sole cose indispensabili
(tanto alla fine è sempre pesante!) e partire.
VERSO IL MONTE ADONE
Alle 10,20 sono nel piazzale della stazione di Bologna, da dove
ha inizio il nostro cammino a piedi, con lo zaino che, da
subito, comincia a far sentire la sua ingombrante presenza. Le
strade cittadine non sono particolarmente gradite ai viandanti,
ciò nonostante ci facciamo spazio tra i portici della Grassa e
tiriamo dritto. Ogni tanto ci chiediamo se sia la strada giusta
o meno per San Luca, ma in un paio d’ore arriviamo al santuario,
giusto in tempo per vedere la porta del negozio dei “ricordini”
che si chiude. Dopo aver fatto provvista d’acqua, iniziamo la
discesa che porta al Parco Talon e che prosegue nel tratto di
golena sulla riva destra del Reno. Non è una strada
entusiasmante, con il Reno in secca, sterpaglie, sabbia,
ragnatele; non esistono piazzole dove poter tirare il fiato o,
men che meno, sedersi un attimo. Non vi è inoltre traccia di
segnali, come era già successo a un bivio precedente. Chiamo il
B&B di Badolo mentre Angelo parla con un ciclista volenteroso
che si ferma a dare una mano. Dal mix di informazioni raccolte,
capiamo la direzione e che l’ultimo tratto è in salita. Fa caldo
e la sfacchinata comincia quando la strada pesa e lo zaino ancor
di più. Ma, dopo un lungo tratto su sterrato, appare il Nova
Arbora, insieme al barbuto Giorgio che ci ha dato le indicazioni
al telefono; con lui c’è Donatella che ci accoglie con un bel
sorriso e due birre fresche. L’ospitalità è molto buona e il
padrone di casa ci racconta un po’ della sua vita, mentre la sua
compagna prepara tagliolini freschi in brodo, impreziositi dalla
crosta di parmigiano in ammollo, tacchino con ver-dura e frutta
di stagione. L’indomani comincia alla grande, con una ricca
co-lazione visto e considerato che il pranzo si salta e il Monte
Adone ci aspetta! Si sale piuttosto facilmente e, arrivati in
cima, si apre una splendida visuale, però poco appenninica.
Sotto, incessante e sordo, si sente il rumore del fiume di auto
e camion che affrontano in salita il famigerato tratto
appenninico dell’Autostrada del Sole. In cima, custodito in una
cassetta a tenuta stagna di metallo e avvolto in un sacchetto di
plastica dove ci sono anche delle penne biro, ci troviamo un
quaderno su cui il viandante, se vuole, può lasciare traccia del
suo passaggio. La discesa termina proprio davanti a un bar e a
quell’ora un caffè è un vero toccasana, soprattutto se consumato
a un tavolino, senza scarponi e liberi dallo zaino. Da lì inizia
un lungo tratto su asfalto con dei saliscendi che mettono a dura
prova le nostre ginocchia. Sono nove chilometri piuttosto duri e
resi più pesanti dal caldo. Ma, passo dopo passo e dopo una
breve sosta su una panchina per mangiare qualche albicocca, ci
appare la piazzetta di Monzuno. Seduti al Bar Franco, davanti a
una piadina e a un affogato al caffè, è il momento di capire
dove passare la notte. Dopo qualche informazione rastrellata qua
e là, troviamo un B&B, Il rifugio del viandante, un agriturismo
gestito da due giovani coppie bolognesi che hanno deciso di
abbandonare la città e vivere e far crescere i figli in uno
splendido casolare. La mattina seguente, dopo un’abbondante
colazione (tutta bio), ripartiamo in direzione Monte Galletto.
Si sale senza strappi e, dopo aver superato un gigantesco
ripetitore telefonico, raggiungiamo i 955 metri della vetta:
davanti a noi uno stupendo panorama, clima ben temperato e
niente vento. Dopo una breve sosta al bar del paese, ripartiamo
alla volta di Piani di Balestra, fino a raggiungere il punto più
alto della via: sono i 1.202 metri delle Banditacce, in un
sentiero immerso nel bosco dove però la visuale è limitata. È
tempo di scendere verso il Passo della Futa, lo scollina- mento
che ci porterà dall’Emilia alla Toscana. La discesa, nonostante
i bastoncini telescopici, si fa sentire sulle ginocchia e le
articolazioni, con il peso dello zaino che spinge verso il
basso.
LE PRIME TAPPE IN TOSCANA
Il camping II Sergente ci accoglie con una parlata marcatamente
toscana. La signora Maddalena ci assegna l’appartamentino Villa
Giotto, che potrebbe ospitare cinque persone e che ci consente
di riposare nel comfort più totale. La cena è buona (ottimo il
pollo al mattone), poi le telefonate di rito e qualche risata
costituiscono il degno finale di quest’altra giornata di
cammino. Al risveglio decidiamo la via da percorrere, prendendo
il tratto di strada napoleonico e, tanto per cambiare, si sale
per 450 metri circa, dato che il Monte Gazzaro è la prima meta
della giornata. Dopo due ore di cammino, un bivio ci si para
davanti. È ben segnalato e indica come proseguire: da una parte
un sentiero per EE (escursionisti esperti) che porta alla croce
e a una discesa impegnativa, dall’altra un sentiero più agevole.
Il terreno scivoloso ci fa optare per la seconda soluzione e,
con una discesa di 200 metri circa, raggiungiamo il Passo
dell’Osteria Bruciata. La giornata segnerà 1.400 metri di
dislivello complessivo da percorrere: la meta da raggiungere è
Sant’Agata del Mugello, un borgo caratterizzato da una bella
pieve dedicata alla santa martire. L’ultimo tratto della
giornata sono i sette chilometri di sterrato e asfalto che ci
separano da San Piero a Sieve. Nonostante qualche problema a
imboccare la direzione corretta, si riparte, con una bella
visuale del Mugello a destra e a sinistra. Superiamo la graziosa
località del Gabbiano e con un tratto finale in asfalto entriamo
con andatura stanca nella cittadina, attraversando la zona del
campo sportivo e del ponte sulla Sieve. Il nostro B&B La Pieve è
proprio di fronte la chiesa ed è molto bello: stanze spaziose e
bagno faraonico, dove la doccia calda, dopo una birra fresca del
Bar Sport, risulta una degna conclusione di giornata. La signora
Monica ci consiglia un ristorante dove cenare e ci dice bene:
pappa col pomodoro, rosticciana, fegato con cipolle e un
delizioso lampredotto, roba per intenditori. La colazione qui è
proprio buona, con torte, biscotti e marmellate preparate dalla
signora Monica, così la mattina seguente si riparte alla grande.
Uno stop al vicino panificio Conti consente di dare un’occhiata
allo splendido pane toscano e di cacciare nello zaino un
saporito ed economico panino, che servirà un po’ più tardi. I
260 metri scarsi di salita consentono di godere di una bella
visuale sul Mugello, anche se il castello medievale non è
visitabile. C’è una fontana e, dopo una discesa che ti riporta
sui 200 metri sul livello del mare, si riparte per i 600 metri
in salita che, passando per la Badia del Buonsollazzo,
culmineranno al Monte Senario. Tra sospiri e risate, si
raggiunge la Badia del Buonsollazzo, che appare distante e
alquanto fatiscente. Appoggiati al guard rail, consumiamo il
panino e riprendiamo forze e fiato necessari per affrontare la
salita agli 815 metri del Monte Senario, che viene raggiunto nel
primo pomeriggio. È giunto anche il momento di trovare un posto
per pernottare, e l’Hotel La Bruna di Bivigliano sembra il posto
giusto. La cena nella trattoria è una piacevole sorpresa: fanno
la parte del leone le ficattole con formaggio e prosciutto, ma
non sfigurano nemmeno gli involtini alle pere col formaggio e la
rosticciana (costine di maiale).
STREMATI ALLA META
Arriva così finalmente la tappa che ci porterà a Firenze e alla
fine del nostro percorso. Come al solito le spalle e le gambe,
dopo le fatiche dei primi giorni, hanno iniziato ad adattarsi al
peso e al camminare. Si è tracciato il tragitto che ci condurrà
alla Casa del vento, e con la deviazione su sterrato alla salita
verso Le Croci. Fino ai 700 metri del Poggio del Pratone, dove
si trova un bello spiazzo, con un albero e un posto dove sedersi
e consumare il nostro panino. La visuale è offuscata dalla
foschia, ma si intravvedono le colline fiesolane e Firenze. Una
salitona ci porta a costeggiare un camping e poi c’è l’arrivo in
questo giardino pubblico del Monte Ceceri, dove (come testimonia
una stele del parco) Leonardo da Vinci sperimentò la sua
Macchina del Volo nel 1506. Ed ecco che dopo tanto peregrinare,
incontriamo il cartello stradale “Firenze” e da lì inizia la
lunga e ripida discesa su asfalto di via Boccaccio. Si costeggia
l’enorme Villa Schifanoia fino a raggiungere via San Gallo che
porta dritta in una piazza del Duomo stipata all’inverosimile.
Qui viene consumato il rito delle foto nel luogo di arrivo. Nel
pomeriggio, riprendiamo la strada per il ritorno, iniziando a
pensare alla prossima camminata...
MADONNA DI SAN LUCA
Il punto di partenza dei nostri due Tpc
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BOLOGNA
La via porticata che conduce al santuario |
“MI SCUSI, PER...?”
Il prezioso aiuto di una persona del luogo per ritrovare la via
giusta. |
UNA STRADA DI 2.000 ANNI FA
In alcuni punti, la Via degli Dei segue l’antica strada militare
romana Flaminia minore
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BADIA BEL BUONSOLLAZZO
Struttura religiosa oggi chiusa nel comune di Borgo San Lorenzo (FI) |
IL BORGO
Claudio e Angelo in marcia, durante una tappa del percorso) |
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