Abbiamo nuovamente "rubato" uno scritto di Giancarlo Torniai comparso su Facebook nei giorni scorsi: il collega ha saputo dar vita ad un gustoso quadretto familiare anni '70
Piazza Scala

 

 

Quando la mattina, lavorando in giardino, faccio dei lavori "faticosi", il pomeriggio sento il bisogno di "rilassarmi" camminando dolcemente, per circa un'ora, in dei posti "segreti".
In genere, con me, c'è sempre l'Annalia. All'inizio dell'autunno e fino a quando il tempo non "crolla" del tutto, uno di questi posti è Cascina Nuova.
Un vialetto di circa 300 metri dal quale si può ammirare un bel panorama. Il terreno, erboso, è soffice e, questa sensazione di "leggerezza", si trasmette a tutto il corpo, soprattutto alla mente che si ... sgombra.
Certo, camminare per un'ora, "anda e rianda", nei soliti 300 metri, ai più, può sembrare insopportabile ma, per un abitudinario incallito come me, e in là con gli anni, non è così.
Quella piaggia, ben esposta al sole, prima che ci costruissero quelle villette attaccate, era tutta piena di "stecchi" che, a settembre, producevano delle piccolissime susine selvatiche, cibo prelibato per merli e tordi. In primavera poi, ad aprile, la si poteva ammirare dalla Rotonda panoramica del Saltino in tutto il suo splendore: gli stecchi fioriti, la facevano apparire come una immensa nuvola bianca. Quante volte ho ammirato quella nuvola!
Da Cascina Nuova la strada si "inerpica" per circa 300 metri costeggiando le siepi e le ringhiere delle case per poi spianare e curvare, dolcemente, a sinistra.
Quella curva dolce, ai tempi degli stecchi, era una posta "magistrale" per la lepre che, dopo aver girato tutta la notte nei prati sopra la "Cascina", al mattino, si rimetteva nella grandissima steccaia.
Un mercoledì mattina, ai primi di ottobre, alla fine degli anni '70, ero là, con mio zio Vezio detto "Castigo" e la mia bravissima canina "Lola", una segugio nero focata. Già, a quei tempi, tutti i mercoledì prendevo un giorno di ferie per andare a caccia.
Quella mattina c'era la nebbia e la Lola "sentiva" la lepre nei prati e nel bosco ma non riusciva a trovare il posto della "rimessa". Io, ero sempre dietro a lei perché cacciava "a corto". Quanti passi faceva lei, tanti passi facevo io. Verso le nove e mezza, una "brezza" di tramontana sgombrò tutto e, senza la nebbia, i cani sentono meglio. Infatti, la Lola entrò nella steccaia, io corsi in fondo e lo zio Vezio rimase in cima, alla curva.
Dal suono del "bubbolo", si sentiva che la stava cacciando "forte". Noi, in silenzio, col fiato sospeso, gli occhi attenti a guardare il viottolo, in attesa del latrato acuto, inconfondibile, di quando "gli dava ai covo".
Arrivò il grande "sbèrcio" e la canizza "serrata" su per la steccaia... poi la fucilata e la voce contenta dello zio:

<< Lolaaaaa, qua, qua, qua. Lolaaaaa. qua, qua, qua.>>
In tre minuti, di fondo, arrivai in cima e trovai lo zio Vezio con la lepre e la Lola che l'abboccava.
<< Bravo zio! >>
<< Ho fatto un bel tiro. Veniva su veloce, aveva la cagna "ai culo". >>
Poi:

<< Accidenti, nell'urlare, ho perso la dentiera! >>
Ci mettemmo a cercare nel "paleo" e la ritrovammo.
Se la rimise in bocca ma, penso, fra il ritrovare la dentiera e l'aver preso la lepre, avrebbe scelto "l'orecchiona".
Domenica scorsa, si è aperta la caccia. Non la rimpiango. Infatti, adesso, non sparerei più alla lepre, ai fagiani e agli uccelli. Mi piacciono il bosco, i prati, i nostri monti e la solitudine, meglio se, interrotta ogni tanto, dal volo di un uccello, dallo "scoccodellare" di un fagiano, dallo "schizzo" improvviso di una lepre.

 

Giancarlo Torniai
 

 

 

 

 

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Piazza Scala - ottobre 2015