Piazza Scala

 

 

Dopo quattro anni, anche grazie alle cure che le mie figlie hanno dedicato a mio padre ammalato, (ha l'altzeimer), sono riuscito a compiere un lungo viaggio musicale e spirituale per ritrovare un mio equilibrio. Molti gli appuntamenti programmati. Due Ring, musica tibetana e un Requiem verdiano.

Il primo è avvenuto a Parigi, all'Opera Bastille, con la direzione di Philippe Jordan. Il secondo a Berlino. con Daniel Barenboim. Non voglio scrivere sulle regie e sulle coreografie, ognuno tra noi ha le sue opinioni. La mia è che nonostante qualche abuso di modernismo e qualche fantasia non apprezzata, non è necessario stupire il pubblico. Qualche banalità, qualche dejà vu.

Coloro che amano Wagner desiderano ascoltare le voci e la musica ed in entrambi i casi la soddisfazione è stata notevole.

Jordan è giovane, Barenboim ha trovato in Europa e non da pochi anni estimatori pronti a giurare che sia un grande concertatore e direttore d'orchestra. A Milano parecchie persone la pensano diversamente. Io credo che dipenda come per tutti, forse, dalle serate e dalle difficoltà che si incontrano. Anche poco prima che inizi una rappresentazione.  A Berlino è accaduto prima per la Walkure e dopo anche per il Gotterdammerung. In ogni caso la lettura di Barenboim è a tratti molto precisa, non mi sembra riesca a trarre dall'orchestra il meglio possibile, specie nelle parti  meno liriche, mentre concerta da fuoriclasse quando ha a disposizione interpreti che cantano bene se non benissimo.  Nella Walkure ad esempio eccezionali sono stati due momenti precisi: il duetto d'amore tra Sieglinde e Sigmund, interpretati da Peter Seiffert e Waltraud Meier, in forma strepitosa, e  l' ultimo saluto tra Wotan e Brunilde  che Pape ha reso con grande emozione di tutti, attraverso il suono orchestrale che Barenboim ha saputo far emergere.

Jordan ha ottenuto all'Opera Bastille un trionfo personale che ha coinvolto l'orchestra e tutti gli interpreti, anche se Siegfried si è dimostrato non essere all'altezza del ruolo. Egli ha dato molto risalto all'impasto sonoro, non privando in ogni frangente di sottolinearne la bellezza, con una punta di edonismo in ogni caso apprezzato.  Il migliore di tutti mi è parso Hagen, con la voce di Hans Peter Konig, ferma, tonante, corretta, bloccato su una sedia, nasconde la malvagità del personaggio e l'effetto che trasmette è di grande impatto. Brunilde era Linda Watson. La stessa interprete del ruolo nell'edizione viennese con Thielemann. Non è la Nilsson, ma la voce penetrante dal suo apparire, al finale del Gotterdammerung ha convinto anche grazie alla concertazione di Jordan sulle cui spalle si è sviluppato il Ring, ricevendo applausi da stadio, ovazioni e quindi il successo pieno.

In ogni caso il mio pensiero correva a Tate, ma soprattutto a Thielemann di cui esce in questi giorni la registrazione del suo Ring con i Wiener. Da me, ma non solo da chi scrive, considerato l'erede di Karajan, può oggi essere citatato come  uno tra i più importanti direttori wagneriani di sempre. Il pensiero corre all'ascolto dei concerti ai quali ho assistito: Bayreuth, Dresda, Venezia. Ciò che riesce a trarre dall'orchestra di Dresda, e da quella del Tempio wagneriano, non ha oggi eguali nel saper emozionare, cogliere lo spirito del compositore, far suonare corni e legni, strumenti a fiato e trombe soprattutto, timpani e arpe, con una semplicità disarmante, senza alcun gesto che non sia utile a raggiungere lo scopo di far emettere i suoni ideali di un romanticismo musicale, paragonabile a quello letterario che correva sull'asse Madame de Stael - Goethe; una vera conquista intellettuale. Questa edizione del Ring realizzata all’Opera di Vienna nel 2011 diretta da Christian Thielemann è considerata uno degli eventi wagneriani più importanti degli ultimi anni. E' un'interpretazione di riferimento.

Continuando il mio viaggio, mi piacerebbe poter parlare della musica Tibetana.

Siamo in un mondo spirituale diverso, ma non così distante.

Sono diversi gli strumenti, ma è certamente soggiogante l'ispirazione che regala nel monastero da me visitato e che grazie ad una guida esperta ed introdotta, mi ha donato con un ascolto ad personam una leggerezza ed una serenità che non avevo mai provato.

E'  musica che porta ed accompagna la meditazione così intensamente che solo dopo  pochi giorni sai distinguere ciò che è importante per te, dalla spazzatura di cui era intrisa l'anima di un occidentale coinvolto nel seguire e talvolta inseguire, la  vanità, il fatuo.

Certo è musica rituale e religiosa. Per il buddismo tibetano la musica e il canto sono elementi essenziali della religiosità e gli strumenti musicali, come oggetti magici carichi di valore simbolico, prendono voce durante le cerimonie monastiche accompagnando i momenti dedicati alla meditazione.

Dovrei a questo punto copiare dal sito Cultura Cinese non essendo un esperto in materia. Quindi mi fermo e rimando  chi ne è interessato, allo stesso per una lettura semplice. Indimenticabile però il suono che ho ascoltato di  campane, tamburi a doppia faccia e conchiglie, in un'atmosfera che fa quasi levitare il cuore.

Ultima tappa Tokyo. Un solo appuntamento con l'orchestra della NHK. Corretta l'esecuzione del Requiem di Verdi. Precisissimi gli orchestrali, buone le voci, lodevole l'impegno nell'imparare il latino. Non mi aspettavo nulla di particolarmente emozionante: il suono verdiano ce l'hai nel DNA, ma sono rimasto stupito dalla precisione negli attacchi, da un Mors stupebit eccellente e dal Libera me cantato con una vera intima passione e commozione.


Maurizio Dania - 22 luglio 2013

 

 

 

Segnala questa pagina ad un amico:



 

 

Piazza Scaka - luglio 2013ontact - FAQ - Terms & Conditions