Argomento
del giorno, dopo l'abbuffata di polemiche sull'abolizione o meno
dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che il governo poteva
risparmiarsi, ma ora che sembra destinata a un ragionevole compromesso con
il mantenimento del reintegro nei casi di licenziamenti discriminatori e
disciplinari, è ora diventata la proposta, che a quanto pare il governo sta
studiando attivamente, di mettere nella busta paga dei lavoratori dipendenti
la quota che ora è accantonata dal datore di lavoro, a nome del dipendente
stesso per un futuro "Trattamento di Fine Rapporto", quota che a seguito
delle riforme degli scorsi anni, il lavoratore può scegliere di lasciare
nell'azienda in cui lavora, versare in un Fondo Pensioni integrativo, girare
all'INPS eccetera e frutta interessi che variano a seconda della
destinazione.
Lo scopo del governo
sarebbe quello di aumentare l'importo delle buste paga a disposizione del
lavoratore di una quota significativa (intorno a una mensilità) in modo da
incentivare i consumi e, auspicabilmente, rimettere in moto la crescita,
similmente a quanto si sperava potesse fare il bonus degli 80 Euro.
A me non pare una
buona idea per diversi importanti motivi. Anzitutto, il TFR è un salario
differito che copre il lavoratore in caso di perdita del lavoro, di cambio
di lavoro e d'azienda e soprattutto al momento della pensione. E' un
risparmio indotto, forzato, una specie di ammortizzatore contro eventi
negativi che nella vita accadono anche frequentemente e per assicurare
un'integrazione a un reddito pensionistico che sarà sicuramente molto più
modesto rispetto all'ultimo salario. Un secondo motivo è quello che la
riforma priverebbe molte aziende medio/piccole di importante liquidità in un
periodo di penuria del credito bancario e ne priverebbe anche l'INPS. Un
terzo motivo è che gli stessi Fondi Pensione integrativi vedrebbero
prosciugarsi il flusso di fondi, mettendone a rischio la sopravvivenza.
E' vero che sono
pochi i paesi che adottano questa forma, ma in molti casi offrono
facilitazioni alternative, magari anche volontarie, ma incentivate
fiscalmente.
Un sistema
alternativo che a me sembra piuttosto valido - tenute peraltro in
considerazione le riserve più sopra esposte - è quello canadese del quale ho
avuto in passato qualche esperienza diretta e indiretta. Si chiama RRSP (Registered
Retirement Savings Plan) cioè Piano di Risparmio per il Pensionamento.
Il lavoratore riceve
tutto quanto gli spetta in busta paga ed ha la facoltà di investirne
annualmente una quota anche significativa in conti o depositi individuali,
presso banche, trust companies, assicurazioni, titoli obbligazionari e
azionari gestiti dalle predette organizzazioni, il tutto esentasse,
o meglio, temporaneamente esentasse, per un massimo, attualmente,
di Dollari Canadesi 24.270 (circa 18000 Euro)
all'anno complessivi fra lavoratore e datore di lavoro (nel caso in
cui quest'ultimo contribuisse
volontariamente o per contratto).
La somma che è via
via accumulata e che frutta interessi di mercato a seconda dell'investimento
scelto, è sempre sotto il controllo dell'investitore il quale può sempre
riscuoterla, pagando le normali imposte sul reddito con le aliquote normali
dell'anno del prelevamento.
Lo scopo del
meccanismo è quello di incentivare il risparmio per il futuro, soprattutto
per la vecchiaia, tassandolo,
ripeto, solo all'atto del
prelevamento con aliquote sicuramente
più basse, dato che è prevedibile che il reddito dopo la pensione sarà
più ridotto. E' da tener presente che le pensioni dello stato, in quel
paese, sono molto basse.
E' pertanto
essenziale, anche e soprattutto in un sistema a carattere volontario, il
trattamento fiscale agevolato.
Continuo a ritenere
che il sistema italiano attuale sia
preferibile anche se probabilmente molti giovani lavoratori
vedrebbero con favore un incremento della loro retribuzione basandosi sul
detto "meglio l'uovo oggi della gallina domani" anche perchè dubito molto
che un'immissione di liquidità
nelle famiglie si possa automaticamente tradurre in maggiori consumi
quotidiani del tipo che sarebbe necessario. Oltretutto, non mi sembra molto
educativo incentivare la gente a spendere oggi i soldi di domani.
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Piazza Scala - ottobre 2014