Si
parla in questi giorni di una proposta da parte del governo Renzi che
dovrebbe essere presentata verso la fine di giugno riguardante il cosiddetto
“Terzo Settore”, cioè la parte molto importante dell’economia e della
società rappresentata in primis dal volontariato, dalle associazioni “no
profit”, dall’assistenza privata e pubblica alla persona, dalla protezione
civile eccetera. Si tratta di un settore che negli ultimi decenni ha
conquistato nuovi grandi spazi, anche in supplenza di manchevolezze dello
stato e degli enti locali, spesso non in grado di garantire il “welfare” o
gli interventi in caso di calamità naturali o l’assistenza capillare alle
persone bisognose.
Mi pare di aver capito che il provvedimento ora allo studio preveda
l’istituzione di un Servizio Civile aperto a tutti i giovani d’ambo i sessi
fra i 18 e 25 anni, con criteri anche di formazione e avviamento al lavoro,
con una modesta remunerazione.
Il nuovo Servizio potrebbe assorbire e coordinare una buona parte delle
attività attuali, estremamente dispersive e non programmate, basate solo su
iniziative locali, con pochi mezzi.
Nel febbraio 2012, riallacciandomi a un intervento in merito all’abolizione
del servizio militare obbligatorio del professor Giacomo Vaciago, avanzai
sulle colonne di “Libertà” la proposta di sostituire detto servizio con un
obbligo simile in campo civile, esteso a tutti i giovani di entrambi i sessi
fra i 18 e i 25 anni, a rotazione, della durata di pochi mesi, con
esclusione soltanto dei “diversamente abili” o magari coinvolgendoli in
attività appropriate. Il Servizio Civile dovrebbe essere remunerato, sia
pure modestamente e avrebbe anche lo scopo di formazione ed avviamento al
lavoro.
Non mi pare una buona idea quella di rendere volontario il servizio perché
ciò limiterebbe grandemente il numero dei partecipanti e non raggiungerebbe
lo scopo, molto importante, di fornire a tutti i giovani una preziosa
esperienza lavorativa e sociale, utile nel prosieguo della loro vita, molto
più utile a loro di quanto fosse allora il servizio di leva. Tenuto conto di
quanto costava a suo tempo la leva militare di 12 mesi per i giovani maschi,
penso che l’aggravio economico per la collettività sarebbe sostenibile e
comunque servirebbe sensibilmente in numerosi campi, in sede nazionale o
locale, togliendo dalla strada migliaia di giovani non ancora occupati o
precari e offrendo loro una remunerazione di partenza e un’utile formazione
di base o almeno un’abitudine all’attività utile al paese e ai cittadini.
Del resto, già ora molti volontari ricevono una piccola remunerazione o un
rimborso spese. Anche quando c’era il servizio di leva una sorta di impegno
sociale era previsto per gli obiettori di coscienza assegnati agli enti
locali, alle ASL o agli enti assistenziali.
Il ritorno, per la comunità, sarebbe enorme e molti problemi potrebbero
essere risolti, molte emergenze affrontate, dal territorio all’assistenza
domiciliare, dall’appoggio alle case di riposo e di cura al pronto soccorso,
alle ambulanze, al mantenimento dei giardini e dei monumenti, agli uffici
dei comuni e ad un’infinità di altri servizi, non escluse le stesse forze
armate e di polizia locale.
Giacomo Morandi - Rivergaro
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