Piazza Scala

 

  da "Style", inserto mensile del Corriere della Sera del 27 aprile 2012 

 

Il sito "Piazza Scala" ha visto la luce nell'agosto del 2008 su iniziativa di una ventina di ex dipendenti di Istituti di Credito, quasi tutti di estrazione Comit.
Per questo motivo ospitiamo volentieri articoli che commemorano questa importantissima Banca, unico Istituto italiano a sedere nel "board" europeo alla pari con i colossi di allora.

Gino ci ha inviato un articolo che pubblichiamo con malcelato orgoglio, in quanto nell'inserto mensile "Style" del Corriere della Sera di oggi 27 aprile 2012 c'è un'intervista a Guido Rosa, presidente AIBE, Associazione delle Banche Estere in Italia. Farà piacere a tutti gli ex Comit (....e dispiacere ad alcuni banchieri che oggi vanno per la maggiore) leggere l'ultima risposta del Dott. Rosa."

 

«Perché gli stranieri scappano e le aziende non hanno credito»
 

«Scritta in cinese, la parola crisi è composta da due caratteri: uno rappresenta il pericolo, l’altro l’opportunità». Chissà se John Fitzgerald Kennedy oggi avrebbe fatto la stessa citazione. Da tre anni l’economia globale si dibatte tra turbolenze pericolose e poche opportunità di ripresa. Al punto che sono ormai in tanti a pensare che in questa fase siano i mercati, le agenzie di rating e i grandi investitori a dettare le strategie che caratterizzeranno il mondo industrializzato. Più una sconfitta per la politica o un’invasione di campo dell'economia? «Sono due facce della stessa medaglia» spiega Guido Rosa, presidente dell'Aibe, l’Associazione fra le banche estere in Italia, e, alle spalle, una forte esperienza nel settore. «L’Occidente ha dimostrato una grande difficoltà da parte della politica democratica di governare i fenomeni economici. Di fronte alla velocità del sistema finanziario c’è la lentezza del sistema politico. E nel vuoto di governance hanno preso il controllo i sistemi economici».

 

Un corto circuito che ha il suo epicentro in Europa, segno di un declino inarrestabile del Vecchio Continente? Non credo. Semmai di un difetto di crescita. L’Europa soffre un problema fondamentale: è costretta a governare realtà diverse e lo fa con una moneta unica ma senza unità politica. Però la missione non è impossibile; certo si tratta di un percorso lungo. La Bce non ha i poteri della Fed negli Usa ed è stata creata, su indicazione dei tedeschi, col compito di controllare l’inflazione dei Paesi membri. Malgrado ciò, ha messo tante pezze e tenuto in piedi il sistema.

 

In Italia la crisi ha fatto tremare le fondamenta del Paese e provocato la caduta del governo Berlusconi. E i tecnici hanno preso il posto dei politici. L’Italia negli ultimi due anni ha varato manovre cumulative per circa 60 miliardi di euro. Eppure lo spread è volato sopra i 500 punti. Evidentemente il problema è più strutturale: bisogna toccare i meccanismi che provocano la crescita della spesa pubblica. Un governo tecnico non potrà cambiare in pochi mesi un sistema vecchio mezzo secolo. Ma deve dare ai mercati segnali forti di discontinuità col passato.

 

Ad esempio? Quanti stranieri investono sull’Italia? Quasi nessuno. E questo non perché c’è Silvio Berlusconi o Mario Monti ma perché c’è un sistema che non funziona: fisco, giustizia e burocrazia vanno riformati. Magari non tutti insieme. Ma servono modifiche profonde.

 

Per far crescere un sistema economico, però, serve anche un mondo del credito pronto a scommettere e finanziare le aziende. Invece gli imprenditori che vanno in banca lamentano rubinetti chiusi e costi molto alti. Bisogna uscire da un equivoco di fondo: capire se in Italia le banche sono società di capitale che rispondono a regole di mercato, come in tutto il mondo, oppure se devono essere al servizio dell’economia pubblica.

 

A dicembre la Bce ha effettuato un’iniezione di liquidità a costi bassi alle banche. Capitali rimasti nella pancia degli istituti di credito e non usati in aiuto dell'economia reale. Per concedere finanziamenti bisogna stare dentro i rating fissati dall’Europa, le Pmi devono rientrare in certi parametri per averne diritto. È impensabile che il credito sostituisca il capitale. Invece le nostre Pmi continuano a essere inaccettabilmente sottocapitalizzate.

 

Però su questi temi si sono incrinati persino i rapporti tra banche e Governo. Le relazioni con il Governo rimangono aperte e costruttive, sicuramente critiche per quanto riguarda il decreto sulle commissioni bancarie, problema però che ora sembra essere rientrato.

 

Forse, però, si fa fatica anche a rintracciare banche di statura internazionale. È vero, a parte UniCredit non vantiamo istituti internazionali. Negli anni Settanta non era così: la Comit era stimata e apprezzata. Le fusioni ci hanno provincializzato. Ma credo che il discorso sia più ampio: negli ultimi 20 anni l’Italia ha perso le grandi scuole di management. Iri, Montedison, Comit, Bnl formavano la futura classe dirigente. Bisognerà colmare il vuoto. Perché quando si costruisce servono sempre fondamenta solide.

 

 

 

 

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Piazza Scala - aprile 2012