Abbiamo ricevuto dallo Studio Legale Lo Fiego di Milano un interessante commento al Decreto Legge nr. 65 del 21 maggio 2015; ecco il testo della mail pervenutaci dal professionista sopraindicato


Milano 19 giugno 2015
Egregi Pensionati Comit
Milano
La sentenza n. 70/15 della Corte Costituzionale e il conseguente D.L. 111 oggetto riguardano, ovviamente, la pensione dei dipendenti e dei dirigenti di banca.
Lo scrivente studio è stato già incaricato di promuovere le azioni per ottenere il pagamento integrale della perequazione automatica che il D.L. in oggetto blocca, anche, per le pensioni dei destinatari della presente.
L'azione legale è stata preceduta da uno studio/commento, che è stato inviato a tutti i parlamentari componenti la XI commissione della Camera, alla quale è stato affidato l'esame del decreto legge in sede referente, e che si
allega alla presente.
L'azione legale predetta, naturalmente, dovrà attendere l'esito dell'iter parlamentare della conversione in legge del D.L..
Cordiali saluti
Avvocato Vittorio Lo Fiego - Milano

 

Se desiderate contattare lo studio al fine di ottenere ulteriori informazioni e/o precisazioni potete farlo utilizzando il modulo da noi inserito in questa pagina.
In calce pubblichiamo inoltre alcuni paragrafi stralciati dal documento:
Piazza Scala

N.B.: per leggere/stampare il documento integrale (formato pdf) cliccate sulla sottostante icona

 

utilizza questo modulo per contattare lo studio Lo Fiego di Milano
compilalo e clicca su "invia"

 

L'ORDINAMENTO PREVIDENZIALE

 

Brevi nozioni generali

L’ordinamento previdenziale è il complesso delie norme giuridiche con le quali lo Stato, attraverso enti predisposti, dà attuazione agli artt. 36 e 38 della Costituzione.

L’ordinamento previdenziale, a sua volta, si suddivide in sistemi, tanti quanti sono le categorie dei lavoratori, per i quali si deve approntare la disciplina previdenziale (e anche assistenziale), ciascuna delle quali ha sue proprie regole, dovute alla peculiarità dell’attività lavorativa/professionale.

L’opinione, abbastanza diffusa, di creare un sistema unico per tutti non è stata mai condivisa dalla Corte Costituzionale (si omette la citazione delie sentenze per la notorietà delle medesime).

I sistemi previdenziali sono disciplinati da diverse regole assicurative, le principali delle quali sono, da una parte, quella mutualistica-assicurativa e, dall’altra, quella solidaristica.

La prima consiste, sostanzialmente, nella ripartizione del rischio tra gli assicurati, con l'accumulo dei contributi versati nel conto di ognuno di essi e con la restituzione della somma accantonata, attraverso la sua trasformazione in rendita (leggasi pensione).

In alcuni casi, era stato persino previsto (v. avvocati) che la somma accantonata potesse essere, addirittura, restituita, a semplice richiesta dell’iscritto.

La seconda prevede che non tutti i contributi versati vengano utilizzati per la sola pensione dell’iscritto, in quanto una parte degli stessi viene utilizzata per l’elargizione della pensione agli altri iscritti della categoria professionale.

La caratteristica di questo secondo sistema è che i contributi vengono annotati in un conto unico e globale e, alla fine, contribuiscono a formare il patrimonio dell’ente erogatore della pensione.

I contributi versati, di norma con cadenza annuale, vengono ripartiti tra tutti gli assicurati, utilizzandoli per il pagamento dei trattamenti pensionistici in essere.

Naturalmente, per evitare che, quando sarà il turno dell’iscritto, non ci siano le disponibilità finanziare per pagare le loro pensioni, sono previsti, per i singoli enti, accantonamenti obbligatori e intangibili, che costituiscono la c.d. riserva legale.

In aggiunta, per i liberi professionisti, è stata imposta la salvaguardia dell’equilibrio tecnico-finanziario, ora, per cinquantanni.

Naturalmente, queste tutele non sono imposte all’INPS per la semplice considerazione che, per le eventuali deficienze di cassa, deve intervenire lo Stato, nei modi e nei termini che di seguito verrà opportunamente precisato.

Lo Stato, com’è notorio, è intervenuto, con una legislazione davvero imponente, risalente, orientativamente, all’inizio del secolo scorso, che non è qui il caso di menzionare, a disciplinare l’ordinamento previdenziale, tenendo presenti le esigenze delle singole categorie da tutelare.

Si è sempre posto il problema dell’opportunità di rendere omogeneo, per le categorie degli iscritti, l’ordinamento previdenziale per così dire generale dell’INPS, al fine, anche, di consentire, nel bilancio dello Stato, una contabilizzazione unica per rendere evidente la quantificazione della spesa previdenziale, in modo da approntare, attraverso il generale pagamento dei tributi (art.53 della Costituzione), la provvista necessaria per il pagamento delle pensioni, in ottemperanza della norma immediatamente precettiva dell'articolo 38 della Costituzione. Questa aspirazione, della quale vi è continua traccia nelle varie leggi previdenziali, non ha avuto, sino a questo momento, concreta attuazione e, con tutta probabilità, difficilmente lo potrà avere perché le peculiarità dei singoli iscritti non possono consentire una uniformità, che finirebbe per ledere l’articolo 3 della Costituzione.

Naturalmente, l’intervento dello Stato nell’ordinamento previdenziale ha ubbidito, anche, a scelte politiche, finalizzate a conservare il consenso elettorale.

Per questo, gli interventi effettuati sono stati, con l’apporto professionale degli esperti in ma­teria finanziaria-previdenziale, oggetti di continua modifica.

I     due sistemi computistici che, nel tempo, si sono fronteggiati e tuttora sono oggetto di discussione, sono due: quello c.d. retributivo (reddituale per i lavoratori autonomi) e quello contributivo.

II    primo consiste nel calcolare la pensione in base ai redditi, originariamente degli ultimi tre anni, dell’iscritto, per la parte (33%, riforma Dini) necessaria per costituire la riserva matematica, che viene rivalutata anno per anno al fine di costituire il montante contributivo sul quale, per la parte pensionabile, liquidare la pensione.

Il secondo, invece, prevede che la liquidazione della pensione avviene in base ai contributi versati, che, sommati, determinano il montante contributivo, che viene trasformato in rendita con il c.d. coefficiente di trasformazione, determinato dagli organi istituzionali competenti.

In entrambi i casi, il calcolo della pensione soggiace a regole della matematica finanziaria, per la costituzione della prevista riserva, sulle quali non è il caso di soffermarsi.

Il principio dell’ordinamento previdenziale è che, in tanto si può avere il riconoscimento del­la pensione, in quanto si siano versati i contributi previsti.

Questa regola, però, per diverse esigenze equitative o per la particolare tutela di una specifica categoria di cittadini, viene derogata, per cui la pensione viene liquidata anche in assenza del pagamento dei contribuiti, che vengono accreditati solo figurativamente, al fine di incrementare l’anzianità contributiva (v., per tutti, provvidenza per i lavoratori esposti alle polveri di amianto), in modo che, con il conseguimento dell’età anagrafica, si possa anticipare la liquidazione del trattamento previdenziale.

La c.d. pensione sociale, poi, prescinde da ogni regola previdenziale, perché si tratta dell’elargizione di un sussidio a chi, non avendo potuto svolgere una attività lavorativa, non ha potuto versare contributi previdenziali.

In questo caso, la predetta elargizione è mera ottemperanza dell’articolo 38 della Costituzione, sovvenzionata con la c.d. fiscalità generale.

Occorre fare menzione, inoltre, di altre tre regole generali, derivanti dall’orientamento della Corte Costituzionale, di comune e diffusa conoscenza: la prima, secondo la quale la pensione, una volte liquidata, non può essere modificata in peius (c.d. diritto quesito), salvo che ricorrano eccezionali e documentate esigenze dell’equilibrio del bilancio dello Stato; la seconda, per la quale l’osservanza della precedente regola impone che sia evitata la diminuzione della pensione per la svalutazione della moneta o per l’andamento negativo della situazione economica del paese, perequandola automaticamente secondo gli indici elaborati, ogni anno, dall’ISTAT; la terza, in conseguenza della quale l’integrazione al minimo pensionistico, istituito con la L. 463/1983, determinato ogni anno, fatta eccezione per le pensioni liquidate con il sistema contributivo (arti, comma 16 L. 335/1995), ha una rilevanza costituzionale e, quindi, pur nell’ambito della discrezionalità della sua quantificazione, e sempreché il pensionato non percepisca redditi in grado di assicurare le normali esigenze della vita, non può essere negata all'avente diritto.
Per valutare la legittimità costituzionale dell’intervento sulle pensioni di cui al D.L. in questione, si dovrà, necessariamente, verificare se lo stesso non configga con i principi, sopra sommariamente indicati, che verranno, ovviamente, opportunamente e adeguatamente, esposti.
Quale ultima annotazione generale, si sottolinea che il predetto esame dovrà avere per ogget­to solo e pensioni erogate dall’INPS, anche per gli istituti previdenziali nello stesso confluiti, anche se il Governo ha voluto, inopportunamente, intervenire sulla determinazione del coef­ficiente di trasformazione del montante contributivo (art.5), che ha una valenza generale, in quanto si applica a tutti gli enti gestori della previdenza, che, per il calcolo della pensione, utilizzano il sistema contributivo.
.........
 

Vittorio e Matelda Lo Fiego



 

 

Segnala questa pagina ad un amico




 

Piazza Scala - giugno 2015